Luca Mori_L’infinito fuori controllo. Macchine programmate 1990-2005
Con la mostra inaugurata l’8 giugno 2005 nel Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce continua il percorso di “Four Rooms”, un progetto che vede quattro artisti emergenti alternarsi nell’allestimento degli spazi interni dell’edificio.
Questa volta l’arte concettuale si interseca con tematiche di estrema attualità quali “democrazia elettronica”, “interattività”, “network”.
La sensibilità per gli aspetti sociologici della fruizione artistica collegabili alla collettività ha sicuramente radici nella formazione dell’artista, connotata da una laurea in Urbanistica a Venezia ed una in Scienze Sociali a Birmingham.
Bolognini si occupa di tecnologie digitali dagli anni ‘80 e progetta, o meglio, programma, macchine che sono in grado di produrre flussi di segni in maniera autonoma, all’infinito.
Nella collettiva “Il viaggio dell’uomo immobile” aveva presentato un’installazione dall’eloquente titolo “Computers sigillati” che rende bene l’idea dell’impossibilità di intervento e modifica da parte di un soggetto (sia esso ascrivibile alle categorie canoniche di “artista” o di “fruitore”).
L’operazione è qui quella di acquisire, sul piano estetico, dalla tradizione l’equivalenza opera-quadro, qui “schermo d’immagini”, per poi generare una deviazione, creare uno scarto che vede da un lato il dissolvimento dell’autore, dall’altro la negazione dell’unitarietà dell’opera, inesorabilmente legata al tempo.
Questa rinuncia al controllo (che implica però una dilatazione all’infinito del gesto artistico) è, nelle parole dell’artista, la constatazione della “sproporzione fra noi e la realtà”, trasposta nel rapporto tra l’artista e la sua opera.
Il mondo della musica contemporanea ha conosciuto molte esperienze avvicinabili a questa, a partire da John Cage per arrivare alla musica auto-generativa.
L’arte di Bolognini si muove su questo confine, vive di una forma di dualismo tra la riconoscibiltà del “gesto” artistico e l’aleatorietà insita nelle tecnologie adottate.Nelle opere esposte a Villa Croce ed in Salita Pollaiuoli si aggiunge la dimensione dell’interattività.
Si tratta infatti di “Applicazioni di intelligenza collettiva” (CIM).
Chiunque può,con il suo cellulare telefonare al computer e modificare la conformazione delle linee che vengono proiettate sulla parete tramite l’associazione di due cifre da 0 a 99.
Bolognini ha progettato anche sistemi in grado di evolvere, cioè gli AIMS (Artificial Intelligence Mediated Sublime) oppure applicazioni online collegate ad una molteplicità di programmatori (ATLAS 2).
Un ulteriore elemento di ambiguità rispetto a quanto detto prima risulta essere il fatto che i cases dei computers, disposti liberamente sul pavimento in mezzo a grovigli di fili, hanno una loro valenza estetico-scultorea.
Del resto pare che anche l’artista, pur nel suo essere radicale, ami appropriarsi di una dimensione artigianale-grafica che si evince dalle sue parole sul retrocopertina del catalogo (Edizioni Neos):
“Non vorrei essere considerato un artista che crea certe immagini, nè un artista concettuale, am un artista che con le sue macchine ha effettivamente tracciato più linee di chiunque altro, coprendo superfici sconfinate”.
© copyright archphoto-Luca Mori
thanks to Federica Titone (Villa Croce Staff)