Davide Randi_Architettura contemporanea ceca
Petr Pelčák, Residenza privata, Brno 2003
Quasi vent’anni sono trascorsi dalla caduta del muro di Berlino, un evento politico e culturale che segnò la fine della dittatura comunista e l’avvio a grandi trasformazioni nei paesi dell’est Europa. I sollevamenti del 1989 rappresentarono un momento cruciale della storia della Repubblica Ceca e incisero profondamente anche nell’evoluzione dell’architettura. Ricca di storia architettonica millenaria testimoniata soprattutto dal Gotico, dal Barocco e dal Funzionalismo della prima metà del Novecento, oggi, la cultura ceca, grazie allo scambio culturale e ai cambiamenti politici, sociali ed economici, presenta un chiaro rinnovamento e i più attivi e propositivi risultano essere le nuove generazioni. La nuova produzione architettonica ceca, tuttavia, fatica ancora ad emergere nel panorama internazionale e risulta essere poco conosciuta.
Superato il periodo della pressione politica dell’Unione Sovietica, gli architetti cechi hanno mantenuto con abilità un contatto continuo con la migliore produzione architettonica europea, ma allo stesso tempo hanno seguito strade differenti e sviluppato varie esperienze progettuali alla ricerca di una propria identità. Già alla fine degli anni Ottanta si può tuttavia riconoscere una unità di intenti e lo sviluppo di un’architettura quasi a diventare lo stile ufficiale della Nazione. Si tratta della diffusione di un nuovo Funzionalismo molto vicino a quello della prima metà del secolo che ebbe grande successo e sviluppo nella Cecoslovacchia della Prima Repubblica. Il nuovo Funzionalismo si è trasformato nello stile dominante tanto da condizionare la maggior parte della produzione architettonica, a dimostrazione di quanto questo stile sia simile al carattere ceco. Ricollegandosi ai tempi d’oro dell’architettura prebellica, il nuovo Funzionalismo, attraverso la sua razionalità e pulizia formale, è servito a ripulire e cancellare la memoria di circa 40 anni (compresi tra il 1948 e il 1989), eliminando tutto ciò a cui si era dato vita durante il comunismo.
Esistono opere e progetti del primo Funzionalismo di importanza internazionale che influenzarono e tuttora ispirano le nuove generazioni di architetti. Dopo un breve ma intenso periodo cubista, unico al mondo, in Cecoslovacchia prese subito vita, nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, uno stile razionale caratterizzato da costruzioni ridotte a semplici geometrie dai tetti piani, grandi aperture e dalle linee e superfici dritte, semplici, prive di decorazioni e colore. In sintonia con il volere della nuova Repubblica Cecoslovacca di essere uno Stato moderno e democratico, il Funzionalismo con i suoi metodi di razionalità e standardizzazione, riducendo al minimo le spese di costruzione, assicurava un’architettura di qualità a basso costo accessibile a tutti. Subito dopo la formazione della prima Repubblica nel 1918, le capitali della Boemia e della Moravia, Praga e Brno, diventarono presto i centri principali del Funzionalismo ed eccellenti architetti e teorici cechi come Bohuslav Fuchs e Karel Teige, contribuirono in modo significativo all’evoluzione di questo stile.
Il superamento delle precedenti tendenze stilistiche e l’affermazione definitiva del Funzionalismo fu però decisiva negli anni 1926-28 in occasione di due importanti episodi: la costruzione del primo palazzo delle esposizioni a Praga e del centro fiera a Brno che ospitò l’Esposizione della Cultura Contemporanea per commemorare i primi dieci anni dalla nascita della Repubblica. In concomitanza con l’Esposizione a Stoccarda organizzata dal Wekbund tedesco, nell’Esposizione della Cultura Contemporanea a Brno fu esibito il quartiere “Novy Dum” (Case Nuove), la prima presentazione di abitazioni moderne in stile funzionalista realizzate in Cecoslovacchia e la seconda in Europa, ripresa dal modello tedesco del quartiere Weissenhof. Quando negli anni Trenta l’architettura moderna raggiunse massimo di prestigio e popolarità in Europa, sorsero contemporaneamente due opere magistrali dell’architettura funzionalista: la villa Tugendhat di Mies van der Rohe a Brno la villa Muller di Adolf Loos a Praga. Quest’ultima, con il suo aspetto cubico, il tetto piano e la facciata bianca, pulita, rappresenta uno degli ultimi capolavori di Loos, dove il concetto del “Raumplan”, la differente articolazione degli ambienti interni, raggiunse la sua massima applicazione.
