Emanuele Piccardo_Speciale su Adriano Olivetti
In occasione dei cinquant’anni della morte di Adriano Olivetti, avvenuta il 27 febbraio 1960, Archphoto dedica un approfondimento con interviste a Franco Ferrarotti, Furio Colombo, Aimaro Isola, Annibale Fiocchi, Luciano Gallino… Lo speciale che la nostra rivista dedica ad uno dei più importanti imprenditori e intellettuali dell’Italia del Novecento, avviene in concomitanza con la proiezione del film documentario “Lettera22″, girato dallo scrivente, che verrà presentato a Ivrea il 27 febbraio 2010. Per la ricorrenza si terrà una conferenza, organizzata da Effetto Serra e plug_in, con la collaborazione di Archphoto, dal titolo “Olivetti: un progetto politico di Comunità”, a cui parteciperanno il sociologo Massimo Ilardi, l’urbanista Paolo Berdini, il sottoscritto e il giornalista Vittorio Bonanni.
Sempre per questa occasione plug_in editerà la pubblicazione “Lettera22. Una ricerca di Emanuele Piccardo su Adriano Olivetti” con allegato il dvd del documentario “Lettera22″.
La città di Olivetti
Ivrea, Luigi Figini&Gino Pollini, Case per famiglie numerose (1941-42)
“Se il mondo che nasce vuole evitare nuove catastrofi e volgere verso mete superiori, occorre creare una società in cui la Persona abbia la possibilità immediata di esplicare la propria umanità e spiritualità”.
Adriano Olivetti, “L’ordine politico delle comunità”, Nuove Edizioni Ivrea, Ivrea 1945
In Italia il movimento moderno si è sviluppato per frammenti di città residenziale o industriale ma solo a Ivrea si è costruita la “città moderna”, esempio unico in Europa, fatta di residenze, asili, fabbriche, servizi per la comunità. Per trent’anni Ivrea ha rappresentato il luogo della sperimentazione nell’architettura, nella comunicazione e nella cultura proprio grazie alle innovazioni introdotte prima da Camillo Olivetti, ingegnere e fondatore dell’omonima impresa, e dal giovane Adriano poi che, dal 1933 al 1960, ha cambiato la concezione tradizionale della fabbrica, definendo nuove modalità di abitare lo spazio del lavoro affermando che “la fabbrica è per l’uomo e non l’uomo per la fabbrica”.
Ivrea,Luigi Figini&Gino Pollini, Officine Olivetti (1939-42)
Fondamentale in questo cambiamento di modello industriale è stato il viaggio compiuto da Adriano negli USA in visita agli stabilimenti Ford, ma soprattutto la sua attenzione verso i nuovi linguaggi espressi dall’architettura razionalista. La vicinanza d’età e l’affinità intellettuale con i giovani architetti milanesi Luigi Figini e Gino Pollini convinsero Olivetti nell’affidare loro l’ampliamento dello stabilimento in mattoni rossi costruito dal padre Camillo a fine Ottocento. Nacque così il primo edificio modernista con la facciata libera in vetro raccordato alla struttura esistente con un passaggio sopraelevato. La scelta della trasparenza va letta, non solo architettonicamente, ma nel significato che ha assunto nel tempo, come etica e morale nei confronti del lavoro svolto all’interno della fabbrica e visibile dalla strada: una forma di democrazia e trasparenza nell’agire quotidiano dell’Olivetti.
L’aspetto etico sarà la base su cui verrà fondata la “comunità” di Adriano, in cui l’attenzione verso la qualità comprende tutti gli ambiti: dall’organizzazione del lavoro al progetto degli spazi industriali, dall’abitare ai servizi sociali. Anche l’aspetto paesistico è stato importante nell’inserimento delle architetture nel contesto. Fu proprio Olivetti a chiamare gli architetti Figini&Pollini, Antonio Banfi, Ludovico B. di Belgiojoso, Piero Bottoni, Enrico Peressutti, per elaborare il Piano Regolatore della Valle d’Aosta (1936-37) a dimostrazione dell’interesse verso uno sviluppo urbano controllato del territorio.
