Mattia Darò_Ecoestetica?

1_ecosistemi
L’interesse/preoccupazione per l’ecologia e per una nuova sostenibilità ambientale si ripercuote sul mondo della ricerca in differenti forme. Dalle strategie alternative all’uso della macchina (carsharing, carpooling, motorini elettrici…) alle raccolte differenziate, alle nuove fonti energetiche per uno sviluppo sostenibile (energia eolica, solare…) oggi si è sempre più portati a pensare ad un mondo futuro che in fondo assomiglia al mondo perduto (quello arcaico, selvaggio e naturale).
Ma in realtà c’è una grande differenza. Ovvero che quello utopico desiderato oggi, in realtà, è comunque una natura artefatta, una natura riprodotta artificialmente sulla base di un sofisticato nuovo pensiero frutto del desiderio dell’uomo. Un po’ quello che il duo Crichton/Spielberg ci ha raccontato nella saga Jurassic Park. Dunque quelle che sono motivazioni fortemente etiche (la lotta all’inquinamento, la migliore connivenza sociale, un riequilibrio delle risorse del mondo) diventano un immaginario collettivo che produce una nuova tipologia estetica.

Joseph Beuys

Vengono in mente le performances di un’eco-artista come Joseph Beuys che è stato un pioniere dell’attenzione alla natura e l’ecologia, traducendo in arte il suo approccio romantico e spirituale alla vita. E con lui i land-artists (Morris, Smithson, Heizer, Cristo…) diversi come corrente artistica ma anch’essi capaci di destabilizzare il sistema dell’arte attraverso i loro interventi nel paesaggio, opere d’arte spesso incapaci di divenire un prodotto vendibile.
Sono ormai più di 30 anni che l’ecologia ha invaso il sistema della provocazione culturale, artistica, comunicativa. I tetti autostrade di Corbu sono stati sostituiti da tetti-giardino, più politicamente corretti. La crisi estetica delle città moderne ha reintrodotto immaginari bucolici nei desideri degli stessi city-users. L’alienazione metropolitana viene ribaltata dal sogno del villaggio Truman show, dal desiderio di un po’ di verde, due cani e “aria buona”. Ma poi gli stessi sognatori del cottage di campagna sono i massimi inquinatori perché utilizzatori di auto (magari una per ogni membro di famiglia). Ecco dunque che spesso si confonde sostenibilità con benessere, ovvero problemi sociali complessivi con capricci personali.

Truman show
Truman show, pianta della città

2_ecospazio
Oggi finalmente si ha una cognizione per cui la sostenibilità non significa solo conservazione ma è anzi una way of life. Le città stanno correndo ai ripari e sviluppando nuove formule per tentare di diminuire i consumi inquinanti dell’uomo moderno. Il caso di velib [1] a Parigi rivela come un vecchio sistema di trasporto come la bici (che ebbe il massimo della sua diffusione nei periodi di povertà, come quello della guerra) possa avere un grande successo. Oggi fortunatamente l’ecologia riguarda anche la città. Non è un qualcosa di sconosciuto che si incontra solo fuori dalle mura.

Velib, Paris

Oggi i problemi dell’ambiente riguardano tutti e tutto. Due recenti film hanno parlato della possibilità dello scioglimento dei ghiacci e dunque di un mondo completamente sommerso dalle acque. Uno, più spiccatamente fantasy, è Waterworld diretto da Kevin Reynolds nel 1995, che appunto racconta di un mondo completamente sommerso dalle acque con battaglie marine tra mutanti e umani. Una sorta di parabola della società contemporanea, vista nel mezzo di un enorme cataclisma. L’altro, più recente (2004) è The day after tomorrow, che sfrutta, per un classico blockbuster movie dell’esperto regista di catastrofi Roland Emmerich, proprio le ricerche più preoccupanti di chi opera nella ricerca del clima, raccontando l’improvviso scioglimento dei ghiacciai e la glaciazione dell’emisfero settentrionale. Una scena molto suggestiva dove alcuni sommergibili si scoprono una New York/Atlantide si trova anche in A.I. di Steven Spielberg. Cresce nel nostro immaginario e nel nostro pensiero l’idea di una natura che sta esplodendo e vuole riprendere i suoi spazi, con la forza di cui può essere capace. [2]

the day after tomorrow
The day after tomorrow, film di Roland Emmerich (2004)

