M. Preve, F. Sansa_La carica degli architetti/1

Fuksas

Archphoto propone ai suoi lettori una riflessione sul rapporto tra architettura e potere, gli intrecci tra affari-politica e architetti; alla luce delle vicende giudiziarie fiorentine che vedono indagato per corruzione nel caso Ligresti-Castello_Comune di Firenze e agli arresti domiciliari per turbativa d’asta, l’architetto Marco Casamonti. La prima riflessione parte dal libro scritto dai giornalisti Marco Preve e Ferruccio Sansa “Il partito del cemento”, edito da Chiarelettere con prefazione di Marco Travaglio. L’oggetto del libro è il rapporto, appunto, tra architettura e potere in Liguria. Pubblichiamo l’estratto su “La carica degli architetti” che, per esigenze di spazio avverrà in due puntate, ringraziamo gli autori per la disponibilità.

La carica degli architetti
Un’aggressione iniziata negli anni Cinquanta «Noi difensori del paesaggio non abbiamo certamente l’autorità per giudicare le opere in senso assoluto; ma possiamo osservare come tali opere, anche quando si tratti di pregevoli saggi di architettura contemporanea (assai rari per la verità), fanno a pugni col paesaggio.» Mario Fazio, giornalista, scrittore e presidente di Italia Nostra, scriveva queste parole in un articolo sulla rivista del Touring Club nell’anno 1959. Bene, non sappiamo se, quasi cinquant’anni dopo, Mario
Fazio sarebbe stato tacciato di «paladino della storia immobile». Così infatti, l’assessore alla Cultura del Comune di Savona, Ferdinando Molteni, ha bollato alcuni oppositori ai nuovi grattacieli in costruzione a ridosso del vecchio bacino portuale.
Quel che è certo, invece, è come le stesse tematiche di allora si stiano riproponendo oggi. Cinquant’anni fa nel Levante andava in scena la rapallizzazione, mentre il Ponente rispondeva da par suo con la Speculazione edilizia raccontata da Italo Calvino, oppure con quella narrata da Nico Orengo ne La curva del latte. Insomma, vorrà pur dire qualcosa se nella storia della cementificazione d’Italia la Liguria può vantare alcuni capitoli fondamentali. Tornando all’articolo di Fazio, un altro spunto utile:
«Il fenomeno [della cementificazione] ha due cause principali. Una di ordine economico: la speculazione sulle aree conseguenteall’espansione del turismo di massa. L’altra di ordine morale assai più complesso: mancano talvolta nelle autorità locali, provinciali e regionali la sensibilità e la preparazione, e mancano, soprattutto, i mezzi – non legali ma pratici – per fronteggiare l’attività dei costruttori, per armonizzarla con le caratteristiche fondamentali del paesaggio e dell’architettura regionale». Come dire, agli albori dei lontani anni Sessanta un sindaco, pur intuendo che si stava consumando uno scempio ambientale, non aveva la forza politica e normativa per opporsi alle orde dei geometri armati di impastatrici. Ma oggi le leggi ci sono eccome, a cominciare dal Piano paesistico.

Anzi, fu proprio la Liguria una delle prime Regioni in Italia a dotarsene. E poi, in questo lungo arco temporale la sensibilità della pubblica opinione rispetto ai temi del territorio e dell’ambiente è sicuramente andata crescendo. Fazio era di Alassio, il Fai (Fondo per l’ambiente italiano) di Giulia Maria Mozzoni Crespi ha iniziato la sua attività con la donazione dell’abbazia di San Fruttuoso, le Cinque Terre sono considerate esempio di salvaguardia ambientale. Ciononostante, l’aggressione iniziata negli anni Cinquanta
e interrottasi solo per brevi periodi, con il nuovo secolo è tornata a scatenarsi. Soltanto che i vecchi e ruspanti geometri non
andavano più bene. Erano impresentabili in società. Bisognava adeguarsi ai tempi, essere glamour.
E oggi cosa c’è di più chic di un architetto? In Liguria lo sanno bene. Renzo Piano, l’architetto più celebre d’Italia e uno dei primi cinque al mondo, è di Genova. Ma Piano è un tipo scontroso, costa molto, e sul residenziale ha idee ben precise. Meglio guardare altrove.

