Luca Marraghini_Note a latere
DA:
Architetto Luca Marraghini
Via Piave 1
10015 Ivrea (To)
A:
“ARCHPHOTO”
Gentile Direttore Arch. Emanuele Piccardo
Note a latere
Gentile Direttore,
Quest’anno a giugno festeggerò i miei primi dieci anni di iscrizione all’Albo degli architetti di Torino e i miei primi dodici anni di libera professione. Purtroppo però i motivi per festeggiare non sono molti.
Mi sono laureato nel luglio 1994 in pieno periodo di Tangentopoli, quando il settore dei lavori pubblici entrò in un periodo di profonda crisi e completa rimessa in discussione.
Dal 1998, dopo un buon tirocinio che mi ha portato a fare esperienze tra loro complementari, dall’esperienza all’estero con IAESTE, agli studi professionali di architetti e ingegneri fino alla pubblica amministrazione negli uffici tecnici, ho aperto il mio ufficio e ho cominciato subito a costruire.
Costruire per me ha sempre significato molto e ho sempre affrontato il fare del cantiere con grande passione e coinvolgimento. Dopo 12 anni di lavoro però le molte strade, che sulla carta si offrono ad un giovane professionista, una ad una, si sono chiuse quasi tutte, rilegandoci sempre più al ruolo di fantasmi.
Non è scritto da nessuna parte che io debba fare questo mestiere, non so se fare l’architetto per una persona di 37 anni che si è preparato per una vita intera a questo compito sia o no un diritto, non lo credo, è più certamente una vocazione orientata all’auto-lesionismo, però sono perplesso dall’inerzia della mia generazione, dei miei ‘coetanei’, diciamo i trentenni o under 40, i quali, vedendo giorno per giorno nuove azioni provenienti da ogni parte nel sottrarci una ad una le possibilità di accesso agli incarichi di lavoro, la rispettabilità di fronte all’opinione delle persone, a volte lo sberleffo da parte delle altre professioni, invece di provare a discuterne, a parlarne, a intraprendere delle azioni di difesa e auto critica, vivono sempre più disillusi macerandosi in un brodino di auto-commiserazione moralistica che dovrebbe lenire tutti i mali ed esorcizzare tutte le minacce. Ma ogni giorno che passa la situazione peggiora, e per andare più in basso di così qualcuno, di buona lena, si è messo anche a scavare.
Provo a sintetizzare:
il famigerato Decreto Karrer aveva iniziato a prendere a spallate l’avanzata degli architetti di massa, doveva trovare il modo di restituire all’èlite professionale, sulla base non delle competenze e della meritocrazia, ma su quella dei ‘requisiti tecnici ed economici’ il controllo del mercato dei lavori pubblici. Il DL 157/1995 è stato il primo vero siluro alla nuova generazione di architetti negli anni ‘90.
Cosa decretava? Che chi aveva fino ad allora ricevuto incarichi fiduciari sulla base di amicizie e clientelismi poteva ora fare la somma degli importi lavori realizzati, delle laute parcelle incassate e mettere le opere così realizzate ‘a curriculum’ per ottenere nuovi incarichi sulla base di tale esperienza maturata. Chi aveva guadagnato bene applicando i minimi tariffari poteva ora dimostrare, allegando al curriculum il modello Unico, che aveva il diritto di continuare a guadagnare molto bene. Chi aveva per decenni sfruttato le manovalanze di giovani neo-laureati facendole lavorare duramente, anche 10-12 ore al giorno, sabati e domeniche compresi, con contratti di prestazioni occasionali, co.co.co, e contratti a tempo determinato doveva ora potere continuare a farlo, indisturbato.
La legge 166/05 ha richiamato il principio della pubblicità, della trasparenza, della messa di tutti sullo stesso piano per accedere ad incarichi fiduciari sotto i 100.000€ di parcella. E cos’ anche per fare un’aiuola ci vuole il mega curriculum. Risultato? Che chi lo aveva fa l’asso piglia tutto.
Infatti nel periodo di relativa tenuta degli equilibri interni, dal 1997 al 2005, qualcuno degli allora giovanissimi professionisti, qualche piccolo incarico pubblico lo aveva pure ottenuto, poche cose ovviamente, briciole in confronto ai prestigiosi incarichi d’immagine e di sostanza a cui era abituata le crème del professionismo nazionale, o quelli che oggi si è cominciati a definire ‘i furbetti’.
Qualcuno, i più fortunati e intraprendenti, è pure riuscito a portare a casa delle piccole e medie opere di vera architettura, riuscendo a realizzare la mitica “qualità diffusa”, opere con contenuti progettuali e livelli di qualità esecutiva che non sfigurerebbero a confronto con le migliori scuole spagnola o olandese. Sì, perché tutto sommato i giovani professionisti italiani non sarebbero poi tanto male, anzi qualcuno è pure bravino, il periodo universitario superato è stato un percorso di guerra con ostacoli mortali, ma i sopravvissuti sono dei veri ‘commando’ nell’arte di sapersi arrangiare, sono pronti a tutto, o quasi. Questi piccoli giovani agguerriti architetti sanno pure distinguere una trave isostatica da una iperstatica, sanno che il cappotto isolante va messo fuori e non dentro e che l’isolamento acustico non serve per non disturbare i vicini con lo stereo: insomma sono tecnicamente preparati.
