Emanuele Piccardo_Il caso Castello di Rivoli
Le recenti nomine ai vertici del Castello di Rivoli impongono una riflessione sulle modalità con le quali la politica compie le scelte. Il presidente dell’istituzione piemontese Giovanni Minoli, bravo autore televisivo innovatore, ma poco esperto delle dinamiche dell’arte, ha avuto il compito di nominare il nuovo direttore del museo d’arte contemporanea più importante del Paese.
In questo ruolo ha agito in maniera goffa, assecondando le richieste pressanti dell’assessore alla cultura della Regione Piemonte Oliva che voleva piazzare a tutti i costi l’ex pupillo della scuderia Politi(direttore della potente rivista FlashArt)e direttore di Artissima Andrea Bellini. Dopo un’articolo apparso domenica scorsa sul Sole 24 Ore a firma Angela Vettese nel quale si comunicava la nomina di due direttori, il suddetto Bellini e Jens Hoffman (direttore del Wattis Institute di San Francisco), il lunedì successivo la prima pagina della cultura di Repubblica apriva sulle dimissioni di Hoffmann.
Il giovane ma già affermato curatore Hoffmann si è dimesso per mancanza di rispetto nei suoi confronti così ha dichiarato a Repubblica, in quanto la smania del Museo di Rivoli di far uscire la notizia, per evidenziare il presunto buon lavoro fatto, ha spiazzato il curatore nei confronti del museo americano che dirige. La webzine dell’arte Exibart ha contattato Minoli per una breve intervista in cui ha definito Hofmann “un bandito di terza categoria” sostenendo che le dimissioni siano state il grimaldello per ottenere dal Wattis Institute il rinnovo del contratto a condizioni più favorevoli.
Alla fine della soap degna dell’inventore di “Un posto al sole” e di Rai Educational, il CdA del museo ha confermato Bellini in coabitazione con la figlia del grande artista torinese Mario Merz, Beatrice, nota solo in ambito locale e del cui progetto culturale alla Fondazione Merz non si hanno tracce.
Si pone l’ennesimo problema italiano nell’incapacità di attuare politiche culturali innovative che valorizzino chi, tra i curatori/direttori/critici, ha progetti culturali attendibili. Invece diviene centrale l’affermazione del singolo che consente una gestione del potere non per il bene comune ma per il tornaconto personale; in questo senso la politica di sinistra dovrebbe diversificare la propria azione di governo. Per queste ragioni Archphoto aderisce alla lettera inviata dalla curatrice indipendente Cecilia Guida con l’intento di raccogliere firme contro quello che potremo definire un pasticcio italiano
Emanuele Piccardo
Caro/a,
la maniera con cui è stata gestita la selezione per la nuova direzione del Castello di Rivoli lascia tutti amareggiati e indignati. In queste ore numerosissime sono le critiche su forum, portali d’arte, facebook, via sms, telefono, ecc. In modo che la nostra opinione e il nostro disappunto non si disperdano, uniamo le forze e facciamoci sentire!
Qui sotto trovi una lettera aperta sull’intera vicenda. Ti chiedo di leggerla e, se lo ritieni oppurtuno, dare il consenso per la firma a questo indirizzo e-mail. Inoltre, se ti vengono in mente nominativi che possono essere d’accordo sul suo contenuto, ti sarò grata di inviarmi i loro contatti. Il sito undo.net ha deciso di appoggiare quest’iniziativa pubblicando la lettera il 27 dicembre. Ma prima di questa data, ovvero in questi giorni di feste, dobbiamo essere veloci e soprattutto tanti a firmarla.
Un caro saluto,
Cecilia Guida
La conclusione della vicenda per la nuova direzione del Castello di Rivoli lascia tutti gli addetti ai lavori dell’arte contemporanea, oltre che stupiti, amareggiati e delusi. Anche indipendentemente da un giudizio di merito su qualità professionale, curriculum e progetti proposti dai due nuovi condirettori, il metodo seguito per la nomina ha purtroppo confermato le preoccupazioni da più parti emerse in precedenza.
1) la ripetuta, pubblica pressione esercitata dall’assessore alla cultura Oliva ha pesantemente condizionato tutto l’andamento della procedura di nomina;
2) la nomina di Giovanni Minoli a Presidente del Consiglio di Amministrazione è stata evidentemente ispirata non da criteri di professionalità e conoscenza del settore, ma per garantire con un nome di grande impatto mediatico le decisioni del Consiglio stesso;
3) le procedure di selezione dei candidati e di valutazione dei loro progetti non sono state ispirate a trasparenza e, soprattutto, la decisione finale è stata presa da una sola persona (Minoli stesso) che ha candidamente ammesso, fra l’altro, di essere stato a Rivoli l’ultima volta nel 1985 e di non parlare l’inglese (ciò che evidentemente non rende possibile un’analisi approfondita ed oggettiva dei progetti presentati da candidati non italiani);
4) la gestione della comunicazione seguita alla nomina della coppia Bellini-Hoffmann e soprattutto le pesanti, gratuite e non smentite dichiarazioni di Minoli secondo le quali Hoffmann, con la sua rinuncia, si sarebbe comportato come “un bandito” o come “un calciatore di terza categoria” gettano un’ombra sulla statura morale e sull’adeguatezza umana e gestionale dell’attuale Presidente del Consiglio di Amministrazione del Castello di Rivoli.
Visto tutto ciò i sottoscritti ritengono che, per dimostrare dignità e correttezza, l’unica cosa che Giovanni Minoli potrebbe a questo punto fare è di rassegnare le dimissioni da Presidente del Consiglio di Amministrazione del Museo di Arte Contemporanea Castello di Rivoli.
Parimenti i due nuovi direttori Beatrice Merz e Andrea Bellini, per sgomberare il campo da ogni sospetto di nomina pilotata e non ispirata a valutazione di merito, dovrebbero anch’essi rassegnare le dimissioni cosicché un nuovo Consiglio di Amministrazione possa finalmente procedere alla nomina di una giuria internazionale e ad un reale concorso per la nuova nomina del Direttore, finalmente con criteri di trasparenza e di meritocrazia.
Solo in tal caso le sgradevoli e imbarazzanti vicende delle ultime settimane potranno dar luogo ad una vera opportunità e potranno essere di esempio per le procedure di nomina anche nel resto del Paese.