Insieme alla villa Tugendhat, con il suo fronte strada chiuso e il piano abitabile largamente aperto verso il giardino, sono diventate simbolo di un epoca e di uno stile inconfondibile e continuano ad essere ancora oggi incessabili fonti di ispirazione per gli architetti cechi.
Adolf Loos, Villa Muller, Praga 1930
Dopo il 1945, lo sviluppo dell’architettura ceca, analogamente alle altre attività, fu profondamente condizionata dalla pressione politica dell’Unione Sovietica. Nel campo dell’architettura ci fu un improvviso arresto a causa dell’interruzione dei contatti con l’Europa e il settore delle costruzioni iniziò a orientarsi piuttosto sulla quantità, sulla standardizzazione e sulla velocità di esecuzione delle opere, a discapito della qualità abitativa e del livello prestazionale dei materiali. Lo scarso interesse per gli edifici pubblici spostò l’attenzione soprattutto verso il problema degli alloggi per i ceti più deboli e la forza compositiva dei progettisti fu indirizzata principalmente allo studio delle tipologie residenziali. In tale ambito, la prefabbricazione divenne lo strumento prediletto per perseguire l’obbiettivo di una realizzazione seriale, unificata e veloce. Così per molto tempo, una parte essenziale dell’attività edilizia residenziale fu limitata all’impiego massivo di strutture prefabbricate in calcestruzzo armato. Soprattutto a partire dagli anni Sessanta, si assistette al dilagare consistente e monotono di condomini realizzati esclusivamente in pannelli prefabbricati, abbinati al cattivo benessere di isolamento termico e acustico. La standardizzazione non lasciava grande libertà distributiva e spesso gli spazi abitativi risultavano inadeguati.
Nel 1968, la Primavera di Praga fece sperare per un momento una maggiore libertà politica, di stampa e di espressione che si trasformò in una minaccia all’egemonia dell’URSS sui paesi del blocco orientale. La seguente invasione dell’Unione Sovietica provocò un’ondata di emigrazione che interessò soprattutto i cittadini di elevata qualifica professionale. La svolta si verificò alla fine degli anni Ottanta: i cambiamenti politici in Unione Sovietica e nel resto dell’Europa Orientale aprirono le porte alla coalizione dei movimenti di opposizione, il Forum civico guidato Václav Havel che fu eletto nel 1989 Presidente della Cecoslovacchia. In seguito, la disparità di sviluppo economico favorì il riemergere degli antichi contrasti tra cechi e slovacchi che provocò, nel 1993, la divisione ufficiale e la nascita della Repubblica Ceca e della Repubblica Slovacca. Intanto le principali istituzioni del comunismo che si occupavano del sistema centrale di pianificazione sparirono rapidamente insieme ai più grossi studi di progettazione e alle aziende, prodruttrici in particolare di elementi prefabbricati in calcestruzzo armato. Il processo di restituzione e privatizzazione avviò una elevata richiesta di nuove costruzioni, ristrutturazioni e modernizzazioni di edifici esistenti. Attualmente un’importante fetta dell’attività edilizia è caratterizzata dal recupero dei blocchi prefabbricati. La modernizzazione dei prefabbricati ha azionato un lento processo di ristrutturazione rivolto soprattutto a risolvere il problema del cattivo benessere interno. Il processo di restituzione e di privatizzazione ha inoltre favorito il restyling dei condomini attraverso l’applicazione esterna di cappotti colorati. L’uso differenziato del colore per nascondere la monotonia dei condomini sta ravvivando l’immagine delle città ed è sintomatico di un clima culturale e politico rinnovato.