Ricardo Bofill
I primi a muoversi, aprendo il cosiddetto «fronte spagnolo», sono stati i savonesi. Alla matita di Ricardo Bofill, architetto di Barcellona, alla fine degli anni Novanta viene affidato l’in-carico di ridisegnare le aree più pregiate della città, quelle affacciate sul porto storico oggi dedicato alla nautica da diporto, occupate dalle acciaierie e da un orribile autosilos di cemento. L’operazione politico-finanziaria che porta al fallimento della fabbrica e all’arrivo degli immobiliaristi è già raccontata in questo stesso libro. Bofill inserisce in un contesto urbano ottocentesco due elementi: il primo è un grattacielo alto 65 metri (Torre Orsero, dal nome dell’importatore di frutta che è uno dei committenti dell’intervento), il secondo è un palazzone a schiera a semicerchio, tecnicamente un crescent, che si svilupperà per 180 metri per un’altezza di sette piani. Ingaggiato dai privati, Bofill realizza un masterplan, ovvero un piano d’azione dell’intervento, che verrà discusso e poi recepito dal Comune.
Il sindaco Carlo Ruggeri ne fa il suo fiore all’occhiello. Sul raffinato e suggestivo sito internet di Bofill il progetto appare lieve e trasparente. Nella realtà circa 200mila metri cubi di case, alberghi, uffici, negozi e posteggi, hanno bisogno del cemento necessario per sorreggerle. E del calcestruzzo tutto si può dire tranne che sia impalpabile. Vero è che nella costruzione vengono impiegati vari materiali, specie i grandi pannelli di vetro. Alla fine, passeggiando sotto la torre e nel nuovo quartiere commerciale, realizzato soprattutto a uso – e consumo, sperano i negozianti – dei croceristi sbarcati al terminal Costa, l’impressione è quella di essere capitati in uno dei ricorrenti mondi di Second Life. Avete presente il sito internet dove si può vivere un’esistenza parallela? Be’, i colori chiari ma artificiali, le geometrie definite, gli spazi e la funzionalità dell’opera savonese di Bofill assomigliano agli scenari luminosi e lineari delle piazze virtuali. E in fin dei conti, anche il popolo dei due (non) luoghi si assomiglia. Come in Second Life, è tutto trendy, carino e accattivante. Anche il quartiere della Nuova Darsena è popolato di locali alla moda, disco pub e ristoranti realizzati pure loro da architetti in voga, per un pubblico di giovani e meno giovani che anche nella birreria controcorrente vogliono comunque apparire giusti, voglionosentirsi parte di un’atmosfera che sarà pure un po’ finta, ma in fondo assegna a tutti un ruolo da interpretare.

Massimiliano Fuksas
E visto che Bofill e la sua torre sono tanto piaciuti alla Savona che conta, la Savona che conta ha deciso che valeva la pena in-
sistere. Però, dato che non si doveva più costruire al posto di una fabbrica, bensì cementificare una spiaggetta e una baia
simbolo, allora il tiro andava alzato. Ci voleva un architetto ancora più famoso, magari grande affabulatore e meglio ancora se comunista e antiberlusconiano dichiarato. Ed è così che Massimiliano Fuksas arriva a Savona. Bisogna sapere che il Piano della costa regionale elaborato e approvato da amministrazioni di destra e sinistra, prevede, tra i molti porticcioli, anche uno in località Margonara, proprio sul confine tra Albissola e Savona, cerniera tra l’arenile della cittadina balenare e l’inizio dell’area portuale del capoluogo. Una caletta con uno spicchio di spiaggia e uno scoglio con sopra una statua votiva della vergine Maria da cui il soprannome della zona: la Madonnetta.

In quel tratto si aggiudica la possibilità di realizzare un porticciolo turistico con annesse residenze una vecchia conoscenza del posto: Giovanni Gambardella, manager pubblico, prima nell’acciaio, alla guida dell’Ilva, e poi come consulente del Comune di Trieste e della Regione Friuli Venezia Giulia con Riccardo Illy. È l’uomo che a Savona ha venduto le acciaierie ai privati consentendo loro di realizzare profitti da capogiro. Adesso decide di provarci direttamente. Il progetto lo disegna sua moglie che è un architetto. Ma la Regione lo boccia. Troppo cemento a terra, dicono. Che si fa? Gambardella mette da parte la sua signora e si accasa con Fuksas, l’architetto rifondarolo più amato dal presidente dell’Autorità portuale, ed ex senatore di Forza Italia, Cristoforo Canavese.
L’idea che il maestro declama in una serie di presentazioni pubbliche è semplice e rivoluzionaria: basta con il borgo ligu-re, vai con il grattacielo. Oddio, Fuksas non lo chiama mai così, lo definisce puntura di spillo, grissino, mentre i suoi oppositori lo apostrofano invece banana o «fallo un po’ storto», secondo la definizione del viceministro all’Ambiente di Rifondazione, Laura Marchetti.
Chiamatelo come volete, ma resta un grattacielo alto 120 metri che la costa non la tocca, perché dovrebbe sorgere da una piattaforma, di cemento mica di palafitte, realizzata in acqua. Tutto attorno un porticciolo: «Perché ormai il possesso di una barca è nelle possibilità di tutto il ceto medio italiano che rappresenta il 70 per cento della popolazione», spiega Fuksas, che poi, quando gli si fa notare che i suoi appartamenti da ceto medio verranno venduti forse a diecimila euro al metro quadro, replica così: «Guardi, il costo di realizzazione è di 1250 euro al metro quadro, quindi il prezzo finale dell’alloggio dipenderà solo da quanto vorrà ricavare il costruttore». Uno dei momenti decisivi per capire come gli amministratori pubblici abbiano abdicato al proprio ruolo è quello legato a un evento del 6 febbraio 2007. L’architetto Fuksas viene invitato a esporre il suo progetto davanti al consiglio comunale riunito in seduta pubblica. Attenzione: il maestro non viene per donare un’opera, ma arriva nella sua veste di libero professionista, incaricato da un committente privato e remunerato con una parcella di circa un milione e mezzo di euro. Compito del consiglio è di ascoltare per poi esaminare. Invece, quello a cui si assiste è lo spettacolo di una città che, attraverso i suoi rappresentanti, si inchina al genio.

