Jean-Francois Seguin_L’observatoire photographique
L’Observatoire photographique du paysage è nato nel 1991 in Francia da un comitato fondatore formato dai rappresentanti delle istituzioni legate allo sviluppo del territorio, della cultura e della fotografia. L’intento fu creare una lettura fotografica delle trasformazioni del paesaggio come complemento della cartografia e delle foto aeree. Fin dall’inizio sono stati coinvolti degli artisti fotografi, atttraverso una doppia lettura nel tempo, passato e futuro.
In una prima fase l’Observatoire ha individuato, catalogato e selezionato le fotografie di inizio novecento, ma anche più vecchie, ritenute interessanti per i contenuti espressi e la qualità fotografica. La seconda fase ha permesso di raccontare il paesaggio contemporaneo attraverso sguardi affidati ai fotografi contemporanei, in particolare le prime quattro campagne sono state affidate ai fotografi (francesi) che hanno partecipato alla Mission Photographique de la DATAR (1984).
Il progetto consiste nell’assegnare al fotografo un luogo, il fotografo ha libertà di scegliere con quali modalità affrontare la ricognizione fotografica, successivamente a distanza di uno o più anni, lo stesso o un altro fotografo, ritornano in quel luogo per fotografare dallo stesso punto di vista in modo da confrontare le due immagini e verificare se sia avvenuto un cambiamento radicale o minimale. Quest’idea di osservatorio consente di usare la fotografia per controllare le trasformazioni che il paesaggio subisce. Come afferma Caroline Mollie Stefulesco nell’introduzione a “Séquences Paysages - revue de l’observatoire photographique du paysage - 2000″, dal 1992 al 1999 il budget destinato dal Ministero dell’Ambiente è stato di 6,5 Milioni di franchi (pari a circa 1,9 miliardi di lire). L’observatoire ha prodotto, fino al 1999 circa 2400 fotografie, mostre, dibattiti e la redazione di una rivista che informa sull’attività svolta, le campagne fotografiche realizzate, i fotografi coinvolti e con la pubblicazione delle immagini, realizzate ad anni diversi, messe a confronto tra loro.
[Emanuele Piccardo]
Sguardi mobili su Mont Saint Michel
Il metodo dell’Observatoire che impone la fissità dell’inquadratura al momento dello scatto fotografico è adatto allo sguardo degli itinerari contemporanei poichè si può pensare che su di un periodo di dieci o quindici anni la nostra sensibilità e il nostro modo di vedere i paesaggi rimangano stabili.
Ma che ne è il seguito delle riprese fotografiche che si estendono su periodi lunghi nel corso dei quali anche lo sguardo si evolve?
Uno dei paesaggi suscettibile di diventare l’oggetto di una riflessione su questa questione è Mont Saint Michel, soggetto di innumerevoli fotografie, ma solo poche realizzate su committenza pubblica (1). L’insieme più abbondante appartiene senza dubbio al genere pittoresco, dedicato al pellegrino e al turista. Esse sono state massicciamente vendute (nel 1926 i 180.000 visitatori hanno spedito 1,5 milioni di cartoline dopo l’apertura del’ufficio postale nella strada del villaggio).
Ricostruzione di una cronologia delle riprese fotografiche
Abbiamo ricercato in un insieme di più di 600 fotografie, prove argentiche o carte postali realizzate tra il 1870 e oggi, quelle che corrispondono alla visione più emblematica del luogo. Le riprese fotografiche offrono il lato sud a chi, percorrendo la diga, è all’inizio della visita turistica, a duecento metri dai bastioni ,immediatamente a monte della rampa di accesso al parcheggio ovest. Una selezione di nove fotografie corrispondenti a questo punto di vista sono presentate e coprono un periodo di circa un secolo. Possiamo distinguere due periodi.
Il primo si estende fino alla seconda guerra mondiale dove l’evoluzione del sito è importante e talvolta contradditorio.
La diga-strada e la freccia si inscrivono durabilmente dopo che il treno(1901-1938), il museo, la Maison rouge, la Maison blanche apparirono per sparire alla fine degli anni trenta.