L’architettura è stata lo strumento per veicolare il progetto politico comunitario olivettiano, unendo fabbrica e città, profitto e sociale realizzando di fatto una città a misura d’uomo.
“La società individualista, egoista-scrive Olivetti nell’Ordine politico delle comunità-che riteneva che il progresso economico e sociale fosse l’esclusiva conseguenza di spaventosi conflitti d’interessi e di una continua sopraffazione dei forti sui deboli, la società polverizzata in atomi elementari o spietatamente accentrata nello Stato totalitario, è distrutta. Sulle sue rovine-continua-nasce una società umana, solidarista, personalista:quella di una Comunità concreta”.
Ivrea, Luigi Figini & Gino Pollini, Asilo Nido a Borgo Olivetti (1939-41)
L’avanguardia di Olivetti si riscontra nel pensiero politico di una comunità federalista che consiste nella “competenza territoriale” di ogni comunità e dalla facilità con cui gli abitanti possano dialogare con i suoi organi di governo e controllarli. La visione olivettiana ha prefigurato gli scenari futuri, individuando un modello di welfare innovativo come l’assistenza sociale ai figli degli operai negli asili progettati da Figini & Pollini e Ridolfi & Frankl, nella colonia marina di Marina di Massa (progetto di Annibale Fiocchi e Ottavio Cascio) in quella montana di Brusson progettata da Claudio Conte e Leonardo Fiori (1960-64) e in quella diurna di Ivrea opera di Ottavio Cascio (1970-75). La stessa attenzione alla qualità delle architetture si è dimostrata sia per le residenze dei dirigenti nel quartiere di Castellamonte ad opera di Marcello Nizzoli e Gian Mario Oliveri (1948-55), sia per le abitazioni degli operai nei quartieri di Castellamonte, nei progetti di Figini & Pollini prima, e di Gabetti & Isola (1969-71) poi, nei quartieri di Canton Vesco, opera di Fiocchi & Nizzoli (1946-1952) e Ugo Sissa (1943), e di Bellavista, realizzato da Luigi Piccinato e Vittoria Girardi (1961).
La rivista Metron pubblicata dalle edizioni di Comunità_copyright Archivio Storico Olivetti
Architettura, design& editoria
Figini & Pollini, Annibale Fiocchi, Ignazio Gardella, Marcello Nizzoli, Ludovico Quaroni, Mario Ridolfi & Wolfang Frankl, Eduardo Vittoria, Igino Cappai & Pietro Mainardis, Gino Valle, Luigi Cosenza, Emilio Tarpino, Ottavio Cascio, Marco Zanuso, parteciparono alla costruzione della “città di Olivetti” che è continuata dopo la sua morte fino alla metà degli anni ottanta, in un progetto che non riguardava solo Ivrea, ma si estendeva alla qualità architettonica degli stabilimenti, delle sedi e nei centri di ricerca all’estero, in Sudamerica progettati da Zanuso, in Giappone da Kenzo Tange, negli USA da Louis Kahn, in Inghilterra da James Stirling. O ancora dei negozi realizzati per commercializzare le produzioni delle macchine per scrivere e dei calcolatori elettronici: in Italia da Carlo Scarpa a Venezia nel 1958, alla sede newyorchese della Olivetti nel 1954 e la Hispano-Olivetti nel 1964 a Barcellona, entrambe dei Bbpr. Dagli uffici Olivetti progettati da Egon Eiermann a Francoforte nel 1972 allo showroom di Gae Aulenti a Parigi. Non bisogna dimenticare il ruolo svolto dai designer che hanno reso possibile il successo imprenditoriale della Olivetti, in particolare Marcello Nizzoli autore della macchina per scrivere “Lettera22”, vincitrice del Compasso d’Orso nel 1954, scelta nel ‘59 come il primo tra i cento migliori prodotti industriali degli ultimi cento anni; la famosa “Valentine” opera di Ettore Sottsass; i manifesti e le pubblicità create dal designer Giovanni Pintori che hanno contribuito a far conoscere in tutto il mondo i prodotti eporediesi. Il pensiero di Adriano Olivetti non si è fermato solo all’architettura ma ha coinvolto la pubblicistica e l’editoria con l’obiettivo di diffondere la cultura, evitando l’elitarismo, consentendo ad esempio agli operai di accedere alla biblioteca durante le pause pranzo.
