Gastaldi+Vergano_Verso la città postmilitare?
Una città militare: fondazione e immagine
Nel 1869 viene inaugurato ufficialmente l’Arsenale della Spezia. Nel giro di vent’anni la popolazione triplica passando dagli 11.556 abitanti del 1861 ai 31.565 del 1881. Tre piani urbanistici in rapida successione (1865, 1871, 1884) imprimono un’immagine ortogonale alla città a partire dal recinto dell’Arsenale: vero e proprio elemento primario di valore morfogenetico del nuovo impianto urbano. È l’atto fondativo di una nuova realtà urbana che si affianca al nucleo originario di impianto medievale, bloccando gli sviluppi, le iniziative e gli interessi che la città stava sviluppando e consolidando autonomamente. Le ragioni di stato si imprimono nell’immagine urbana, condizionandone per oltre un secolo la vita, i costumi e le abitudini.
Oggi, visitando la città, si rimane colpiti dalla presenza di confini, barriere, muri con filo spinato, cartelli gialli con la scritta “Zona militare. Divieto di accesso”. Ciò che colpisce è anche lo stato di degrado e di sottoutilizzo di alcune di queste aree, un generale stato di abbandono a cui fanno da contrappunto episodi architettonici di indubbio valore, ben conservati, in cui si concentrano ancora i residui della vita militare. In molti casi, queste zone interdette, sottoposte a vincolo, hanno garantito e salvaguardato ampie aree, spesso strategicamente localizzate lungo la linea di costa, da possibili e probabili speculazioni edilizie. Guardando la città dall’alto, dalle colline che circondano il Golfo, si può notare la grande estensione delle zone militari in rapporto alla città, soprattutto l’ampia area dell’Arsenale (che si estende su di una superficie di 85 ettari) che si confronta sul piano morfologico e dimensionale con la prima espansione ottocentesca. Guardando la città dall’alto si può notare anche come l’Arsenale non sia solo una città militare ritagliata dentro il più ampio contesto urbano, ma in qualche modo ne costituisca il centro; un centro atipico, murato, negato. Osservando invece le planimetrie di piano l’Arsenale riappare come un grande vuoto non normato; uno spazio autonomo, estraneo al piano e alla città, caratterizzato da politiche e strumenti separatissimi.
Oltre la città postindustriale; verso la città postmilitare?
Da potenziale città turistica, in un breve periodo di tempo, La Spezia si trasforma in città militare, città statale, città operaia, città industriale, città dei grandi impianti e stabilimenti energetici (raffineria, rigassificatore, centrale elettrica, discarica di Pitelli), città portuale. Un processo, durato poco più di cent’anni, che ha portato alla costruzione di un insieme di tante enclave chiuse nei loro recinti, che hanno concorso a compromettere l’integrità fisica del paesaggio, aggredendo in particolare la linea di costa e la collina del levante.
La crisi dell’industria, che colpisce tutte le città italiane a partire dalla fine degli anni Settanta, alla Spezia è enfatizzata dalla forte presenza delle partecipazioni statali. Il trauma che si ripercuote in un generale calo demografico, forte disoccupazione, dismissioni industriali e conseguenti vuoti urbani è parzialmente attenuato, da una parte, dallo sviluppo di piccole e medie imprese che si localizzano nei comuni limitrofi al capoluogo, in particolare nella bassa Val di Magra, innescando i tipici fenomeni della dispersione insediativa; dall’altra, dall’intenso sviluppo portuale, che, nel giro di pochi anni, porta La Spezia a competere con i principali porti del Mediterraneo.
La ricerca di un fragile equilibrio tra le diverse vocazioni del territorio diventa il tratto caratterizzante di una nuova stagione politica che si sviluppa a partire dagli anni Novanta; uno sforzo di ricomposizione dei diversi interessi che attraversano la società e il territorio, che si materializza nel nuovo strumento urbanistico generale e in due fasi del piano strategico.
Paradossalmente, la ricerca di uno sviluppo composito, volto a valorizzare le specificità delle risorse locali, ha finito anche per metterne in evidenza le contraddizioni, che si sono manifestate in particolare lungo la linea di costa: il porto, il turismo, il militare, la nautica, la cantieristica, il nuovo waterfront, ecc.