Il secondo periodo dopo il 1950, è quello di una più grande stabilità degli elementi costruiti. In compenso l’occupazione insidiosa e continua del sito per le automobili aumenta. Sulle immagini, il Mont Saint Michel occupa lo spazio per inscrivere la sua silhouette triangolare, come riassumere in sè il paesaggio intero. Solo le necessità della composizione offrono un primo piano dove le variazioni sono il principale interesse pittoresco poiché è là che il fotografo può intervenire per suggerire, in maniera discreta l’ambiente:personaggi in posa, mezzi di trasporto parcheggiati,senza che, per questi ultimi, si sappia se il proposito è deliberato o di circostanza.
Evoluzioni dello sguardo
Grazie alla datazione delle immagini, fondata sulla condizione delle costruzioni, l’insieme delle immagini è stata raggruppata in periodi per distinguere le atmosfere paesaggistiche che i fotografi hanno voluto rendere.
Esse sono organizzate sempre nello stesso modo:uno o più personaggi posano davanti al monumento segnando così la realtà della visita. Sono stati considerati quattro periodi: prima del 1879, dal 1880 al 1914-18, fra le due guerre e dopo la seconda guerra mondiale. Durante il primo periodo, il Mont Saint Michel è isolato, quasi desolato, il ricordo della Maison d’arrêts è ancora vivo. Non frequentato che da qualche artista e raro pellegrino, è a quest’epoca che acquista lo stato di monumento storico e diventa un grande sito romantico dove Michelet redige, nel 1870 la leggenda: “…arrivai alla rocca, alla gigantesca abbazia, chiostro,f ortezza e prigione, di una sublime atrocità, veramente degna del paesaggio…”. Tuttavia però il principio romantico del paesaggio ha bisogno della presenza umana. I pescatori a piedi e particolarmente le donne si avventurano sulla spiaggia, si armonizzano al paesaggio romantico dove la desolazione si legge nell’aspetto miserabile dei personaggi. Théophile Gautier e Edouard Le Héricher li accomunano a dei beduini, aggiungono ancora all’impresssione desertica che procura l’immensità della spiaggia. Si conformano alla visione di Victor Hugo: “Il Mont Saint Michel appare di otto leghe in terra e di quindici in mare, come una cosa sublime, una piramide meravigliosa dove ogni strato è una roccia enorme lavorata dall’oceano o un alto abitacolo scolpito nel Medioevo, e questo bloccho mostruoso ha per base talvolta un deserto di sabbia come Cheope, talvolta il mare come Tenerife”. Durante il secondo periodo il turismo si sviluppa sotto l’impulso del Touring-Club francese che organizza il tempo libero delle classi sociali agiate. E’ così che sotto la pressione di questa potente associazione che la legge di protezione dei monumenti naturali sarà votata nel 1906.
Tre sono i principali ambienti paesaggistici che sono sviluppati dalle fotografie realizzate d’allora in poi:
il primo riprende il tema dei pescatori a piedi ma in un modo più pittoresco.
E’ tanto più il beduino che fa il paesaggio che non l’indigeno tipico, veritiero del paesaggio-tipo il pescatore rappresenta un’iconografia importante fino alla seconda guerra mondiale.
Il secondo ambiente è pastorale, motivo per eccellenza del paesaggio francese, che utilizza qui l’agnello “pré-salé” e il pastore per organizzare in modo piacevole il primo piano. In secondo piano la silhouette del monte crea la profondità di campo. Questo archetipo appare piuttosto come la ripetizione di un motivo conosciuto che come una lettura specifica del luogo.
Apparsa all’inizio del secolo, questa interpretazione pittoresca, persiste fino ai nostri giorni ma con meno intensità.
Il terzo ambiente corrisponde ad una delle più importanti leggende del sito, quella del pericolo del mare. In effetti dalla fondazione del Santuario nel 708, il Mont Saint Michel diviene uno delle principali destinazioni del pellegrinaggio. Le spiagge erano allora guardate come uno spazio redentore, a immagine del deserto biblico dove Mosè guida gli Ebrei verso la terra promessa.
Qui l’isola rappresenta il Paradiso nell’immaginario dell’epoca;la traversata era dunque il compimento sulla terra del viaggio incerto che l’anima del credente intraprende dopo la morte.