3_eco architetture
Nel 2000 per il progetto di un padiglione di 1000mq per Alenia Spazio che aveva come tema “Lo spazio come ambiente”, all’interno della manifestazione Futurshow presso la fiera di Bologna, proponemmo di realizzare un grande contenitore bianco (realizzato con dei ponteggi e rivestito di tulle teatrale bianco su cui passavano delle proiezioni). Una volta entrati nel grande contenitore ci si trovava in una sorta di serra (un enorme prato con canne di bambù e papiri) attraversata da un percorso realizzato in lamiera di metallo zincato su cui erano posizionate alcune postazioni multimediali dove venivano trasmessi alcuni video. Sopra al prato erano posizionati dei modelli dei satelliti, costruiti da Alenia, utili a monitorare la terra dalle catastrofi naturali: desertificazione, nubifragi, controllo degli uragani.

Darò&Darò, Futurshow
Lo spazio per l’ambiente” al Futurshow di Bologna del 2000, progetto di darò&darò a.c.a.

In una area delimitata da un recinto di papiri era localizzata un’installazione di Studio Azzurro mentre immagini dello spazio passavano sui teli bianchi all’interno. L’installazione ebbe un effetto molto forte sul pubblico del Futurshow, abituato a stand commerciali e rumorosi, riuscendo a proporsi come momento di “pausa verde” nel frastuono tipico delle fiere.
In Francia ormai da diversi anni si è proposta una nuova generazione di architetti/paesaggisti che lavora moltissimo sul dialogo tra architettura ed ecologia (tra i vari: François Roche, Edoard François, Duncan Lewis, Michel Desvigne, Gilles Clement e anche alcuni lavori di Lacaton&Vassal).

Lacaton&Vassal

Lacaton&Vassal, Maison a Lège, Cap Ferret 1998

Proprio guardando le loro opere si nota la diversità di come l’approccio etico (la Maison à Lège di Lacaton&Vassal) sia poi simile alla ricerca estetica (la tower flower di Edoard François) e come poi tutto si colleghi fortemente alla tradizione della scuola di paesaggio francese (vedi l’approccio teorico di Gilles Clement nel Manifesto del terzo paesaggio).

Edouard Francois, Tower Flower

Edouard Francois, Tower Flower

Dunque sembra cominciare ad essere credibile un’utopia possibile per cui i prossimi suoli delle nostre città saranno tutti verdi come negli alienanti spot della Mulino Bianco, dove il manto erboso invadeva i luoghi iconici di Roma, o come l’installazione di West8 realizzata a Roma nei Mercati di Traiano nel 2004 per la manifestazione WonderHolland e la città sarà percorsa solo da bici e pedoni.

Mulino Bianco
pubblicità del Mulino Bianco dirette dal regista indiano Tarsem Singh (1994)

In fondo se l’archetipo moderno delle città è New York, l’archetipo moderno dei parchi urbani non può che essere Central Park, un rettangolo di dimensioni 4km x 800m (3,4kmq) che interrompe l’urbano, un’oasi verde in mezzo al delirio metropolitano, un “monumento continuo” dedicato al verde, un’infrastruttura ambientale, ovvero l’inverso dei suggestivi disegni del noto progetto di Superstudio.

[Mattia Darò]

Central park

[1] Velib è una nuova iniziativa del Comune di Parigi, volta a proporre soluzioni alternative per il trasporto urbano. Sono state installate su tutto il territorio comunale delle stazioni di biciclette, usufruibili da qualsiasi utente previo piccolo abbonamento (alla fine dell’anno è prevista l’installazione di 20.600 bici per 1451 stazioni). L’utente ha a disposizione mezz’ora per effettuare il suo spostamento verso la zona dove deve recarsi e lasciare la bici presso un’altra stazione. Passata mezz’ora viene addebitata una tariffa che cresce esponenzialmente rispetto al tempo che si tiene la bici. L’intento è chiaramente di enfatizzare l’uso rapido e diversificato del servizio, così da creare una forte mobilità. Iniziative gemelle sono nate anche a Berlino, città deputata da tempo all’uso della bici, Salisburgo, Vienna.

[2] Si veda il catalogo della mostra “Ce qui arrive…” curata da Paul Virilio, svoltasi alla Fondation Cartier di Parigi nel 2002/2003