In questo contesto lo sviluppo del porto, inserito in un più ampio quadro strategico di interesse nazionale, ha sicuramente rappresentato un volano economico di notevole importanza. Il Piano regolatore portuale, approvato nel 2006, dopo un iter durato circa 6 anni, prevede un aumento degli spazi destinati al traffico commerciale con 140.000 metri quadrati di nuovi riempimenti (per cui si prevede di arrivare ad una movimentazione annua di 1.600.000 contenitori contro il 1.000.000 attuale), più spazi per la nautica da diporto (da 5.000 a 10.000 posti barca) e una riorganizzazione complessiva del settore della cantieristica militare, civile e diportistica (dalla fine degli anni Novanta, si è moltiplicato alla Spezia il numero di cantieri navali privati). Viene invece restituita alla città l’area centrale di Calata Paita; un’area strategica di 150.000 metri quadrati destinata a ridefinire, attraverso il nuovo waterfront, il volto della città. Il concorso internazionale di idee bandito nel 2006 dal Comune della Spezia, Regione Liguria e Autorità Portuale è stato vinto dal progetto di Josè Llavador. Un progetto sicuramente ambizioso che ha avuto il merito di riaccendere il dibattito sul futuro della città, ripensando e ridisegnando, oltre all’area di Calata Paita, anche la storica passeggiata Morin; tema collettivo della città ottocentesca, realizzato con i materiali di risulta degli scavi dell’Arsenale.
Se la transizione dalla città industriale alla città postindustriale, pur con tutte le contraddizioni che questo passaggio ha generato, può dirsi avviata, in parte conclusa, e in parte assimilata dalla città (che ha lentamente riscoperto anche una propria specificità turistica e culturale); assai diverso e per certi versi più complesso è il discorso relativo alla transizione dalla città militare alla città postmilitare.
Il nuovo quadro geopolitico nazionale e internazionale che si è venuto a determinare in questi ultimi anni e l’evoluzione del modello di difesa e reclutamento militare costituiscono le condizioni di sfondo per poter ripensare il rapporto tra aree militari e città, anche alla Spezia. Queste circostanze hanno portato a maturare una maggior consapevolezza del valore strategico delle aree militari, nella prospettiva di costruire una visione futura della città e del territorio più articolata e comprensiva. Nonostante questo ricco patrimonio estenda le sue servitù ben oltre i confini comunali della Spezia, insistendo soprattutto sulle aree costiere del Golfo, sono comunque le aree dell’Arsenale ad assumere, oltre che un importante valore strategico, un fondamentale ruolo simbolico nel processo che porta un’autonomia locale e la sua cittadinanza a pensare e determinare, a distanza di più di cento anni, il proprio futuro.
Pur in un quadro di forti interessi sovralocali in cui si delineano le nuove strategie per la riorganizzazione complessiva delle sedi degli arsenali di La Spezia, Taranto e Augusta, la possibilità di ripensare - da parte della stessa amministrazione comunale - una nuova fase di riqualificazione urbana a partire dalle aree militari dismesse o sottoutilizzate, e in particolare dalle aree strategiche e centrali dell’Arsenale, apre alla Spezia una stagione che sta iniziando a dare alcuni primi significativi risultati.
Per ora si parla ancora prevalentemente di forme di collaborazione nell’uso di spazi, non di vere e proprie dismissioni, ma si intravvedono i primi sintomi di una chiara inversione di tendenza, cadono per la prima volta mura e barriere: l’ospedale militare “Bruno Falcomatà” (per cui è stata siglata una convenzione tra Marina, Comune e ASL) potrebbe mettere a disposizione della popolazione civile apparecchiature, ambulatori e attrezzature specialistiche (servizi sanitari in cambio di opere di manutenzione). Sempre aperto rimane il discorso della ricollocazione del polo universitario che necessita di nuovi spazi e di nuove strutture, e che potrebbe trovare un’adeguata sistemazione nella Caserma Duca degli Abruzzi. Le forme di raccordo e collaborazione hanno già portato in alcuni casi ad accordi definitivi come la piena disponibilità dell’area verde di Marola e del parcheggio di via XV Giugno che il Comune ha già in gestione da tempo. In questa fase, la logica della permuta (in generale opere o manutenzioni in cambio di aree) costituisce la principale strategia di raccordo tra il Comune e la Marina Militare, rispetto alle procedure di passaggio dal demanio militare.