Oggi Praga e Brno sono diventati i principali centri culturali dell’architettura contemporanea. Per riconoscere allo scenario architettonico ceco il suo dovuto valore, devono essere menzionate una serie di pubblicazioni, attività e iniziative che hanno favorito il suo sviluppo e dalle quali si può comprendere l’impegno speso nella promozione dell’architettura locale. Recentemente sono apparse molte pubblicazioni con lo scopo di documentare il rinnovamento in atto, attraverso la selezione delle opere realizzate nel territorio a partire dal 1989 assunto come anno zero della nuova produzione. Tra le più importanti va annoverata la divulgazione annuale “Česká architektura” (Architettura ceca), della casa editrice Prostor. Periodicamente dal 1999, come seguito cronologico di “Česká architektura 1989-1999”, l’annuario informa il pubblico sulle realizzazioni più interessanti che si sono manifestate nell’arco di un anno. Un’altra pubblicazione di rilievo è il volume “Česká architektura a její přísnost. Padesát staveb 1989-2004” (Architettura ceca e la sua austerità. Cinquanta costruzioni 1989-2004) di Rostislav Švácha, noto teorico dell’architettura ceca. Per quanto riguarda la produzione architettonica residenziale, l’edizione “České bydlení. Domy” (Abitazioni ceche. Case) presenta una rassegna di 77 singolari abitazioni familiari realizzate tra il 1989 e il 2006. Recentemente, la casa editrice Foibos ha lanciato l’iniziativa di documentare le più rinomate abitazioni e ville in Repubblica Ceca con i primi due volumi “Slavné pražké vily” (Celebri ville di Praga) e “Slavné brnĕnské vily” (Celebri ville di Brno).
Un contributo fondamentale alla promozione dell’architettura ceca è rappresentato inoltre dall’attività svolta da alcune importanti associazioni. A Brno, nel 1989, è sorta la libera unione “Obecní Dům Brno” con lo scopo di riportare l’architettura ceca alla sua giusta dimensione culturale corrispondente alla tradizione locale e al contesto centroeuropeo.
L’iniziativa principale dell’associazione è quella di documentare l’architettura moderna che si sviluppò ai tempi d’oro a Brno e in Moravia e periodicamente si impegna nella realizzazione di mostre e di pubblicazioni dedicate all’opera di uno dei protagonisti del funzionalismo ceco. Nel 1990 è stata fondata “Obec architektů”, la più importante coalizione libera di architetti della Repubblica Ceca e sezione membro dell’U.I.A (Unione Internazionale Architetti), la quale si riallaccia direttamente all’associazione di architetti della prima Repubblica (1918-1938). “Obec architektů” ha come scopo principale favorire l’attività creativa dei suoi soci, promuovere la qualità delle nuove opere nel territorio ceco e salvaguardare il patrimonio architettonico del passato. E’ Inoltre promotrice del “Grand Prix Obce architektů”, il più prestigioso premio nazionale di architettura e principale vetrina delle migliori opere realizzate in Repubblica Ceca. Dal 2007 la premiazione è affiancata dalla collaborazione dell’Ordine degli architetti“ Česká komora architektů”, altra importante organizzazione e osservatorio della qualità architettonica ceca.
La scena architettonica ceca contemporanea è caratterizzata dalla diffusione di vari stili. Fin dal 1989, con l’apertura delle frontiere europee, gli architetti cechi hanno cercato di allinearsi con i modelli della cultura internazionale dando vita a varie esperienze progettuali riconducibili in un primo periodo al Postmodernismo, al Decostruttivismo e all’Hight-tech. Gli interventi di architetti stranieri come il caso a Praga del palazzo per uffici “Ginger and Fred” di Frank Gehry o del “centrum Zlatý anděl” di Jean Nouvel, hanno arricchito la produzione architettonica ceca e introdotto nuovi elementi di dibattito. Resta tuttavia il grande successo del nuovo Funzionalismo che si esprime sotto varie forme e attraverso l’impiego di nuovi materiali e tecnologie.
In questo nuovo clima culturale, politico e sociale le più dinamiche e propositive risultano essere le nuove generazioni di architetti attivi soprattutto a Praga e a Brno, principali centri del dibattito culturale sulle nuove tendenze architettoniche. Qui, la migliore produzione ceca si esplicita soprattutto nei piccoli interventi, nelle ristrutturazioni, nei restauri e in particolare nelle case residenziali. Questi studi emergenti stanno contribuendo con grande impegno al rinnovamento e al rilancio dell’architettura ceca che continua a muoversi seguendo la propria tradizione senza perdere di vista quello che accade al di fuori dei propri confini. Nelle due capitali della Boemia e della Moravia, da sempre in competizione tra loro, si possono inoltre riconoscere due linee di ricerca progettuali differenti che si influenzano a vicenda.