La restituzione di questo ambiente paesaggistico è illustrato con la rappresentazione dei mezzi di accesso al monte, che siano essi tradizionali, come le “voitures de Genêts” o risolutamente moderni come i tramway messi in servizio a partire dal 1900. E’ quasi contemporanea alla costruzione della diga-strada nel 1879 ed al dibattito di cui è stata oggetto.
L’evoluzione delle mode del trasporto, che a partire dagli anni venti da la priorità all’automobile, esaurisce questa sorgente di ispirazione pittoresca. L’altro modo di rappresentare il pericolo del mare è un’immagine dello stesso intorno al monte, con un effetto di tempesta che forma una composizione spettacolare. Queste onde sono, dopo le marine di Gustave Le Gray, uno degli archetipi dei paesaggi costieri. La realtà di questa situazione è eccezionale, il mare non cinge l’isolotto che pochi giorni ogni mese e, quasi sempre, al mattino presto e la sera tardi; mentre la maggior parte dei turisti visitano Mont Saint Michel fra le ore 11 e le 17, quest’assenza del mare, che noi sappiamo verrà come un cavallo al galoppo, è una delle impressioni più potenti di questo “alto luogo”. Per queste ragioni, le immagini che evocano questo ambiente paesaggistico appartengono più all’immaginario che alla percezione reale, che è sottolineato con il fotomontaggio evidente o il ritocco grossolano.
Le fotografie istantanee realizzate con mare alto mostrano, in effetti, un mare molto calmo, situazione che è la più abituale. I fotografi ricorrono allora alla “messa in scena” collocando in primo piano un volatile. Questa vista è caratteristica degli anni cinquanta-sessanta dove i pericoli della marea sono meno sentiti, mettendo in evidenza una natura accogliente e supporti per il tempo libero. Dopo il 1962 i parcheggi per i visitatori sono organizzati sempre più efficacemente all’estremità della diga ai piedi stessi del monte. La nozione di traversata non è più percepibile e quella del pericolo del mare ancora meno. Questo immaginario non è tuttavia totalmente scomparso dalla lettura del sito e gli editori di fotografie installano un nuovo “pittoresco”, una nuova leggenda del paesaggio: la natura.
Assente dall’iconografia della baia di Mont Saint Michel fino dagli anni sessanta, la rappresentazione degli animali selvaggi permette di trasportare il carico spirituale del luogo, che è al’origine dei pellegrinaggi, con un valore contemporaneo, quello dell’ecologia, che è migliore del turismo di massa attuale. E’ così che appaiono d’improvviso degli uccelli, talvolta grossolanamente dipinti, poi degli animali risolutamente marini e amici, i delfini, dove il salto si inscrive in un immagine composita, che deve il suo “pittoresco”, più al grafico che al fotografo.
In conclusione, il percorso nell’evoluzione reecente del paesaggio della baia di Mont Saint Michel mostra che le trasformazioni più sensibili sono quelle degli uomini che l’animano, piuttosto che quelle delle costruzioni che hanno realizzato per importanti che esse siano.
Nel paesaggio l’uomo è fugace, cosi che le fotografie realizzate con delle macchine di grande formato lo rappresentano sotto un’apparenza fantomatica. Pertanto è la presenza dei personaggi, i loro gesti che danno in fin dei conti il senso al paesaggio, al loro paesaggio.
[Jean-François Seguin]
Responsabile del Bureau des paysages
Ministère de l’Aménagement du territoire et
de l’Environnement
1 - La “Mission Héliographique” contiene almeno una vista realizzata nel 1851 da Édouard Baldus; ma la DATAR nel 1984 non ne mostra alcuna. La commissione dei monumenti storici esamina nel 1874, di 62 riprese effettuate, su commanda della stessa, da Delmaet e Durandelle. Tuttavia il dossier di classificazione del sito nel 1987, comprende solo le fotografie realizzate dagli ispettori del sito. Senza dubbio è stato valutato che il luogo fosse sufficentemente rinomato perché una nuova commanda pubblica non potesse aggiungere nulla.
(tratto da “Séquence paysages-revue de l ‘Observatoire Photographique du Paysage - 2000″, Arp Éditions, Bruxelles 2000)
Si ringrazia Mr. Seguin per la disponibilità e la concessione del diritto di utilizzo del testo e delle immagini.
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