Emanuele Piccardo_La speranza dell’architettura

La speranza dell’architettura è ancora un anziano architetto torinese, emigrato nel 1946 in USA, il cui nome è Paolo Soleri. Ieri in un’affollatissima lezione ai partecipanti del Congresso UIA, nella giornata dedicata alla “Cultura”, Soleri ha parlato di etica, opportunismo, materialismo e speranza. Soleri per un’ora e mezza è stato “interrogato” da Antonietta Iolanda Lima, la storica dell’architettura palermitana che ha avuto il merito di leggere criticamente il suo lavoro. La platea eterogenea per età e professione ha ascoltato con attenzione il verbo soleriano, che rimane ancora oggi attuale. Il pensiero soleriano è apparso chiaro, seppur mediato dalla Lima (in misura preponderante ahimè!), concentrato sul racconto del concetto di arcologia (unione di architettura ed ecologia), miniaturizzazione, cosmogonia accompagnato dai disegni e dai plastici che meglio rappresentano la sua architettura. Soleri cerca attraverso la sua architettura di scardinare il sistema che regola il consumismo e alcune sue dirette manifestazioni come l’opportunismo e l’egoismo. Manifestazioni che determinano la deriva della società e degli architetti, impegnati sempre con maggior intensità ad assuefarsi alle leggi del mercato.

Il congresso UIA si rivela un carrozzone al cui interno non traspare un progetto culturale nonostante il titolo ambizioso “comunicare l’architettura”. Ancora una volta la cultura ufficiale non riesce a costruire un’occasione per affrontare con serietà le tematiche che caratterizzano il dibattito contemporaneo. In questo senso è esemplare l’incontro sul ruolo delle riviste nel diffondere l’architettura in cui si sono confrontati Stefano Boeri, Flavio Albanese, Bill Menking, Carlo Olmo, Cesare Casati, Marco Casamonti, Jiang Liu. Un dibattito autoreferenziale dove molti direttori sono anche progettisti e quindi si pone un problema etico–critico nella scelta dei progetti da pubblicare e valorizzare. L’assenza di una critica architettonica che sia capace di individuare le ricerche degli architetti definendone i valori ha determinato la crisi attuale dell’editoria specializzata, incapace nel proporre architetti non appartenenti allo star system. D’altronde la mancanza di un progetto editoriale che coinvolge le più importanti riviste italiane come Area, L’Arca e Domus evidenzia lo stallo della rivista cartacea nei confronti della rete. La rete, fino ad oggi sottovalutata, rimane l’unica alternativa innovativa per valorizzare in tempo reale l’architettura, con una produzione di contenuti scientifici elevati, i critici nei confronti del web affermano che non garantisce qualità culturale come la carta stampata. Durante il dibattito Marco Casamonti dichiara appunto l’unicità della rivista cartacea nel produrre qualità editoriale, come se il marchio storico di una rivista come Domus o Abitare fosse più titolato a produrre cultura architettonica rispetto alle webzine. In America invece è rimasta una sola rivista, Architectural Record, peraltro finanziata dall’associazione degli architetti, e quindi il ruolo della rivista cartacea si è notevolmente ridimensionato. Chi sono i lettori delle riviste? Architetti? Casalinghe? Operai? L’architettura è un’arte difficile da comunicare e forse è impossibile comunicarla, occorre una predisposizione, una sensibilità particolare da parte dei cittadini nel comprendere ed entrare “dentro” lo spazio.

[Emanuele Piccardo]