Giuseppe Terragni_Danteum
Giuseppe Terragni progettò il Danteum nel 1938. In occasione della mostra Terragni:Viaggio nell’architettura, al Centro italiano arte contemporanea di Foligno, a cura di Attilio Terragni e Italo Tomassoni, pubblichiamo la relazione completa.
La serie dei Fori Imperiali di Traiano, Augusto, Nerva e Vespasiano, ha direzione nord-ovest=sud-est. La via dell’Impero s‘inserisce nello spazio, così determinato dai due schieramenti, appoggiandosi maggiormente al secondo, e partecipando, quindi, di un orientamento N‐O=S-‐E simile. I ruderi che fiancheggiano via dell’Impero sono quindi disposti a inclinazione convergente sull’asse della via dell’Impero e sul fondale della stessa, che è il Colosseo. L’area prestabilita dall’Ufficio tecnico del Governatorato, e destinata alla costruzione del Danteum, è di forma irregolare; la linea di contorno segue l’andamento di un poligono
mistilineo. Primo compito nostro fu quello di studiare la possibilità di inserire una forma planimetrica
regolare in tale forma accidentata.
Scartata la forma rotonda per la modestia delle misure possibili in relazione anche alla immediatezza del confronto che ne sarebbe derivato dalla vicinanza del perfettissimo e imponente ellisse del Colosseo.
Occorreva rivolgere la nostra attenzione ad una forma rettangolare per giungere alla scelta di un rettangolo particolare che improntasse, per il felice rapporto delle sue dimensioni, l’intera costruzione del Monumento di quel valore di assoluta bellezza geometrica che è prerogativa delle architetture esemplari delle grandi epoche storiche. Intanto non poteva sfuggire alla nostra preoccupazione di progettisti l’aggravarsi del problema di innestare fin dalle origini degli schemi geometrici della Costruzione Monumentale il significato, il mito, il simbolo inteso come una sintesi spirituale e, nel caso dell’Opera Dantesca, evidentemente numerica.
La Costruzione (che poteva far molto dubitare sull’equilibrio e sulla spontaneità dei risultati) fra l’espressione plastico-architettonica e l’astrazione del simbolismo del Tema era solo possibile alle origini di due fatti spirituali tanto divergenti. Monumento Architettonico e Opera Letteraria possono aderire in un unico schema, senza perdere in quest’unione nessuna delle loro prerogative, qualora ciascuno dei due fatti spirituali abbia una costruzione e una legge armonica che possano confrontarsi e leggersi in relazione geometrica o matematica di parallelismo o subordinazione. Nel nostro caso l’espressione architettonica poteva aderire all’Opera Letteraria solo
attraverso un esame della mirabile struttura del Divino poema, fedelissima a un criterio di ripartizione e d’interpretazione di alcuni numeri simbolici 1,3,7,10, e loro combinazioni che per ulteriore selezione possono sintetizzarsi nell’1 e nel 3 (unità e trinità).
Ora vi è un solo rettangolo che esprime con chiarezza la legge armonica dell’uno e della trinità ed è il Rettangolo storicamente definito Aureo. Il rettangolo cioè che ha i lati in rapporto aureo (il lato minore è il segmento medio proporzionale tra il lato maggiore e il segmento risultante dalla differenza dei due lati). Uno è il rettangolo, Tre sono i segmenti che determinano il rapporto aureo. Per di più tale rettangolo ha la proprietà che può essere scomposto in un quadrato di lato uguale al lato minore e un rettangolo, pure aureo, di lati uguali, rispettivamente al lato minore e alla differenza dei lati del rettangolo primitivo. A sua volta tale rettangolo aureo si può scomporre in un quadrato e in un rettangolo aureo, e così via. Può, quindi, manifestarsi, attraverso queste possibili scomposizioni, secondo la stessa legge armonica, il concetto dell’”infinito” perché infatti infinite sono teoricamente tali scomposizioni.