Le Corbusier, La Carta d’Atene, Edizioni di Comunità_copyright Archivio Storico Olivetti
Un ulteriore supporto all’azione culturale viene fornito dalla nascita della rivista Comunità (1946) al cui interno scrivono, tra gli altri, Geno Pampaloni, Eugenio Montale, Franco Fortini, Carlo Doglio, Giovanni Astengo, Emmanuel Monier… La fondazione della rivista SeleArte diretta da C. L. Ragghianti, le prime traduzioni di testi fondamentali come “In nome della ragione” e “La cultura della città” di Lewis Mumford, “L’organizzazione scientifica del lavoro” di Frederick W. Taylor, “Educare con l’arte” di Herbert Read, “La carta d’Atene” di Le Corbusier. E ancora i critofilm di Ragghianti dove si avverte “la necessità di conoscenza -afferma Antonella Greco- dei beni culturali italiani… L’obiettivo che qui si raggiunge -continua- è la comprensione, l’analisi della interna dinamica dell’opera d’arte”. Uno straordinario esempio di mecenatismo rinascimental-moderno che ha individuato nella rivoluzione della modernità una possibilità di sviluppo economico e sociale per la comunità senza creare diseguaglianze tra padrone e operai, ma basandosi sul concetto di condivisione del sapere in modo da definire una coscienza collettiva rispetto alla cultura del lavoro e del territorio canavesano.
Giovanni Pintori, manifesto delle pubblicità delle macchine per scrivere_copyright Archivio Storico Olivetti
Il futuro delle architetture olivettiane
In questa direzione si colloca la nascita del Maam (Museo a cielo aperto dell’architettura moderna) realizzato con il contributo economico dell’Unione Europea nel 1999 e inaugurato nel 2001.
Il Maam racconta le architetture attraverso stazioni tematiche di sosta lungo un itinerario prestabilito, in prossimità degli edifici, in cui il visitatore viene guidato alla conoscenza dell’architettura. In questo modo si contribuisce a costruire nel cittadino-visitatore una cultura architettonica direttamente dalla visione delle opere dei maestri dell’architettura italiana del novecento. Il progetto si pone l’obiettivo di preservare la memoria storica del luogo legata alla cultura industriale del territorio, il Canavese, che per mezzo secolo ha vissuto di una monoeconomia, alternando il lavoro in fabbrica a quello nei campi. Il Maam nasce sulla base della schedatura di 210 architetture di cui 186 case di abitazione, 8 edifici industriali, 6 edifici per uffici, 3 edifici per servizi sociali, 3 scuole, 2 edifici religiosi, 1 residence, 1 edificio multifunzionale. Un catalogo aggiornato che fornisce informazioni su ciascun edificio e sul suo stato di conservazione al momento del censimento. Allo stesso tempo la città si è dotata di alcuni importanti strumenti: il nuovo PRG di Ivrea (2004), redatto da un gruppo coordinato da Federico Oliva e Giuseppe Campos Venuti e la Carta per la Qualità che eguaglia la città antica/romana alla città moderna.
Ivrea,Roberto Gabetti & Aimaro Oreglia d’Isola, Quartiere residenziale ovest “Talponia” (1969-71)
In questo contesto normativo si inserisce il problema del restauro del Moderno, che nel caso di Ivrea ha consentito un cambio radicale di funzioni all’interno delle architetture a sua volta registrato da una serie di manomissioni e stravolgimenti architettonici non più governati da un unico soggetto, Olivetti, ma da una pluralità di committenze con esigenze e obiettivi non più omogenei.
