Ark3P_Archipensieri: Gianni Pettena

Per la prima volta in Italia l’antologica di Gianni Pettena. Ad ospitarla è la Fondazione Piaggio di Pontedera. Esposti sono disegni, fotografie, video, istallazioni che parlano di un’architettura che è figlia dell’arte, che guarda con curiosità l’architettura. Parola d’ordine contaminazione, gioco, ironia, per un architetto che si dichiara d’essere altro, un anarchitetto quindi. Lo spazio espositivo che ospita l’evento è un ambiente unico ricavato dal recupero di una parte degli ex stabilimenti industriali. Attiguo ad esso, il museo Piaggio che ospita la storia dell’attività industriale dello storico marchio dove è possibile contemplare l’evoluzione della mitica Vespa ed ammirare altri veicoli dalle avveniristiche forme.

All’esterno dello spazio allestito per l’antologica di Pettena, un’antica, quanto luccicante locomotiva su rotaie e un aereo due eliche ci ricordano che il marchio Piaggio non è legato solo ai veicoli su due ruote. All’interno la luce è dosata con parsimonia, lo spazio è piuttosto cupo e i video, installazioni arazzi, le fotografie, gli oggetti di design, i plastici, non cercano nessun rapporto di continuità: non poteva essere altrimenti per l’opera di un artista cosi eclettico che ha fatto della contaminazione tra le arti, la sua ricerca. Il continuo rimando a diversi mezzi espressivi, non disorienta ma diverte, incuriosisce ed affascina.

Aggirandoci tra le diverse opere si ha la sensazione di spiare all’interno di un diario personale, di essere dei privilegiati per venire a conoscenza di storie che fino a quel momento sembravano esser state gelosamente custodite. Le opere si predispongono come appunti, annotazioni, tracce ed indizi, archipensieri appunto, di un autore che immaginiamo generoso per averci mostrato tutto questo. Non ci sorprende affatto allora venire a sapere che la mostra è nata quasi per caso: le opere erano custodite nei magazzini della Piaggio …”e allora perché non esporle?”.

Gianni Pettena, negli anni sessanta esponente del movimento radicale, ha operato e opera tuttora in un ambito disciplinare non definito e definibile. Le sue architetture, sono contro-architetture. Con operazioni più proprie dell’arte performativa o situazionista risemantizza e aggredisce architettura gia esistenti. Il fine apparentemente ludico svela una radice anarcoide tesa a smantellare le più radicate certezze borghesi. Lo fa con garbo e, sorridendo, ricopre di ghiaccio una scuola, una casa monofamiliare, impachetta quasi con una tela a righe “Arnolfo”.

E’ una critica palese contro ogni frase convenzionale, contro il già detto.
Pettena parla una lingua non facilmente riproducibile, ma facilmente comprensibile.
I suoi gesti, precari, ci ricordano che l’architettura può anche non essere per sempre. Parole come identità, permanenza, genieus loci, di cui si è sempre riempito la bocca il postmoderno, ma anche l’avanguardia quando diventa maniera e accademia, perdono completamente di significato in un mondo che, come registra con forte sensibilità Pettena è troppo veloce e contraddittorio per fissarlo in regole.

Wearable Chairs, sono semplici sedie che dotate di lacci possiamo portarci ovunque sulla schiena come lumache. Bella quest’idea del design mobile, questo contro-design. La sedia non più come oggetto di arredamento da collocare in uno spazio, ma protesi del corpo umano, o abiti da indossare.
Usciamo dallo spazio espositivo e proseguiamo il cammino nel museo dedicato alla Piaggio. Qui l’ambiente è ampiamente illuminato, la luce è amorfa, non differenzia lo spazio, e le vespe e gli altri veicoli storici sono disposti con ordine rigoroso e puntualmente separate dall’osservatore da alte pedane o corde. L’almanacco tecnico è disposto su una specie di seduta, sembra per enfatizzare l’immagine trascendente che il museo attribuisce ai manufatti esposti. Ci torna difficile pensare addirittura che quelle sono le lambrette che abbiamo visto in tanti film come “Vacanze romane”. Gerry Calà sulla Lambretta a Forte dei Marmi rimane allora un ricordo lontano. È la poesia qui che manca… Il rapporto emotivo di vicinanza a cui ci aveva abituato Pettena con le sue opere, rende questo distacco ancora più fastidioso. In questo momento allora ci assale un interrogativo: perché Pettena l’anarchitetto, l’artista radicale, non ha proposto una contaminazione tra le sue opere e gli oggetti che raccontano la Storia della Piaggio?
Questo interrogativo forse nasce dalla delusione nel vedere un allestimento asettico, e ci piace pensare che un personaggio come Pettena avesse potuto disordinare, disorientare e arricchire la percezione anche di questo spazio che non attrae affatto nè diverte molto e allora pensiamo ad un’occasione mancata. Non è forse questa la metafora di ciò che ha rappresentato il movimento radicale nel panorama dell’architettura italiana, un’oasi d’ironia di liberta di gioia espressiva di colore, vitalità e generosità all’interno di un panorama assolutamente sterile, freddo ed accademico?

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