Emanuele Piccardo_Le mani sulle città
Secondo appuntamento con il tema “Architettura e Potere”, la riflessione tematica aperta da Archphoto e che vedrà la partecipazione di intellettuali, architetti, sociologi urbani e progettisti ad esprimere un pensiero critico nell’intreccio affari-politica-architettura. Questo articolo è stato scritto per il quotidiano Liberazione nell’edizione del 20/12/2008
“L’architetto degli appalti fiorentini” così ha titolato Il Sole 24 ore l’articolo sull’arresto dell’architetto Marco Casamonti
nell’ambito di un’indagine condotta dalla Procura di Firenze per turbativa d’asta, un’azione modesta se rapportata all’altra indagine in cui è indagato per corruzione nell’affaire Castello-Fondiaria-Comune di Firenze. L’accusa è aver pilotato la gara di
appalto nel comune di Terranuova Bracciolini, in provincia di Arezzo, accordandosi con due progettisti e poi spartendosi con loro l’importo ridicolo di novantottomila euro. Se, come dice una battuta certo qualunquista ma forse non distantissima dalla realtà,un imprenditore per essere tale deve almeno una volta finire in galera o quantomeno essere condannato, per un architetto il discorso è diverso. Un architetto potente come Casamonti portato prima al carcere di Sollicciano e poi ai domiciliari fa scalpore.
Ma ormai è prassi consolidata tra i progettisti formare cordate con gli imprenditori per assaltare e conquistare porzioni di territorio sempre maggiori, senza un progetto politico che sappia orientare e condizionare le scelte immobiliari.
Impossibili altre vie in Italia per far lavorare gli architetti? Certo che no, basterebbe pensare ai concorsi scrivendo nuove regole più trasparenti, ad esempio una semplicissima: la discussione pubblica della giuria alla presenza dei concorrenti, proprio per evitare gli accordi sottobanco e disincentivare le cordate. Il fatto è che a nessuno degli immobiliaristi italiani, da Caltagirone a Zunino, da Ligresti agli ex furbetti del quartierino (Coppola e Ricucci), né tanto meno ai politici, interessa l’architettura residenziale. Anzi, usano gli architetti, il cui difetto è vendersi al miglior offerente per mascherare operazioni speculative: è così che un disegno accattivante e trendy copre mere speculazioni edilizie, prive di ogni senso e logica urbanistica. In risposta,
ecco la compiacenza di uffici tecnici comunali e di politici smaniosi di lasciare un segno nei territori di appartenenza: Roma, Milano, Firenze, Torino solo per citare alcuni esempi.
L’altra questione aperta riguarda il mercato delle opportunità, che dovrebbe consentire l’esercizio della professione di architetto in un paese che ha un bisogno primario di progetti sostenibili economicamente e capaci di risolvere le diverse esigenze dell’abitare
e del vivere contemporaneo. Sul caso Casamonti chi ha responsabilità nel denunciare le connivenze affari-politica-architetti dal punto di vista deontologico non ha preso posizione, non è un caso che finora il presidente del Consiglio nazionale degli architetti sia rimasto silente. Ma Casamonti rappresenta la punta di iceberg di un comportamento esteso.
Architetto e plenipotenziario fondatore e direttore di un piccolo impero editoriale, prima appartenente alla Federico Motta Editore, oggi parte del Gruppo Il Sole 24 ore, con le riviste “Area”, “Materia” e “D’Architettura”, e i portali web Archinfo e Floornature,
rappresenta il malessere e la crisi che l’architettura italiana attraversa dalla metà degli anni novanta. Laureatosi alla Facoltà di Architettura di Firenze, fin dall’inizio si fa notare più come brillante e spigliato imprenditore di se stesso che come architetto. Inizia così una folgorante carriera, tra dottorato, concorso da associato e infine il posto ambito da tutti, ordinario di Progettazione architettonica alla facoltà di Architettura di Genova. Nel frattempo le cronache lo vedono impegnato in concorsi di architettura e nell’organizzazione di convegni con i più potenti accademici italiani: Paolo Portoghesi, Pierluigi Spadolini, Franco Purini, Gabetti e Isola, Pierluigi Nicolin, Vittorio Magnago Lampugnani, Vittorio Savi (indagato per corruzione sull’area Castello di Firenze). Anche il suo potere aumenta: è qui che diventa direttore della rivista “Area”. Successivamente con la fondazione dell’Agenzia italiana d’architettura (Aid’a) compie il suo capolavoro. Aid’a è un’associazione culturale che ha lo scopo di divulgare l’architettura attraverso mostre e convegni a tema, ma diventa da subito uno straordinario e potentissimo apparato per fare lobby
e innescare un processo di occupazione “militare” della cultura architettonica. Con le sue riviste, Casamonti orienta il mercato dell’architettura, come fanno quasi tutti i direttori delle riviste d’architettura italiane. Non è un caso che “Domus”, “Abitare”, “L’Arca”, la stessa “Area”, appunto, abbiano dei progettisti e non dei critici d’architettura come direttori. Ma continuiamo con la storia emblematica di Casamonti. L’essere direttore di una rivista, così come la carica di presidente dell’Ordine professionale
di architetti e ingegneri, determina un aumento vistoso degli incarichi progettuali. Nel 2001 vince il concorso da ordinario in Composizione architettonica e urbana presso l’Università di Palermo e viene chiamato nel 2004
dalla facoltà di Genova; nella commissione, tra gli altri, figura quel Franz Prati direttore del dipartimento di Progettazione
architettonica e tecnologia dell’architettura della facoltà genovese, con il quale farà coppia nell’orientare le politiche della facoltà genovese con il benestare di molti docenti inclusa la preside Benedetta Spadolini. Proprio la preside ha rilasciato a Il Secolo
XIX una dichiarazione sconcertante: «E’ la prima volta che mi arrestano un professore». La stessa preside a nostro parere non ha avuto un comportamento proprio encomiabile: non ha informato né i docenti né gli studenti delle indagini a carico di Casamonti,
non ha fatto pressione per una sua auto-sospensione (che avviene in automatico invece quando c’è un procedimento giudiziario). La facoltà di Architettura di Genova in mano al duo Prati-Casamonti ha subito in questi anni un degrado culturale e
ha incentivato una modalità affaristico-clientelare estesa oltrepassando i confini accademici per insediarsi nei progetti di trasformazione urbana genovese e ligure. D’altronde la relazione affari-politica-architettura è sempre esistita. In questi giorni i media danno risalto ad arresti per corruzione in cui i soggetti coinvolti sono politici, imprenditori e architetti.
Proprio oggi, la questione etica non va sottovalutata: l’architettura, in cui viviamo quotidianamente, non può essere rappresentata da corruttori e corrotti, perché la sua missione intrinseca è migliorare le nostre condizioni di vita.