Francesco Gastaldi_Infrastrutture e territorio
Negli ultimi anni, in molte aree del nostro paese si sono fatte più frequenti le occasioni di dibattito e confronto sul tema delle nuove infrastrutture da realizzare per colmare un ritardo che si è progressivamente accumulato nei precedenti decenni. Uno dei cardini del programma dell’attuale governo sono stati, e sono tuttora, i grandi progetti, quasi tutti di trasporto, molto spesso tali opere vengono viste come necessarie per il miglioramento dell’economia nazionale e locale, ma scatenano conflitti e opposizioni locali che devono essere adeguatamente governati per non vanificare la realizzazione dei progetti.
Infrastrutture e sviluppo economico
Nel dibattito di molte realtà locali la voce delle istituzioni propone un potere “taumaturgico” delle grandi opere che vengono viste come indispensabili per nuovi processi di sviluppo e non come una pre-condizione per il miglioramento delle performance delle economie locali (migliore accessibilità, riduzione dei tempi e dei costi degli spostamenti casa-lavoro, diminuzione dei costi di approvvigionamento delle merci, facilità di commercializzazione dei prodotti).
Le infrastrutture da sole non bastano a mettere in moto processi virtuosi di crescita, come insegnano molti casi recenti di sviluppo di zone arretrate del Mezzogiorno, le opere stradali sono state di importanza fondamentale per il successo di molti sistemi produttivi che hanno dimostrato vitalità e competizione sui mercati, ma altrettanto fondamentali sono stati altri elementi in gioco quali ad esempio: il capitale finanziario (che dipende dal livello di ricchezza complessivo dell’area, dalla capacità di attrarre investitori esterni, dalla tendenza a reinvestire profitti realizzati, dalla presenza di istituzioni finanziarie), la disponibilità di risorse umane dotate di adeguati livelli formativi e la reperibilità di manodopera specializzata.
Un ruolo importante è stato giocato dalle infrastrutture locali e di ambito regionale, ma molto più importante si è rivelato il fatto che il sistema di mobilità locale fosse integrato con i grandi corridoi di trasporto nazionali e trasnazionali.
Vi sono poi altri due fattori, talvolta poco considerati, che possono influire sullo sviluppo di un territorio: il clima sociale generale (relazioni sindacali, sistemi di welfare municipale, politiche di integrazione, assistenza e sostegno alle fasce deboli) e la capacità istituzionale di creare occasioni per la crescita economica. Gli enti pubblici infatti possono svolgere un ruolo assai importante nell’intercettare possibilità e risorse finanziarie a sostegno dello sviluppo locale, nel guidare ed intercettare processi di trasformazione territoriale.
Come si vede dunque, il discorso è assai complesso e le variabili in gioco nella promozione dello sviluppo dei sistemi locali sono molte. Le infrastrutture da sole non bastano a generare, nuove chance di sviluppo; dalla realizzazione di un’infrastruttura non discende, in modo automatico, un benessere collettivo per la zona interessata, una volta dimostrata l’utilità di un’opera, questa deve essere supportata e integrata da una vasta serie di fattori di base (capitale finanziario, risorse umane specializzate, clima sociale), molti di questi fattori possono essere aiutati a crescere e a svilupparsi con un’efficace azione amministrativa da parte dei soggetti locali (istituzionali e non istituzionali).
In altri casi, non solo le infrastrutture non servono a generare nuovi processi di sviluppo, ma possono avere effetti negativi per i gravi esborsi finanziari che interessano l’amministrazione centrale e quelle decentrate, alcune Regioni, come Umbria e Toscana, non vogliono le grandi opere che le riguardano, perché le giudicano inutili. Le ferrovie hanno tentato invano di proporre al Cipe una soluzione meno costosa del prolungamento dell’alta velocità fino alla Sicilia, perché ritengono che non ci sarà mai abbastanza domanda, ma nonostante tutto le progetualità vanno avanti con il rischio di cantieri aperti e fondi insufficienti a finire le realizzazioni.
Infrastrutture e problemi di consenso
Scorrendo le pagine di molti giornali locali non è difficile incontrare storie di conflitti sui tracciati infrastrutturali, mancati accordi fra i diversi soggetti interessati all’opera da realizzare, opposizioni manifestate da comitati di residenti. Le discussioni sono spesso “sbilanciate” verso una logica da “euforia” progettuale che manifesta scarso raccordo con il territorio, che prevede grandi opere pensate senza un’idea di paesaggio e secondo una logica che, qualora si manifestino problemi con i cittadini, si preoccupa soltanto di nascondere il progetto per minimizzarne l’impatto.
Nonostante che in questi ultimi anni si sia fatto un gran discutere sulla necessità di un maggior coinvolgimento dei soggetti interessati ad un progetto infrastrutturale, spesso i progetti scaturiscono ancora dalle segrete stanze in una logica tipicamente top-down che si credeva superata senza adeguate procedure di coinvolgimento di soggetti locali (istituzionali e non istituzionali). Il risultato è che molto spesso i conflitti locali, se non adeguatamente ascoltati e governati possono creare un’empasse amministrativa che rischia di vanificare il progetto. Molte ipotesi di nuovi tracciati di cui si è dibattuto in questi anni hanno evidenziato una presunzione di consenso o un’errata valutazione dei problemi di consenso da parte delle istituzioni locali. Si è riflettuto poco sul fatto che la forma e la natura dei processi decisionali in caso di realizzazione di grandi opere infrastrutturali devono essere diversi da quelli adottati in altre procedure amministrative ordinarie. Inoltre, la ricerca di una soluzione condivisa ed efficace richiede un’equilibrata mediazione fra diversi approcci per superarne la settorialità (aspetti trasportistici, ambientali, urbanistici, finanziari).
Occorre partire dal presupposto che i grandi progetti infrastrutturali sono progetti territoriali oggettivamente complessi con vincoli localizzativi particolarmente influenti nella fase di progettazione, dove i soggetti pubblici incontrano “naturali” difficoltà di fronte a scelte di estrema complessità, il profilo della concertazione delle soluzioni e del consenso sugli obiettivi da raggiungere è viziato dal fatto che le soluzioni vengono legittimate dagli enti pubblici in base ad un interesse pubblico di scala vasta che si scontra con interessi particolari (spesso legittimi) a scala locale.
Il conflitto che può generarsi attorno ad un progetto infrastrutturale, se sapientemente indirizzato e “canalizzato” può aiutare il miglioramento del progetto, non va visto quindi come un fattore necessariamente negativo, al contrario può diventare una fonte di razionalizzazione, di successo e di efficacia. Il conflitto può far sprigionare risorse, idee, soluzioni innovative intercettabili ai fini di un miglioramento dell’efficacia delle scelte e delle azioni pubbliche.