Qualcuno ha pure fatto il Politecnico, come a Delft, in Olanda o a Berlino, in Germania. Già, ma non possiedono e mai possiederanno i “requisiti tecnico-economici” che poi sarebbero le persone in studio da sfruttare e sotto-pagare e le parcelle già incassate, né i soldi di “papi e mami” che ti mantengono per anni, costi di vita e costi professionali assommati, fino a che il caso o ‘il vero talento’ non ti porterà ad ottenere un salvifico incarico risolutore di tutti i problemi regressi così accumulati.
A cosa ha condotto questo stato di cose?
Ora, alcuni dei grandi vecchi, dei professionisti consolidati, che fanno il mestiere da generazioni e che quindi tramandano per diritto di sangue la libera professionalità da nonno a nipote, alcuni di quelli che per anni hanno vissuto di questi lauti privilegi, sfruttando i giovani professionisti stupidamente appassionati all’idea di “fare l’architetto”, facendo loro vivere tutti gli svantaggi del lavoratore autonomo insieme a tutti gli svantaggi del lavoratore dipendente, ha cominciato a guardarsi intorno e ha visto orde di architetti pronte a calare da dietro le Alpi e dai paesi del nord Europa (le nuove invasioni gotico-barbariche? I Lanzichenecchi?) verso le verdi pianure dell’Italia per fare man bassa degli incarichi pubblici per mezzo dei loro poderosi ‘curriculum vitae’ regolarmente accumulati per effettivi meriti personali sin dalla giovane età (anagrafica e professionale) nei loro paesi d’origine, curriculum temibili e affilati come le bipenni germaniche che spaccavano gli scudi ai tempi di Cesare.
Presi da spavento sublime qualcuno dei nostri autori ‘di chiara fama’ e i loro succubi vassalli, ha provato a trattare, a fare alleanze preventive, a stringer accordi associativi, temporanei, imparando qualcosa e insegnando così ai “barbari stranieri” come si fa a lavorare in Italia. Ma i nostri giovani dove sono finiti, si domandano stremati gli alfieri nazionali, dove sono le orde poderose di laureati in architettura che abbiamo sformato per anni e che minacciavano di venire a mangiarci il pane nel piatto, dove sono finiti? Li abbiamo proprio sterminati preventivamente tutti? Bella domanda; sicuramente si sono dispersi, a migliaia, azzerati, disillusi, fanno altro, l’architettura oramai solo la leggono sulle belle riviste.
Si, vabbè, ma erano comunque tanti, ne sarà pure rimasto qualcuno no? Si che è rimasto qualcuno, ma è disarmato, non se lo fila nessuno, non è stato addestrato ad affrontare le orde del nord, vagano senza potere mai sperare neanche di misurarsi col nemico poiché si muovono su piani troppo distanti, anche i più coraggiosi e temerari hanno perso di spinta, non riescono neanche più a lavorare in associazione temporanea, non si sa più chi c’è dietro le multi-sigle autrici delle poche opere realizzate ai sensi del DLgv 157/1995, anche gli stranieri si domandano chi sia il titolare di un’opera cui hanno partecipato venti studi per realizzarla, chesso! Quattro condomini!
Cosa rimarrebbe da fare? Ci sono i concorsi! Potrebbe dire qualche anima pura. Sì, se non fosse che la creatività per escogitare i modi per definire a priori chi sarà il vincitore “anonimo e paritetico” si sprecano. Cara creatività.
Non c’è meritocrazia, non c’è tutta questa competenza, la legge vieta agli under 40 di assumere direttamente incarichi per eseguire lavori pubblici, le imprese di costruzioni hanno più avvocati che ingegneri e operai, il lavoro viene sempre più affidato a manovalanze incompetenti o semplicemente portatrici di diverse culture costruttive incompatibili con la realtà dell’industria delle costruzioni italiana.
Per i giovani professionisti non ci sono agevolazioni, sono troppi, sono incompetenti, lasciati a se stessi, non c’è un sistema organizzato di accesso progressivo agli incarichi per meriti acquisiti sul campo, non ci sono linee di credito agevolato, de-fiscalizzazioni, né politiche che coltivino occasioni di valorizzazione, le poche occasioni anche minime, vengono ripartite ai soliti noti, i quali non più stimolati a dare il meglio di sé, sapendo della propria posizione privilegiata, vivono di rendita e realizzano opere sempre più anacronistiche e lontane dalla direzione della contemporaneità.
Però ci è rimasta ancora la libertà di scrivere queste note: potrei festeggiare questo per i miei primi 10 anni;
non è molto, ma ,come inizio, non c’è male.
Cordialmente
[Luca Marraghini]
Ivrea, 07 aprile 2006