Fuksas, come al solito di nero vestito, sfoggia la sua consueta oratoria. C’è chi si emoziona quando elenca i mali dell’Italia i politici, gli aerei che non decollano e via di seguito – ma poi conclude con il consueto elogio alla fantasia italica. Poi, per difendersi dalle accuse di essere un vandalo del paesaggio, attacca l’ospedale San Paolo che domina la collina, costruito negli anni Settanta, e lo definisce, quello sì, un ecomostro. Nessuno si prende la briga di sottolineare che nell’ecomostro i cittadini vanno, per ora ancora gratuitamente, a farsi curare, mentre nel suo grissino i ricchi milanesi faranno grigliate di pesce fresco. Perché sottilizzare. «La ringraziamo per la fantastica presentazione», lo saluta il presidente del consiglio regionale Marco Pozzo, socialista. Gli fa eco Roberto Decia, capogruppo Ds: «Oggi è una giornata storica perché questo consiglio ospita uno dei più grandi intellettuali italiani. E lo dico senza piaggeria». Un paio di mesi dopo, il sindaco Federico Berruti spiegherà di esser stato contrario all’invito e di non aver gradito l’atteggiamento condiscendente dei suoi colleghi. Per altro Berruti, per formarsi «un’opinione complessiva sul suo pensiero e sulla sua organizzazione professionale» e per «visionare altri lavori e vedere all’opera i collaboratori dello studio», il 16 novembre precedente era volato a Roma per una visita allo studio Fuksas, a spese del Comune. E se ne era tornato a casa con le proprie opinioni e uno schizzo autografato, gentile omaggio del maestro, sottobraccio. In ogni caso, l’equivoco è passato.

Il grattacielo appare come un dono dell’artista ai provinciali adoranti. Invece, la verità è che sono appartamenti e stanze d’albergo destinate a una clientela ristretta e raggruppate in un edificio che stravolgerà per sempre il profilo della costa ligure. Ma Fuksas la pensa diversamente ed è talmente concentrato su quella che chiama «puntura di spillo» da non far neppure caso, uno come lui che non perde occasione per esibire il suo credo politico e morale, al fatto che uno dei suoi committenti è un costruttore francese, il nizzardo Pierre Noiray, che nel 2003 venne arrestato dalla magistratura francese con l’accusa di aver creato fondi neri attraverso operazioni inesistenti. Tra l’altro, con quelle che, secondo i giudici di Nizza, sarebbero false consulenze riconducibili a porti turistici realizzati proprio in Italia. Ma forse a Fuksas piace andare controcorrente. Come quando, in piena bufera su Margonara, se ne uscì con un attacco ai grattacieli sulla sua rubrica settimanale su «L’espresso». Titolo: Scacco alle torri. Inizio: «Le città divenute identiche le une alle altre. Gli stessi edifici, le stesse torri, tutto sembra disegnato dallo stesso architetto». Argomento che lo riguarda diretta-mente, visto che il grattacielo che ha disegnato per Savona assomiglia molto a quello con cui aveva provato a vincere la gara per realizzare la nuova sede del colosso Gazprom a San Pietroburgo. E proprio l’assenza di originalità sembra essere la colpa maggiore di quelli che Fuksas descrive come «architetti gremlins che fagocitano qualunque elemento formale». E più avanti sembra che voglia far sue le tesi degli ambientalisti savonesi che lo accusano di voler stravolgere il paesaggio costiero.

Lui, però, guarda al mondo, a Shanghai, Cincinnati, San Paolo, Madrid, e sentenzia: «È difficile abituarsi all’eliminazione del contesto. Pensare le città simili le une alle altre è come un mondo in cui non c’è più bisogno di spostarsi perché tutto è uguale a tutto». Appunto: Rozzano (tra l’altro i progettisti del grattacielo da 160 metri sono, guarda caso, di Savona), l’ex
Fiera di Milano o la Riviera ligure, non fa differenza.

[Marco Preve, Ferruccio Sansa]

La foto in copertina riguarda il progetto di Fuksas per la torre in mezzo al mare a Savona.