Emanuele Piccardo_L’Arcologia di Paolo Soleri
Parlare di arcologia, ossia dell’unione tra architettura ed ecologia, richiede una precisazione più approfondita del suo significato, che può essere data solo dal suo inventore, Paolo Soleri.
“Arcologia. Città a immagine dell’uomo e pertanto tridimensionale -afferma Soleri- complessa, miniaturizzata. L’arcologia è architettura in quanto materializzazione dell’ambiente umano, ed ecologia come equilibrio fisico, biologico e psicologico di condizioni che tengono conto del luogo specifico e, della sua partecipazione all’intero. Così complessa in prospettiva, sana nella struttura, sottile e flessibile nelle infrastrutture, e con tanta forza di miniaturizzazione da alterare nella sostanza l’ecologia locale nella direzione umana, l’arcologia è un meccanismo necessario per il processo di interiorizzazione del mondo e del concetto di massa energia (la materia che diventa spirito)”.
La miniaturizzazione, ossia la riduzione fisica delle parti che compongono la città, porta ad elaborare una città alternativa a quella proposta dal mercato, in cui allo sprawl si oppone la concentrazione in una stratificazione funzionale, come accade nel progetto, in parte realizzato tra il 1971 e il 1990 e tuttora in corso, di Arcosanti.
L’arcologia è un sistema indipendente e autonomo nel senso che al suo interno sono contenute le funzioni necessarie alla vita della città: residenze, centri di ricreazione, attività agricole ed educative. L’agricoltura è uno dei mezzi di sostentamento della comunità in una condizione storica pre-industriale, aderente al concetto di vita frugale, cioè al raggiungimento del fabbisogno necessario ed essenziale, mai superfluo, come confermano le parole di Soleri “…l’uomo ha fin dalle sue primissime origini costruito o riorganizzato le ecologie… ha trasformato continenti lavorando su scala cosmica attraverso l’agricoltura”.
Accanto all’agricoltura, l’artigianato rappresenta la reale economia di Cosanti e Arcosanti fin dalla loro fondazione. Attraverso la produzione delle campane in ceramica e bronzo, disegnate dall’architetto torinese, utilizzando le tecniche apprese a Vietri da Vincenzo Solimene, si ottiene il sostegno finanziario necessario al funzionamento e alla realizzazione di Arcosanti.
L’attenzione strenua nel riformulare l’economia della città si inserisce in un contesto globale dove altre economie, che nascono direttamente dai produttori (siano essi agricoltori che piccoli imprenditori), si pongono come alternative al mercato gestito dalle multinazionali. In questo senso appare non lontana l’esperienza dei forum sociali no global, in cui si definiscono proposte di economie alternative al consumo che applicano un modello di società differente da quello attuale, e la città progettata da Soleri.
Soleri realizza nel deserto un frammento di città fatto a somiglianza di un villaggio, in cui la dimensione attuale ne condiziona la vita. Arcosanti è pensata per 5000 abitanti su un territorio di 25 acri, lasciandone liberi altri 4060: un luogo di dimensioni troppo esigue rispetto alla realtà americana e alla percezione urbana dei suoi cittadini. La costruzione di Arcosanti avviene con il supporto fondamentale degli hippy, contestatori del modello americano in funzione di un mondo fatto di libertà, pace, amore, annullando ogni diversità culturale, etnica o religiosa e da chi oggi ricerca un modello alternativo di società. Soleri individua nel laboratorio urbano il mezzo per il raggiungimento dell’arcologia, sperimentando la costruzione della città sul campo con cittadini, architetti e studenti nell’ottica di una maggiore partecipazione della società.
Le relazioni tra gli uomini sono alla base della comunità democratica di Soleri, una sorta di Soleritown, in cui l’architetto è il guru, il profeta, il committente e l’artefice contemporaneamente; un profeta seguito dai Soleriani, pochi, fedelissimi, che cercano di divulgare il suo pensiero.
Spazi aperti e accessibili a tutti, abitanti e ospiti, definiscono una città che vive e si nutre del SOLE quale elemento primario della sua esistenza, in cui tutto viene svolto in una dimensione spaziale e in un tempo diverso da quello frenetico della città del consumo. Il rapporto spazio-tempo è determinante per lo sviluppo delle attività quotidiane: ad Arcosanti le giornate sono molto lunghe, s’inizia presto a coltivare la terra e all’imbrunire la città si chiude in se stessa. Gli edifici sono strutturati attraverso l’inserimento di funzioni che si modificano durante la giornata al variare del sole.