Da un lato, a Praga abbiamo tendenze stilistiche caratterizzate da un linguaggio più espressivo e meno vincolato da forme geometriche rigide, un’architettura attenta al contesto storico e alle radici delle tradizioni popolari rivisitate in chiave moderna. A tale proposito merita ricordare anche l’importante contributo trasmesso dall’insegnamento e dal lavoro di Jože Plečnik, architetto sloveno che per volere del primo Presidente Masaryk, trasformò il Castello di Praga con grande maestria nel simbolo della nuova nazione democratica. Sulla scia di questa tendenza, attualmente, Josef Pleskot è l’architetto di maggiore successo in Repubblica Ceca ed uno degli esponenti principali della rifondazione architettonica ceca. Pleskot vanta importanti realizzazioni ad ampio spettro, dal recupero dell’esistente, all’edilizia specialistica fino alla progettazione urbana offrendo di volta in volta soluzioni sempre originali, rispettose dell’ambiente ed attente al linguaggio costruttivo dei materiali. Con il suo studio, l’AP Atelier, fondato nel 1991, ha partecipato a numerosi concorsi e ottenuto segnalazioni e premi a livello internazionale: un riconoscimento europeo al “Mies van der Rohe Award” e il primo premio al “Brick Award” (migliore architettura contemporanea europea realizzata in laterizio) nel 2003 per la Galleria pedonale di Praga che risulta essere una delle opere più significative dell’architettura contemporanea ceca.
Il piccolo intervento riguarda la sistemazione paesaggistica e architettonica dei percorsi pedonali che si estendono nell’area settentrionale antistante il Castello di Praga. In corrispondenza del terrapieno chiamato “Ponte delle polveri”, Pleskot ha realizzato un plastico tunnel di sezione ovale caratterizzato dalla tessitura di mattoni a vista esaltata da ritmate fasce luminose, dimostrando notevole sensibilità per l’atmosfera del luogo. Il visitatore in questo modo viene invitato ad entrare ed a passeggiare incuriosito per poi scoprire a metà percorso una nicchia contenente uno degli originali pilastri del vecchio ponte.
Mies van der Rohe, Villa Tugenhadt, Brno 1930
A Brno, città industriale e meno storica rispetto Praga, si possono invece rintracciare scelte progettuali caratterizzate da soluzioni formali più severe, dalle geometrie rigorose e semplici, un’architettura che trae direttamente ispirazione dal movimento moderno che si è sviluppato con maggiore vigore in questa città. Qui il rinnovamento architettonico è svolto principalmente dall’attività dei membri di “Obecní Dům Brno”, che periodicamente organizza mostre e convegni sull’architettura funzionalista morava. La filosofia progettuale di questo gruppo è fondata su una composizione rigorosa ed essenziale, caratterizzata dalla scelta di pochi materiali e forme, contaminandosi in alcuni casi con il minimalismo austriaco e svizzero.
Dal 1991, l’architetto Petr Pelčák è il presidente e portavoce principale di questa associazione. E’ autore di articoli nel campo della teoria, storia e critica dell’architettura e dell’arte, curatore di mostre ed autore-editore di molte pubblicazioni sull’architettura moderna che si sviluppò a Brno negli anni compresi tra le due guerre mondiali. Insieme a Petr Hrůša, titolari dal 1992 dello studio Ateliér Brno, hanno realizzato numerose opere che spaziano dalla progettazione urbanistica fino al dettaglio architettonico, regolarmente pubblicate, esposte in mostre e premiate ai concorsi. Nel 2003, realizzando la propria abitazione, Pelčák ha colto l’occasione per esprimere la propria ricerca progettuale, manifestando alcune caratteristiche proprie delle nuove tendenze architettoniche ceche. Come villa Tugendhat, collocata in cima ad una collina di Brno, la costruzione presenta una semplice composizione volumetrica e ampie vetrate sul giardino. La parte abitativa è contenuta in un bianco candido volume cubico che risulta essere saldamente ancorato a solide pareti in pietra locale che si immergono nella collina e che delimitano alcuni spazi di servizio. Ampie vetrate scorrevoli ed infissi in acciaio incorniciano il suggestivo paesaggio circostante e trasformano il soggiorno in un belvedere sulla città. I dettagli, la scelta dei materiali e parte del mobilio sono dirette allusioni al funzionalismo ceco. L’ottima esposizione e l’accurata attenzione rivolta alla progettazione del giardino terrazzato fanno di questa residenza un’oasi mediterranea in una zona periferica di Brno.
L’architettura ceca di qualità è in forte crescita e in continua evoluzione soprattutto nei piccoli interventi che restano tuttavia ancora all’oscuro e poco apprezzati all’estero rispetto ad altri paesi dell’est europeo come ad esempio l’architettura contemporanea slovena dove in questo momento la produzione architettonica sta riscuotendo grande successo ed interesse a livello internazionale.