Marco Ragonese_Rifiuti urbani. Solidi e umani
Fotografia tratta da http://partiallyfree.wordpress.com
Le immagini degli accampamenti autocostruiti di Lampedusa e delle recinzioni attorno alle tendopoli istituzionali in Puglia, i video delle colonne di autocompattatori in attesa di scaricare i propri rifiuti nelle discariche campane, hanno svelato una realtà non ancora lampante: il nostro paese non è in grado di affrontare in maniera sistemica la smisurata e logaritmica crescita di rifiuti.
Non soltanto solidi urbani ma anche umani. Il flusso migratorio costante e la frenetica produzione di scarti della società dei consumi stanno ponendo questioni – pervicacemente ignorate – a cui sembra difficile rispondere, se non in maniera rapsodica.
Le città diventano campi di battaglia tra istituzioni e popolazione che, al grido di “non nel mio giardino!”, cerca di contrastare la costruzione di nuove discariche. Siano esse finalizzate al conferimento di immondizia prodotta dalle città (centri di raccolta e differenziazione) o di persone, “esuberi” (1), provenienti da altre nazioni extracomunitarie (CIE, CDA, CARA) (2).
Urbanisticamente le aree destinate a queste funzioni definiscono dei veri e propri vuoti che erodono territorio e generano una crescente sensazione di insicurezza, soprattutto se in prossimità dei centri abitati. Aumentano i timori per la salute pubblica messa in pericolo dai miasmi provenienti dalle vasche di percolato, mentre i media e la politica alimentano la percezione d’insicurezza confortati dalle fughe degli “ospiti” stranieri. E’ sintomatico che lo Stato ricorra all’esercito sia per la risoluzione dei problemi di ordine pubblico che per la pulizia delle strade invase dai sacchetti di plastica, avallando, di fatto, un’analogia tra le emergenze. E spostando il problema in termini spaziali e temporali senza darne una risoluzione.
Ma non sono solo gli effetti diretti a coinvolgere il territorio e la città, ma anche quelli “indotti”. Il passaggio degli autocompattatori muta il valore fondiario delle zone attraversate, ridisegnando una nuova geografia della disuguaglianza basata sulla possibilità economica di lasciare le abitazioni limitrofe alle discariche. In alcune regioni turistiche, i villaggi vacanza - in cui i clienti pagano per vivere un’auto-reclusione che limiti i rapporti con l’esterno - devono condividere località con i centri di accoglienza per immigrati in cui, invece, gli occupanti fanno di tutto per fuggire (3). Questa convivenza (4) sta causando un calo nelle prenotazioni e uno spostamento dei flussi turistici verso altre destinazioni. E se per risollevare le sorti della stagione turistica imminente si producono campagne promozionali per convincere i vacanzieri spaventati e riluttanti, per la gestione ordinaria non esistono politiche territoriali chiare e, soprattutto, condivise tra i vari attori agenti.
E’ innegabile che questi spazi costituiscano i “buchi neri” di una pianificazione che, non potendone prevedere gli sviluppi, si trova a lavorare in un costante stato di emergenzialità (sociale, sanitaria, urbana) in cui imperano le deroghe a qualsiasi vincolo e linea guida. L’urbanistica deve affrontare categorie nuove, isole temporanee nel colorato oceano dello zoning, che stanno mettendo in una condizione di forte stress il territorio, generando conflitti tra la popolazione e le amministrazioni pubbliche e rendendo difficile la convivenza tra cittadini e immigrati.
Probabilmente è necessario mettere a punto un nuovo modo di pensare la gestione del territorio, attraverso strumenti pianificatori più flessibili e capaci di assorbire le numerose variabili che la contemporaneità propone. Piani urbanistici che, attraverso un’interazione e un coinvolgimento reale dei vari attori, possano essere attuati con una tempistica in linea alla velocità degli eventi, liberati dall’elefantiaca macchina burocratica che attualmente ne impedisce qualsiasi efficacia. Progetti reattivi ai mutamenti e alle trasformazioni Per disinnescare le continue emergenze e la strumentalizzazione della paura così di moda di questi tempi.
[Marco Ragonese]
(1)Vedi la definizione in Zygmunt Bauman, Vite di scarto, Laterza, 2005
(2)In Italia ci sono 13 CIE (centro identificazione ed espulsione) già CPT centro di permanenza temporanea; 6 CDA (centri di accoglienza); 5 CARA (centri di accoglienza richiedenti asilo)
(3)Questo tra lusso vacanziero e immigrazione ha avuto un curioso parallelo quando alcuni clandestini hanno attraversato il Mediterraneo su barche a vela o yacht per non destare sospetti.
(4)Basti pensare a Capo Rizzuto in Calabria o Lampedusa in Sicilia.