Andrea Repetto_Vittore Fossati: appunti per una fotografia di paesaggio
Parlare di Vittore Fossati non è molto facile, specie per chi ha la presunzione di conoscerlo bene e di conoscere altrettanto bene il suo lavoro. Si può apparire banali dicendo che è uno dei più valenti e profondi fotografi contemporanei di paesaggio, ma non bisogna dimenticare che “ai tempi di Ghirri”, quando nasceva una certa Fotografia Italiana, quella colta per intenderci, lui c’era. Non stiamo parlando dell’epoca degli Alinari o di Atget! “Viaggio in Italia” è del 1984, venti, non cento anni fa!
Se ripercorriamo il lungo elenco delle mostre che ha realizzato, dal 1979 ad oggi, sembra passato tanto tempo, quanta acqua passata sotto ai ponti (come quelli dello Scrivia, a Cassano Spinola, che Fossati a distanza di anni con immutata costanza continua a fotografare).
Parlare di un amico - ahimè lo riconosco - porta inesorabilmente al personale, a ricordare momenti di discussione che una volta terminati non vedi l’ora di trovare una nuova occasione per riprenderli. E con Fossati queste discussioni lasciano sempre molto. Figuriamoci poi l’ultima giornata trascorsa assieme, viaggio da Alessandria al Filatoio di Caraglio e ritorno compreso, per l’inaugurazione della mostra “Appunti per una fotografia di paesaggio”, ad oggi probabilmente la più importante, quella che racconta “stanze” del paesaggio dal 1986 al 2002.
Nonostante fossi ben preparato a ciò che avrei visto, la prima sorpresa è l’allestimento: abituato al classico 40×50 cm, le stampe a colori - sulla cui estetica so di non avere competenza per discutere - sono di dimensioni generose, prevalgono i formati 72×90 cm e 120×150 cm per concludere con un ingrandimento di addirittura 182×230 cm. Superato il primo impatto non si può fare a meno di notare l’elevata qualità sia delle stampe Lambda, che di quelle cromogeniche (che riguardano le svariate prove d’artista e la gigantografia), ma se fossero “carte de visite” sarebbe lo stesso. Le sensazioni che ci regala sono nei contenuti e non certo nelle dimensioni della carta.
Se non avessi occasioni di frequentarlo anche “sul campo”, direi che non usa la macchina fotografica, ma il nonio, tanta è la precisione geometrica che caratterizza ogni sua immagine. È proprio questo rigore geometrico, così come la ricerca delle citazioni delle forme ed i riferimenti tra gli elementi grafici, ritrovabili in ogni inquadratura, che conferiscono unicità - e talvolta irripetibilità - alle sue fotografie.
“Appunti per una fotografia di paesaggio”, “Genova”, “Uzbekistan”, “Polvere”, “Viaggio in un paesaggio terrestre” sono i capitoli che danno vita all’antologia, ma non si tratta di una suddivisione assoluta, spesso infatti, sfogliando il ricco catalogo, viene voglia di tentare di adottare, per la lettura, sequenze diverse da quelle previste dall’Autore.
Non ho mai visto, probabilmente perché non esiste, una fotografia di Fossati in cui qualcosa sia lasciato al caso e non posso quindi essere sorpreso dall’estrema perizia con cui ha curato la sequenza delle immagini, sia nell’esposizione che nell’impaginazione del volume.
Mi piace citare Pierangelo Cavanna in “Palinsesti e rime”, del 1999, ove lo definisce “un autore espressivamente maturo ma sempre rischiosamente disposto a rimettersi in discussione, a sottoporre a verifica le sue sofferte certezze”. Questo è il Vittore Fossati che, in apparenza, tenta di celare il proprio entusiasmo di fronte agli elementi che compongono il paesaggio, sia a lui familiare, come sconosciuto.
Spesso fa sua la frase di Walker Evans “adotto uno stile documentario senza essere un documentarista”, ma in realtà fa molto di più: condensa in ogni opera le proprie esperienze ed i fondamenti della propria cultura, inserendoli tra i giochi dei piani e delle linee, con il risultato di regalare immortalità ai suoi soggetti.
Settantanove opere, alcune composte da più stampe, in tiratura limitata, rappresentano un’imperdibile spaccato di fotografia contemporanea e l’importante catalogo, prodotto dalle Edizioni Marcovaldo di Caraglio (CN) è sicuramente destinato a diventare un punto di riferimento nel panorama della cultura fotografica.
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