Il rettangolo aureo, poi, è una delle forme planimetriche adottate con frequenza anche nell’antichità; Assiri, Egizi, Greci e Romani, hanno lasciato tipici esempi di templi a pianta rettangolare, in cui entra tale rapporto aureo, composto il più delle volte con rapporti numerici. L’esempio più evidente l’abbiamo proprio sulla Via dell’Impero nella Basilica di Massenzio, la cui pianta coincide con un rettangolo aureo. La pianta così fissata per il Danteum viene ad essere il rettangolo simile a quello della pianta della Basilica e di dimensioni direttamente derivate da quelle dell’insigne costruzione romana –( il lato maggiore del Danteum è uguale a quello minore della Basilica, mentre il lato minore è conseguentemente uguale alla differenza dei due lati della Basilica). Stabilita in tal modo forma, dimensione e orientazione della pianta dell’Edificio, occorre determinare le grandi campiture in modo che sia rispettata la legge armonica imposta dal rettangolo aureo. Particolarmente importante nella composizione degli elementi fondamentali della Fabbrica, assume anche la legge e il rapporto stabilito dai numeri 1 e 3, -‐1,3,7 – 1,3,7,10, legge numerica che si riallaccia direttamente alla costruzione filosofica della Divina Commedia‐ far coincidere o sovrapporre queste due leggi, una geometrica, l’altra numerica, vale a raggiungere equilibrio e logica nella scelta di misure, spazi, di altezze, di spessori, al fine di stabilire un fatto plastico di valore assoluto, vincolato spiritualmente ai criteri della composizione Dantesca. Vale ad ottenere anche un pregio più alto evitando in pari tempo il pericolo immanente di cadere nel retorico, nel simbolico, nel convenzionale. L’Inferno dantesco se fosse rappresentato plasticamente da una serie di anelli degradanti a forma d’imbuto, fino al vertice di Lucifero, con gli intervalli di salti, ponti, fiumi etc., mirabilmente descritti dal Divino Poeta, quasi certamente non darebbe alcuna commozione perché la presentazione è troppo vicina alla descrizione e occorre pertanto che il “fatto plastico” stia a se come espressione di una bellezza geometrica assoluta.
Il riferimento spirituale e la dipendenza diretta della prima Cantica del poema dantesco, è introdotta
da alcuni segni inconfondibili, da un’atmosfera che suggestiona il visitatore, e sembra gravare, anche fisicamente, sulla sua mortale persona, e lo commuova, così come, il “viaggio” commosse Dante nella contemplazione della sventura delle pene dei peccatori, che nel triste pellegrinaggio egli andava via via incontrando.
Tale stato d’animo è già difficile a descriversi con l’ausilio della parola e dell’immagine poetica, con mezzi plastici, con proporzioni di volumi e di architetture – poi la difficoltà si ingigantisce con il pericolo di ottenere risultati lontani e indifferenti dal “dramma” tutto interiore che si vorrebbe suscitare. E allora abbiamo riesaminato il problema con l’animo liberato dalle preoccupazioni di seguire pedissequamente il Testo del magnifico Racconto ponendoci invece il problema, più vicino alla nostra sensibilità e alla nostra preparazione di architetti: quello di immaginare e tradurre in pietra un organismo architettonico che attraverso le equilibrate proporzioni dei suoi muri, delle sue sale, delle sue rampe, delle sue scale, dei suoi soffitti, del gioco mutevole della luce e del sole, che penetri
dall’alto, possa dare a chi percorra gli spazi interni, la sensazione d’isolamento contemplativo di astrazione dal mondo esterno permeato di troppa vivacità rumorosa e di ansia febbrile di movimento e di traffico.
Tre spazi rettangolari dichiarano in modo netto la partitura rettangolare già presa in considerazione e che sappiamo derivare dal rettangolo aureo della Basilica di Massenzio. Rimane un quarto spazio delimitato dalle mura di contorno dell’Edificio, che per essere escluso dallo schema a 3, fondamentale nella costruzione filosofica del Poema, è pure escluso dall’organismo architettonico e determina quindi una “corte chiusa”, paragonabile in ciò all’”ortus concluso” della tipica casa latina – o all’atrio all’aperto sul cielo della casa etrusca.
