Chito Guala_Genova ‘04 e il network delle città della cultura

Nell’ultimo decennio è andata crescendo la tendenza delle città a organizzare appuntamenti sportivi, culturali, espositivi di rilievo nazionale e internazionale: ed è maturata una riflessione sui “Mega Eventi” quali catalizzatori di rigenerazione urbana, con recupero di aree dismesse, realizzazione di musei e spazi espositivi, riqualificazione di infrastrutture e servizi.

I Mega Eventi comprendono manifestazioni sportive come le Olimpiadi, i mondiali di calcio, l’America’s Cup di vela; anche le Expo mondiali, comprese quelle di settore (i Saloni dell’auto o della nautica) si collocano tra questi appuntamenti. Altri eventi si muovono ad un livello inferiore di budget: mentre le Olimpiadi estive valgono almeno 6.000 milioni di euro, i summit internazionali (come i G8) partono da un finanziamento di 150 milioni di euro, ma hanno perso appetibilità dopo gli incidenti di Seattle, Goteborg e Genova.

Un altro network da 150/200 milioni di euro è quello delle “città europea della cultura”, iniziativa avviata nel 1985 su proposta dell’allora ministro greco alla cultura Melina Mercouri. Ogni anno i ministri europei della cultura scelgono una città che rispecchi valori universali (arte, storia, architettura, urbanistica) e che si muova verso verso la riqualificazione urbana. Genova presenta la propria candidatura nel 1996 in vista del 2001, elaborando una serie di progetti legati al mare, al “viaggio”, alla riqualificazione dei musei e al completamento del waterfront, già in buona parte recuperato da Renzo Piano in occasione delle Colombiane del 1992.

Genova ottiene la nomination per il 2004, insieme alla francese Lille. Le altre candidature vengono diluite negli anni fino al 2018.
La prima città insignita di tale riconoscimento è Atene (1985), seguita da Firenze (1986), Amsterdam (1987), Berlino (1988), Parigi (1989), Glasgow (1990), Dublino (1991).
All’inizio i risultati in termini di ritorno economico, turismo e visibilità internazionale sono modesti, mancando quella capacità organizzativa e progettuale che sarebbe maturata in seguito. Le prime esperienze si disperdono nell’offerta culturale generale, come avviene per Atene (arte e storia), Firenze (rinnovamento delle infrastrutture museali), Parigi (bicentenario della Rivoluzione francese).

L’occasione della città (o capitale) europea della cultura viene anche gestita con finalità diverse: per esempio, il 1992 legittima il protagonismo della Spagna, con Barcellona (Olimpiadi), Siviglia (Expo mondiale) e Madrid (capitale della cultura); Glasgow 1990 rappresenta il tentativo di fuoriuscire dalla “città industriale” e scommettere sulla cultura, destinando un budget consistente al citymarketing e incrementando nettamente i flussi turistici.

Dublino 1991 migliora l’offerta museale e valorizza la propria identità culturale; Anversa 1993 e Copenhagen 1996 ottengono una grande visibilità internazionale. Tessalonica 1997 persegue invece il disegno di essere legittimata come capitale culturale dei Balcani; Stoccolma 1998 punta decisamente sul design e sulla tecnologia, mentre Weimar 1999 avvia la ricomposizione dei rapporti culturali tra Est e Ovest, anche grazie ad una serie di anniversari che coinvolgono Goethe, Liszt, Gropius, Schiller.

Nel 2000, in occasione del passaggio al nuovo millennio, le città designate sono nove: tra di esse vi è Bologna, che punta sulla comunicazione, e avvia progetti di recupero: ex Manifattura Tabacchi, Sala Borsa, macelli, vecchie fabbriche.
Nel 2001 le città designate sono due (Rotterdam e Porto) e puntano sul pluralismo culturale; nel 2002 Bruges lavora sul centro storico (patrimonio Unesco), pur rifiutando la etichetta di città-museo, e Salamanca si presenta come “Città dei Saperi”. Graz 2003 approfondisce il tema della identità locale (la Montagna dei Ricordi), valorizza il centro storico barocco, e costruisce avveniristiche architetture in riva al fiume.

E Genova? Proseguendo la riconversione culturale e turistica avviata negli anni ‘90, Genova punta alla riqualificazione urbana (più importante delle mostre e delle iniziative culturali) e al completamento del watefront, dove oggi si muovono tre milioni e mezzo di city users con 700 nuovi posti di lavoro.

Prosegue così il disegno di un pieno raccordo tra la città e il mare, a partire dai i Magazzini del Cotone, il Millo, le Palazzine del ‘600, il Bigo e l’Acquario; l’area ora si allarga alla Darsena (Musei del Mare, Casa della Musica e Arte Contemporanea) e quindi si apre verso la Stazione Marittima. In questo percorso diventa centrale il progetto di Ponte Parodi: nel 2001 la gara internazionale è vinta da Ben Van Berkel, i lavori si concluderanno nel 2008; si tratta di una vera piazza multifunzionale verso il Mediterraneo, con tre poli dedicati a Musica e Conoscenza, Sport e tempo Libero, Viaggi e Scoperte. Genova quindi “ritorna al mare”, e valorizza l’identità di una città che nel vecchio porto ritrova la sua antica vocazione allo scambio e alla comunicazione di merci, uomini, idee, culture.
[Chito Guala]

Si ringrazia Il Giornale dell’Architettura per aver concesso il diritto di utilizzo del testo apparso nel numero di dicembre 2003

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