Emanuele Piccardo_Pneus, gonfiabili niente di nuovo…però

Gonfiabile
Josè Prada, Centro di pattinaggio a Siviglia
Questo scritto nasce da una ricerca avviata insieme ad Anna Rita Emili/altro_studio che ci porterà nei prossimi mesi alla realizzazione di un libro sulle strutture pneumatiche gonfiabili e alla presentazione pubblica della Casa gonfiabile.

Perché oggi sentiamo parlare di gonfiabili come se fossero questa grande novità tecnologico-formale dell’architettura?

forse perché in giro c’è molta ignoranza, sia da parte di chi propone i gonfiabili, che non ne conoscono la storia e le ragioni di un fenomeno architettonico e sociale, che prese l’avvio tra la seconda metà degli anni sessanta e settanta e coloro che guardano al gonfiabile dal punto di vista degli addetti ai lavori (architetti, teorici e critici di architettura, studenti i più “truffati”).

Il problema per entrambi è la mancanza di conoscenza della storia dell’architettura, la scarsa attitudine degli architetti, non tutti s’intende, che empiricamente individuano nei gonfiabili la tendenza del fare architettura anticonvenzionale. I gonfiabili nascono come strutture temporanee che ripensano il modo di abitare un territorio attraverso architetture complesse realizze in PVC e aria che permettono una libertà formale che riflette forme arcaiche e zoomorfe.

Il concetto tecnologico è basato sull’elemento aria che diviene il materiale costruttivo portante del gonfiabile. Il gonfiabile costituisce l’evoluzione della capanna, della tenda, dell’insediamento nomade e si riappropria del rapporto tra l’uomo e il paesaggio. L’uso del gonfiabile consente un diverso,divertente e alternativo modo di abitare un luogo, nella città e nel paesaggio.
Un fenomeno che si è sviluppato mediante la semplicità di montaggio della struttura, e della capacità di creare con l’aria forme affascinanti. In tutto il mondo si sperimentano i gonfiabili, negli USA nei primi anni settanta, la Poor Willie Productions realizza anche un manuale di istruzioni d’uso per l’autocostruzione dei gonfiabili.

In occasione dell’International Viti-Viniculture Show di Mendoza in sudamerica nel 1971, un gruppo di architetti formato da Lagomarsino/Bacciadonne/Karlic realizza quindici cupole gonfiabili, collegate da un tubo lungo 230 m, che arrivano a coprire una superficie di 3500 mq.
Il principio base è l’autocostruzione che porta chiunque a costruirsi un gonfiabile come se fosse un lego, che lascia spazio all’immaginazione e alla fantasia.

Instant City/Ibiza, ad esempio, riporta alla mente le teorie del gruppo radicale inglese Archigram.
In occasione di un congresso gli studenti di architettura di Barcellona, sempre nel 1971, vengono “incaricati ” di realizzare strutture per l’ospitalità di 500-1000 persone con un budget di 200,000 pesetas. Ad Hoc Committee for the instant city persuade l’architetto madrileno José Miguel de Prada, specialista nei gonfiabili, di lavorare insieme a loro per il progetto della città istantanea. Viene così realizzato un prototipo “Pepito” che misura 16 m x 9m x 7 di altezza, cominciano a verificarsi i primi problemi tecnologici e l’adesivo con cui sono giuntate le parti del gonfiabile comincia a cedere, provocando, dopo tre giorni, il disfacimento del gonfiabile stesso.

Anche il grande “inventore” Frei Otto, autore dello stadio di Monaco di Baviera, ha studiato le strutture pneumatiche con una serie di schemi sulle possibili forme da utilizzare e sui comportamenti statici dei gonfiabili che oggi andrebbero re-interpretati individuando delle varianti ai progetti realizzati negli anni settanta e non riproposti in fotocopia senza aver realizzato ricerche teoriche, tecnologiche e formali.

Gonfiabile

Probabilmente fu l’ingegnere inglese Frederick William Lanchester a considerare per primo nel 1917, nonostante le diffidenze dei colleghi, l’uso del gonfiabile come sostituto di un metodo costruttivo tradizionale e di pensare ad un nuovo modello di città fatta di edifici gonfiabili.

