Filippo Romano_Ferry Boat, Ferry Blue



Transito

Transito, tra due mondi, due terre, tra il continente e l’isola. Il tema della ricerca fotografica di Filippo Romano, emergente autore milanese, di origine siciliana, interpreta e indaga il “passaggio” dalla Calabria alla Sicilia. Un dialogo visivo con la terra di origine è la matrice del lavoro, che rintraccia nel viaggio del ritorno la sua forza narrativa. “Non si può capire la problematica del ponte sullo stretto-afferma Romano- se non si capisce quello che è il transito”. Il transito come luogo dove cambiano gli atteggiamenti e il modo di vivere delle persone, dove il tempo ha un ruolo importante nella vita, dove ogni azione ha un suo tempo che deve sedimentarsi e divenire parte di ognuno. Proprio il salto temporale colpisce nel transito tra il continente e l’isola. L’agitazione metropolitana che ci accompagna nella vita quotidiana di colpo scompare di fronte alla quiete isolana, la quiete nella non speranza direbbe Vittorini, del nulla, del non fare niente tanto non succede niente. La visione antropologica della Sicilia racconta il senso dell’essere in quel particolare luogo che rappresenta un senso della vita diverso. Lo spirito dei luoghi ben descritto da Norberg Schultz, appare evidente nel lavoro di Romano, che pone delle domande costringendo i siciliani a riflettere sui valori che finora li hanno accompagnati e ne hanno condizionato la vita: il soldato che ritorna a casa dopo la leva, in uniforme si presenta alla famiglia, come se la divisa fosse un trofeo da esibire, un traguardo raggiunto. E allo stesso tempo pone l’attenzione sulla scelta di realizzare il ponte che unisce le due terre, oggi separate dal mare, sulla necessità di compiere un atto così forte.
Il transito assume un valore profondo, interiore, un modo di guardare al luogo con rispetto, inusuale per molti autori ben più noti che di recente si sono confrontati sullo stesso tema. Raccontare un luogo non come qualsiasi altro luogo ma raccogliere le energie che vengono emanate per interpretarle e ridarne una visione personale. Non si può più rappresentare un paesaggio, una città, una civiltà in modo uniforme e neutrale, senza farsi prendere per mano dallo spirito che il luogo stesso ha.
La scelta del mosso come codice linguistico influisce sulla percezione di un sentire un paesaggio mentale e fisico che appartiene all’osservatore attento, al viaggiatore che riesce ancora ad emozionarsi per il rumore del vento, le luci nella notte delle imbarcazioni da pesca, il mare attraverso il riquadro del finestrino, tutti materiali che appartengono all’esperienza del viaggio scandito dal tempo.
Anche il tempo della traversata ci conduce da un mondo ad un altro fatto di culture ed etnie diverse, che hanno contribuito a formare la terra siciliana, dove il rapporto con la storia ci accompagna quotidianamente in modo pesante.
La ricerca fotografica è invece leggera, quasi a levare questo enorme peso che determina anche inconsciamente le suggestioni e i comportamenti collettivi. E’ coraggiosa perché affronta le problematiche culturali di un popolo in modo diretto, dimostrando l’amore di un autore per la sua terra d’origine con l’intento di voler affermare, di mettersi in gioco, di rischiare , di scardinare l’interpretazione di una realtà, atteggiamenti dovuti al viaggio esperienza personale ricorrente nella vita di Filippo da Milano a New York a Messina.
[Emanuele Piccardo]