Bacaci Sjenki_Vitic Dances
Il progetto nasce e si evolve a Zagabria attorno ad un palazzo di dieci piani costruito nel 1960. Fin dall’inizio nulla fu lasciato al caso: Boris Bakal, autore del progetto, vedendo casualmente l’edificio fu subito colpito dalla sua bellezza in stile modernista, l’inusuale facciata ispirata ai dipinti di Mondrian, ma molto più dinamica, con i suoi colori vivaci e i rivestimenti di legno mobili che danno un tocco di imprevedibilità. La ragione per la quale ci sono persone che, pur vivendo da sempre a Zagabria, potrebbero non accorgersi di questo palazzo sta nelle pessime condizioni in cui si trova attualmente: i colori sbiaditi e rovinati, la facciata che cade a pezzi, e per finire gli atti vandalici di cui sono colpevoli gli inquilini. Boris scoprì in seguito che quel palazzo era un’opera di Ivo Vitic, uno dei più famosi architetti croati del XX secolo; quel palazzo era considerato un punto di svolta dell’architettura dell’epoca, premiato con prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali; fu dichiarato monumento culturale protetto e fu luogo di pellegrinaggio di architetti stranieri che volevano visitare Zagabria.
In seguito, venne presa la decisione di affittare uno degli appartamento in modo da avere l’opportunità di scavare più profondamente nella vita e nella storia di quel palazzo che tutti a Zagabria chiamano “il grattacielo di Vitic”. L’iniziazione alla vita quotidiana ne svela i molteplici aspetti: dalla drammatica situazione in cui si svolgono molte delle sue attività vitali agli interni, unici e caratteristici, degli appartamenti e dello stesso palazzo, dalla serie di gravi devastazioni (alcune delle quali ne mettono a rischio la stessa sicurezza) alla situazione stagnante che caratterizza il rimodernamento, dalle migliaia di racconti e testimonianze dei suoi 45 anni di storia. Un altro aspetto affascinante era l’insieme degli inquilini: un gruppo di persone di diverse generazioni, professioni e classi sociali (dai cosiddetti “veterani” che vivono lì fin dall’inizio a quelli arrivati solo di recente, da architetti e artisti rispettabili a semplici lavoratori, dagli anziani ai giovani) che formano un mosaico variegato di uomini come quello rappresentato sulla facciata del palazzo.
Questa immensa raccolta di informazioni, sensazioni e esperienze porta ad una rivelazione essenziale: il palazzo rappresenta, da un lato, un magnificente omaggio ad un tipo di socialismo che era presente nella ex Iugoslavia: un socialismo dove non tutto era bianco o nero con possibili sfumature grigie e marrone. Fu una testimonianza dei sogni e dei colori di una società possibile dove le persone non erano necessariamente uguali, ma comunque soddisfatte, fu anche una dimostrazione del declino di quella stessa società e dei drammatici cambiamenti portati dalla guerra e dalla transizione (i due maggiori eventi che hanno caratterizzato la Croazia degli anni ‘90). Addirittura di più: il grattacielo di Vitic è, in realtà, una metafora completa dalla transizione croata che ha così dolorosamente cambiato la vita della gente, che fu privata del proprio vecchio sistema di valori basato su proprietà e beni pubblici e comuni e sulla responsabilità collettiva e inseriti in un sistema che non fece altro che definirne i valori, mentre tentava in ogni modo di accumulare denaro. Essendo costretti, come chiunque nell’ex Repubblica iugoslava, ad acquistare gli appartamenti dove vivevano, gli inquilini del palazzo diventavano proprietari delle loro abitazioni e, contemporaneamente, acquisivano lo status di co-proprietari dell’intero palazzo, senza avere alcuna idea di quali fossero le loro responsabilità e i loro diritti e venivano lasciati con un’eredità che sta perdendo valore. Lo stato scaricò la cosiddetta “patata bollente” e non fece alcuno sforzo per facilitare il passaggio alla transizione. Gli inquilini si trovarono quindi tra l’incudine e il martello: paralizzati, da un lato, dalle loro vecchie abitudini e convinzioni e senza alcuna consapevolezza della nuova situazione in cui vivevano dall’altro.
Esiste una storia, nata nel IXX secolo, conosciuta da ogni bambino croato che racconta di un ispettore e del suo assistente. Questi erano soliti visitare i villaggi e minacciarne gli abitanti con minuziose indagini sulle loro letture e sui loro affari. Gli abitanti, terrorizzati dalle conseguenze, avrebbero cercato di sapere dall’assistente in che modo avrebbero potuto corrompere l’ispettore. L’assistente raccomandava di accattivarsi l’ispettore con un po’ di zucchero che, per caso, aveva con sé e che i cittadini avrebbero potuto acquistare ad un prezzo ragionevole. In questo modo, gli abitanti del villaggio avrebbero offerto lo zucchero all’ispettore che avrebbe abbandonato le ispezioni e si sarebbe diretto in un altro villaggio dove l’assistente avrebbe rivenduto la stessa quantità di zucchero… La transizione mise gli inquilini del grattacielo di Vitic, così come la maggior parte della popolazione croata, nella stessa posizione degli abitanti del villaggio della storia.
Il progetto nato da queste circostanze combatte per far si che l’arte rispecchi questa posizione, ma il cuore delle sue intenzioni è ridare nuovo impulso al rimodernamento del palazzo attraverso una combinazione di interazioni con gli inquilini, una visibilità continua del problema sui mezzi di comunicazione e l’elaborazione di un modello universale di attività civiche che potrebbero essere applicate ovunque. Sebbene negli ultimi anni si sia raggiunto un importante livello di visibilità, il futuro del progetto non è né perfetto né tranquillo, coloro che potrebbero beneficiare di tutto ciò (gli inquilini) sono gli alleati meno affidabili alla sua realizzazione.
[Bacaci Sjenki]
traduzione di Elda Baldi in collaborazione con Alice Martinelli
©copyright archphoto-Bacaci Sjenki