Che utopia bellissima….poter costruire pezzi di città che si possono poi sgonfiare e rigonfiare da un’altra parte ed ecco qua laddove c’era una casa adesso c’è un vuoto o dove vi era un vuoto un edificio, forse questo carattere temporaneo del vivere avrebbe giovato al nostro modo di abitare il territorio….chissà. Forme organiche, curvilinee, cupole, anelli, serpentoni costituiscono un vocabolario del gonfiabile o se preferite delle strutture pneumatiche che possono consentire gli usi più diversi:abitazione, tempo libero (circo, bar, discoteca, campo da tennis…), esposizioni (fiere, congressi, raduni…), emergenza (guerre, catastrofi naturali…)

Quali sono i problemi,oggi, per costruire un gonfiabile?

Innanzitutto nella gran parte dei casi si ha la necessità di avere a disposizione un motore per il gonfiaggio continuo della struttura, di qui anche la debolezza del sistema costruttivo per ovviare all’inconveniente basta pensare al funzionamento di un salvagente dove l’aria prigioniera consente di mantenere la forma data nel tempo.
Un’altra problematica si riscontra nella forma in sezione del gonfiabile dove si nota come le forme più usate sono derivanti dall’arco, struttura più facile da autoreggersi rispetto ad esempio alle strutture verticali.

Gonfiabile
altro_studio, Casa gonfiabile 2002

Si può invece costruire una casa gonfiabile con l’aria prigioniera come nel progetto, elaborato da altro-studio.La casa è un monovolume formato dalle pareti verticali e dai lati inclinati della copertura che diventa un tutt’uno. In pratica le falde inclinate del tetto tradizionale diventano le superfici del parallelepipedo. Un’architettura studiata per esaudire la richiesta di vivere temporaneamente in contatto con il paesaggio e immersi nella luce naturale, dove il fabbisogno energetico viene soddisfatto attraverso dei sistemi fotovoltaici in silicio amorfo.

Gonfiabile
altro_studio, Casa gonfiabile dettaglio parete ad aria prigioniera

La grande qualità del gonfiabile è adattarsi a qualsiasi forma, rendendo l’architettura plastica.
Si può ipotizzare un pneu world? penso di si, perché costituisce un alternativa al modello di città attuale e risponde ai bisogni dei cittadini che desiderano riconquistare un rapporto arcaico con la terra. Il gonfiabile realizzato con aria prigioniera può essere utilizzato anche a scopo sociale se vengono studiate forme, tipologie e tecnologie: dagli spazi per il tempo libero agli edifici religiosi( si pensi ai quartieri privi di chiese o moschee), dalle palestre alle discoteche, dagli spazi giochi per i bambini ai laboratori artigiani.

Stefano Mirti del gruppo torinese Cliostraat insieme a Interaction-Design di Ivrea, Marco Canevacci di Plastique-Fantastique e Anna Rita Emili/Altro_studio sono quelli,che più di altri architetti, studiano i gonfiabili con risultati tecnologici e applicazioni teoriche differenti come alternativa al modo tradizionale di abitare e vivere un territorio. Sculture che “occupano” gli spazi nella città e nel paesaggio con funzioni quali: residenza, tempo libero, incontro.

Come ho dimostrato nessuno di loro si è inventato nulla, la storia dell’architettura, per chi la studia, ci racconta molti esperimenti legati all’uso del gonfiabile, anche se la concezione della casa gonfiabile di altro_studio ha una ricerca tecnologica più avanzata, rispetto anche alle sperimentazioni degli anni settanta. Infatti sia nelle strutture progettate da Mirti + Interaction Design che in quelle di Plastique-Fantastique il flusso di aria deve essere continuo. Nella casa gonfiabile, invece, l’aria prigioniera all’interno della struttura ne consente l’indipendenza energetica, che non è poco.

Certo sarebbe interessante se questi tre architetti riuscissero a interagire e fare rete tra loro, per studiare, ognuno seguendo la propria ricerca formale e teorica, i gonfiabili come alternativa allo spazio architettonico tradizionale e passare dal prototipo alla produzione in serie.

C’è solo un’avvertenza per noi architetti, continuare a fare ricerca documentandoci nelle biblioteche o su internet sconfiggendo quella superficialità che avvolge, come una peste del nuovo millennio, l’architettura.

[Emanuele Piccardo]

links

www.plastique-fantastique.de

M.Webb,Pneu World, in Architectural Design n.6, 1968, pp.256-272

Anna Rita Emili, La copertura tema architettonico, Diagonale, Roma 1999

Frei Otto, Artic cities,in Architectural Design maggio 1971, pp.329-333

AAVV; Les pneus, le systeme. Des structure pneumatique in Techniques et Architecture, n.304, 1975 pp.102-115