“Il caso di Ivrea sembra infatti dimostrare che nel restauro degli edifici industriali moderni- afferma Enrico Giacopelli, - non è concretamente possibile occuparsi solo della “materia”, in quanto è sempre in gioco un uso nuovo che impone le sue regole. Dimostra però anche la necessità di salvaguardare l’idea, facendo governare il processo dal principio di “fedeltà al progetto originale” che, con tutta la sua ambiguità, è forse l’unico criterio utile per valutare la correttezza di un intervento di restauro anche di un edificio moderno”.
Ivrea, Eduardo Vittoria, Centro Studi ed Esperienze Olivetti (1954-55)
Oggi la riconoscibilità della qualità delle architetture-manifesto del progetto olivettiano, da parte delle proprietà che, dagli anni novanta a oggi, hanno unito il destino di Olivetti prima a De Benedetti, poi al gruppo Telecom (in quel periodo guidato da Colaninno) e infine a Pirelli Real Estate non appare così scontata. Di fatto le architetture una volta immesse sul mercato immobiliare devono sottostare alle sue leggi, per cui occorre un imprenditore illuminato per comprendere il valore architettonico e culturale della città olivettiana a prescindere dal dato economico. Per molto tempo si è protratto il problema delle destinazioni d’uso delle ex officine che ha raggiunto un assetto definitivo con l’inserimento dell’università di Torino e del call center di Vodafone laddove si producevano macchine per scrivere. Vodafone, affittuario di Pirelli, ha iniziato un’opera di valorizzazione dell’architettura ICO di Figini & Pollini promuovendone il restauro, impedendone così il degrado. La società di telefonia mobile ha commissionato il restauro dell’architettura, opera indiscussa del movimento moderno italiano, ad un team di progettisti composto dallo studio Enrico Giacopelli Architetti per il restauro dell’involucro esterno e delle facciate vetrate sulla via Jervis e sul fronte sud, mentre lo studio Dante Benini& Partners ha adattato alle nuove esigenze funzionali gli spazi interni. La qualità del restauro è valso il riconoscimento del premio Impresa Cultura nel 2007 a Vodafone, replicato nel 2009 dalla Medaglia d’Oro (menzione d’onore per la categoria restauro del moderno) della Triennale di Milano.
Un messaggio positivo per la salvaguardia delle architetture olivettiane viene confermato con l’elaborazione della domanda di candidatura di Ivrea a patrimonio culturale dell’umanità attuato da Fondazione Adriano Olivetti e amministrazione comunale che ha ricevuto anche il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
L’eredità di Adriano Olivetti
Lo slancio verso il futuro deve essere ben radicato nel passato, cercando di comprendere quale sia l’eredità culturale del pensiero di Olivetti. Una risposta possibile la fornisce il sociologo Franco Ferrarotti -unico eletto nel Movimento di Comunità al parlamento- quando afferma che l’industriale eporediese “era un utopista, un sognatore, un padrone illuminato. Ma l’aspetto più importante della sua opera riguarda il rispetto delle idee e dei valori. Adriano Olivetti era una persona che sapeva ascoltare e che usava il dialogo come unica alternativa allo scontro. Il suo pensiero è ancora oggi attuale per quanto riguarda l’architettura, la difesa del paesaggio, l’urbanistica, la civiltà industriale, l’economia di mercato. Quest’ultima quando è così forte come oggi rischia di modificare la società e trasformarla in una società di mercato; essa è una contraddizione in termini-continua Ferrarotti- vuol dire che la società è già morta perchè tutti i rapporti sono solo contrattuali ed utilitari. Viene meno il rapporto umano che ha valore in sé e per sé. L’umanità e i valori umani erano e sono ancor oggi la grande lezione di Olivetti”.
link
Fondazione Adriano Olivetti
Archivio Storico Olivetti
Olivetti, storia di un’impresa
RAI_La Storia siamo noi
RAI_RadioTre_Trasmissione Passioni su Adriano Olivetti in onda fino al 28 febbraio 2010
Mia Intervista a Radio Flash su Olivetti
Le fotografie delle architetture olivettiane a Ivrea sono dell’autore del testo e sono state realizzate all’interno del progetto della Provincia Torino/Eco e Narciso_Fotografia.