In Arcosanti Soleri sperimenta tipologie differenti, come avviene per le case a patio aggrappate al dorso dell’abside della Foundry, dove il patio diviene fulcro della distribuzione funzionale; o, ancora, con il blocco di alloggi-cubo dell’East Crescent, che ruota attorno all’anfiteatro all’aperto, dove il patio regola questa volta l’entrata del singolo alloggio, definendo un dialogo con le precedenti case realizzate negli anni settanta. “Ad Arcosanti la vita procede attraverso percorsi ambientali di complessità sempre crescente; tali percorsi sono collocati in spazi strettamente strutturati alla scala individuale. Ad ogni progredire delle complessità relazionali corrisponde una contrazione del sistema dei percorsi e dello spazio singolo sino alla cellula”.
Nella città di Soleri non si usa l’auto e i percorsi sono una promenade architecturale lecorbuseriana, che mostra ai suoi abitanti la bellezza del deserto, la sua durezza, e consente di compiere dentro e fuori l’architettura un’esperienza spaziale e temporale in ogni fase della giornata. La città è reperto archeologico/arcologico di se stessa, contemporaneamente presente e passato, come se fosse appartenuta alla terra, ancora prima della sua fondazione.
L’intransigenza di Soleri ha condizionato lo sviluppo del progetto, evitando ogni compromesso con il mercato e le sue leggi in quanto vivere ad Arcosanti è una scelta votata al cambiamento della società verso una nuova coscienza ambientale. Allo stesso tempo l’architettura costruita a Arcosanti rivela nella sua stessa esistenza l’aporia del progetto soleriano: ringhiere e tetti sono il risultato della non conoscenza dell’idea originaria. L’anarchia diffusa degli arcosantiani, nel modello di vita e nella costruzione della città, sottolinea la dipendenza dal suo fondatore: che sorte avrà Arcosanti? I Soleriani riusciranno a portare a compimento il progetto?
Paradossalmente, abitare ad Arcosanti determina una modalità di comportamento speculare all’abitante dello sprawl, in entrambi i casi le azioni individuali sono condizionate dalla tipologia di insediamento sul territorio. Solamente la riduzione di occupazione del suolo proposta da Soleri, rispetto alla percentuale occupata dalla città del consumo (solo il 2% del territorio viene utilizzato contro il 60% destinato ai servizi per l’automobile, ossia strade, parcheggi ecc), e il maggior risparmio di energia mediante sistemi solari passivi (serre, sistemi di ventilazione naturale, vegetazione, acqua) segnano le differenze culturali tra i due modelli: sprawl e arcologia.
Il modello di vita del cittadino, abitante della casa unifamiliare nel sobborgo di Phoenix, ha la stessa forza ideologica dell’arcosantiano che vive isolato in mezzo al deserto coltivando la terra.
Arcosanti viene percepita come una comunità spirituale ed utopica, al di fuori da ogni materialismo a cui, però, nessuno, soprattutto negli USA, è pronto a rinunciare per ricostruire il futuro dell’umanità. Nessuna metropoli americana, infatti, ha fatto proprio il laboratorio urbano soleriano come modello per la fondazione di una nuova città o di un nuovo quartiere, dimostrando sfiducia verso una città alternativa a quella prodotta dal mercato. Non è dimostrabile se in un altro contesto geo-politico, come quello europeo, Soleri avrebbe avuto vita facile nel promuovere e vedere applicate le proprie teorie: certamente l’America, luogo dove nasce il consumo, non è quello stato in cui si riescono a modificare, con la forza delle idee, comportamenti sociali nati due secoli fa.
Ciò dovrebbe definire un nuovo approccio nella gestione del territorio anche in senso ecologico. Può la proposta di Soleri diventare modello di città? Può modificare nel tempo la coscienza delle conseguenze sociali dell’architettura, che deve svincolarsi dalla logica del profitto, abbandonare l’enfatizzazione della città generica alla Koolhaas che cavalca il mercato, assecondandolo?
Il testo qui è presentato è un estratto dal libro di Emanuele Piccardo e Filippo Romano “soleritown”, un progetto editoriale di plug_in sostenuto da Provincia di Torino, Ordine Architetti Torino e Fondazione Ordine Architetti Torino, le fotografie a corredo del testo sono state realizzate da Emanuele Piccardo ad Arcosanti nel giugno 2006.
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