La simbologia potrà aggiungere un significato a questo spazio “volutamente sprecato”, nella superiore economia di un organismo architettonico, e si potrà parlare di un riferimento alla vita di Dante fino al trentacinquesimo anno di età, trascorsa in errore e in peccato e quindi “perduta”, per il bilancio morale e filosofico dell’esistenza del Poeta, presa ad esempio del ravvedimento e della salvazione dell’umanità corrotta e peccatrice: l’importante è che il significato e il simbolo non siano determinanti al punto di sovrapporsi all’effettiva necessità plastica e alla compiuta armonia che tale “vuoto” rappresenta nell’equilibrio delle restanti masse architettoniche.
Così si dirà di tutte le “coincidenze” che troveremo nell’esame dell’edificio e che hanno un valore di analogia o di riferimento, solo a condizione che abbiano già superato e risolti i problemi di equilibrio volumetrico e di armonia architettonica. Ecco infatti la “selva” delle cento colonne marmoree che in un quadrato di 20 metri di lato,
sopportano ciascuna un elemento del pavimento della sala situata a 8 metri dal piano della corte. Questo motivo architettonico, di grande effetto plastico, è anzitutto il portico d’ingresso alle sale del Danteum; l’immagine della Selva dantesca può essere suggerita dalla contiguità dello spazio aperto della corte (la vita di Dante pre viaggio ultraterreno), e dalla necessità per il visitatore di attraversarla per iniziare il percorso delle sale dedicate alle tre cantiche della Commedia. L’ingresso poi dell’edificio, situato d’infilata alla facciata trasversale e alle alte pareti, pure in marmo, e reso ancora più discreto da un lungo muro schierato parallelamente alla fronte, può anche
corrispondere alla giustificazione dantesca “ non so bene perché v’entrai”, ma stabilisce in modo certo il carattere del pellegrinaggio che i visitatori dovranno fare disponendosi processualmente in fila guidati soltanto dalla luce solare intensa che riverbererà sullo spazio quadrato della corte. Dal rettangolo aureo, che coincide con la pianta dell’edificio, sono messe in evidenza le linee fondamentali, quindi il quadrato costruito sul lato minore, che ne è la caratteristica più spiccata, è chiaramente riconoscibile (nella pianta a quota + 160), e risulta formato dall’accostamento delle sale studiate al piano terreno. La stessa costruzione, eseguita sul lato minore opposto, da la misura del muro frontale, spostato in avanti rispetto al quadrato precedentemente costruito, al fine di ricavare da questo scorrimento quel passaggio d’ingresso di metri 1,60; così la misura della lunga scalea (di 7 ripiani) di discesa, eseguita sul rettangolo, pure aureo, risultante dalla differenza del rettangolo di pianta col quadrato del
corpo di fabbrica al piano terreno. Ne consegue che le rispondenze matematiche e geometriche si possono rintracciare in tutte le più importanti divisioni degli ambienti dell’edificio, derivando lo studio di pianta dalla scomposizione del rettangolo aureo.
Allo schema distributivo planimetrico a croce, che determina la partizione in uno (corte aperta) e tre (grandi sale a carattere templare destinata alla rappresentazione delle tre Cantiche Inferno-Purgatorio‐Paradiso) si sovrappone uno schema altimetrico a 3 (le tre sale sono situate a tre livelli rispettivamente di m. 2,70, m. 3,40 e m. 8,10, misure multiple di tre). Questi due schemi fondamentali sono entrambi intersecati da un terzo schema formato dalla “spina longitudinale”, che è a sua volta costituita da tre muri (alternativamente pieni e traforati),
racchiudenti nella parte alta la Sala dedicata alla concezione imperiale di Dante. Questa sala di fondamentale importanza spirituale, viene in tal modo a rappresentare il nocciolo dell’organismo costruttivo, risultando dalla somma degli spazi tolti in misura progressiva alle sale dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso. Si potrebbe quindi interpretare quale la navata centrale del tempio, che sovrasta le minori e a queste da luce.
[Giuseppe Terragni]