Il protocollo di intesa tra il Comune della Spezia e il Ministero della Difesa
Il 19 dicembre del 2007 è stato avviato un primo tavolo tra il Ministro della Difesa e il Comune della Spezia per avviare insieme un percorso che vede nella “rinascita” dell’Arsenale (su di una superficie di 85 ettari, oggi l’Arsenale occupa 2100 persone, di cui 200 militari e 1900 impiegati e operai, contro le 6.500 persone circa della fine dell‘800) una occasione per ripensare la città e la sua base economica, sociale e culturale, migliorando allo stesso tempo l’attuale contesto di degrado e sottoutilizzo in cui si trovano alcune aree e strutture militari. L’obiettivo dell’amministrazione è quello di farsi carico in parte del processo di riuso e razionalizzazione delle strutture militari in cambio di parte del prezioso patrimonio storico della Marina.
Il 4 aprile 2008 è stato firmato il Protocollo di intesa che pone il “caso La Spezia” al di fuori delle normali procedure di dismissione, accelerandone i tempi e individuando autonomi strumenti di scambio e valorizzazione degli insediamenti militari sul territorio.
Il Protocollo prevede la formazione di un tavolo tecnico, composto da tecnici della Marina Militare e del Comune della Spezia, impegnato su singoli temi progettuali, per arrivare entro sei mesi dalla sottoscrizione alla stipula di una serie di accordi di programma con l’obiettivo prioritario di riorganizzare la presenza della Marina Militare alla Spezia e conseguentemente di individuare gli spazi e le strutture da cedere alla città.
Mentre da un lato quindi continueranno le procedure di dismissione di alcuni immobili attraverso i meccanismi introdotti dalla Finanziaria 2007, secondo quanto previsto dal Piano Unitario di Valorizzazione (PUV), il futuro della città si gioca attorno a questo tavolo. Compito del Protocollo di intesa è dunque quello di delineare un quadro complessivo delle necessità e degli obiettivi comuni tra le parti che troveranno progressiva attuazione attraverso singoli accordi di programma.
Conclusioni
Il dialogo da poco intrapreso tra il Comune della Spezia e la Marina Militare apre le porte ad un delicato percorso che necessita di una determinazione misurata, attenta a non prefigurare in anticipo soluzioni o visioni che poi si potrebbero rivelare non realizzabili. Un percorso in cui sembrano talvolta ancora prevalere le inerzie di un establishment militare, volte quasi a garantire la sussistenza di un immaginario militare ormai incapace di permeare la vita della città.
Ciò che fino a poco tempo fa è stata una “città” parallela e separata, con dei propri ritmi interni che si riverberavano sul resto della città, imprimendosi e condizionando l’immaginario urbano, sembra aver lasciato progressivamente il posto ad una singolare strategia dell’attesa, con la quale la città ha dimostrato di aver imparato a convivere, correndo il rischio di immobilizzare e anestetizzare economia, imprenditoria, clima sociale. La radicalizzazione delle posizioni che spesso hanno accompagnato, negli anni passati, il dibattito sul tema della aree militari (si pensi alla discarica interna alle aree dell’Arsenale, denominata “campo in ferro”) ha finito in molti casi per accentuare un generalizzato senso di paralisi.
Questa difficile transizione verso la città postmilitare dimostra con chiarezza le difficoltà che si possono incontrare nel costruire una prospettiva di sviluppo condiviso, quando ancora le condizioni al contorno non sono chiare e definite.
Il percorso intrapreso recentemente dall’amministrazione comunale e dagli organi della Marina Militare segna un momento cruciale per la sorte della città. Dopo oltre un secolo di storia la “ragion di stato” sembra poter intessere un discorso costruttivo con le istanze della società locale. L’Arsenale, il cuore dell’identità urbana della Spezia, per la prima volta sembra timidamente schiudersi ad un dibattito pubblico sul futuro della città.
[Francesco Gastaldi + Andrea Vergano]
Bibliografia
Paolo Cevini, La Spezia, Sagep, Genova, 1984.
Comune della Spezia, Il piano strategico della Spezia. Il percorso, la vision e le linee strategiche. “La Spezia 2012”, La Spezia, 2004.
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Mariolina Besio, Daniele Virgilio, Cultura e identità nelle strategie di una città di medie dimensioni, in Urbanistica n. 129, 2006, pp. 75-87.
Amerigo Lualdi, Aree militari, la città bussa alla Marina, in Il Secolo XIX, 20 febbraio 2008.