Emanuele Piccardo. Holiday Houses
Richard Neutra, Kaufmann House (1946-47), fotografia Emanuele Piccardo Holiday Houses è la nuova indagine critica che fa apparire il quarto numero di archphoto2.0 come quello più architettonico, senza quell’attraversamento disciplinare e quell’orientamento politico che ha caratterizzato le altre uscite editoriali. Il tema nasce dal viaggio che ho compiuto nel luglio 2012 in California, dove la presenza di case per vacanze assume notevole importanza, non soltanto a Los Angeles, nelle note Case Study Houses, ma soprattutto nella cittadina di Palm Springs, nota località di villeggiatura dei divi hollywoodiani. Si, perché proprio loro furono la causa positiva dello sviluppo urbanistico, architettonico ed economico della città dal microclima equilibrato e secco. Osservando le case, le ville, i motel, gli edifici pubblici, realizzati a partire dagli Anni Cinquanta del secolo scorso, si percepisce quanto l’architettura moderna abbia influenzato le scelte linguistiche per costruire tutta la città. Fu merito dell’agenzia immobiliare di George e Bob Alexander se la scelta si diresse verso il modernismo e non verso il vernacolare di origine spagnolo, come gran parte dell’architettura storica losangelena. In questo modo si veniva formando in me l’idea di individuare in Europa delle situazioni paragonabili a Palm Springs, senza tuttavia riconoscere esempi comparabili, soprattutto alla scala territoriale. In California l’architettura moderna adottata dagli Alexander generò un effetto domino che contribuì alla nascita di Palm Springs così come appare oggi. Inoltre veniva a configurarsi un insieme di progettisti, dai piu noti Neutra, Frey e Lautner agli sconosciuti, seppur validissimi, Palmer&Krisel, Wexler&Harrison, William Cody, John Porter Clark, Robson Chambers e molti altri, che potevano sperimentare nel deserto nuove forme dell’abitare. Ma è la vacanza senza vacanza, acuta riflessione che Luigi Manzione fa del motel americano, ossia quel luogo provvisorio che si riflette nei suoi clienti “persone in attesa, sul punto di[…]in una società che ha fatto dell’incertezza e dell’erranza i propri fondamenti[…]”, a rappresentare il b side del sogno della villa californiana di vetro e acciaio con la roccia nel salotto. Riferendomi all’Italia mi tornano alla mente due episodi, Torre del Mare e la Pineta di Arenzano alquanto dimenticati dalla critica. Entrambi in Liguria, affrontavano il tema della casa per vacanza da due punti di vista diversi. A Torre del Mare nel 1954-55 il committente milanese Pierino Tizzoni, concessionario per l’Italia della BMW, acquistava un terreno e lanciava un bando-concorso agli architetti per realizzare una serie di case. Il risultato fu che un bravo venticinquenne Mario Galvagni sbaragliò la concorrenza di colleghi noti, alcuni di loro impegnati nella nascente Pineta di Arenzano, e costruì le mirabolanti architetture di Torre del Mare. Queste sì confrontabili per linguaggio e forma con le omologhe case californiane. Nella Pineta invece, l’alta borghesia dei Negrotto Cambiaso e dei Cattaneo Adorno, proprietari dell’area, fondarono la Cemadis che, nel 1956, incaricò Marco Zanuso ed Ignazio Gardella di stilare un Piano per il futuro insediamento, definito da Stefano Guidarini, la prima gated community italiana. Parteciparono all’impresa i più importanti progettisti italiani dell’epoca Zanuso,Gardella, Ponti, Magistretti, Caccia Dominioni, Menghi e Castelli Ferrieri. Operazione che assimilò sperimentazione e speculazione ma che rimane esemplare in alcune architetture come Casa Arosio di Magistretti, Casa Leto di Priolo di Zanuso e la Casa di Ignazio Gardella. Espressione più di una collezione di oggetti isolati che di un chiaro disegno urbano a differenza degli interventi di Galvagni, impeccabili anche sotto questo aspetto. Un discorso analogo va fatto per le tre ville che Luigi Moretti realizzò a Santa Marinella, nel litorale a nord di Roma, la Califfa, la Moresca e la Saracena, quest’ultima costruita per la Principessa Pignatelli Cortez, dove un linguaggio “mediterraneo”, bianco e avvolgente nelle forme, conferma la distanza tra committenti e società così come si legge nelle parole di Moretti stesso-“la gente che ci preme, che respira rumori, che non ci conosce, che non ci ama, che non ha un volto”. Ma la vacanza impone una riflessione attuale su come si sia evoluta, infatti la si può fare senza possedere una casa ma affittandola. Non una banale casa ma bensì un progetto di educazione alla modernità, Living Architecture, elaborato dal filosofo de Botton, dove architetti noti e sconosciuti si confrontano sul tema dell’abitare in differenti contesti della Gran Bretagna. Un progetto interessante, nella sua volontà di formare una coscienza collettiva “moderna”, ma dissonante nell’oscillare tra il vernacolare dei cottage e il contemporaneo. English text Holiday Houses is the new critical survey that projects archphoto2.0’s fourth issue as the most architectural one, without the interdisciplinary crossbreeding and political connotation that were ingredients of the previous issues. The idea for this issue came to me during a trip I made across California in July 2012, where there is a remarkable concentration of holiday houses, both in Los Angeles, with its celebrated Case Study Houses, and even more in Palm Springs, the world-famous holiday resort for Hollywood stars. Indeed, they were the main factor behind the urban, architectural and economical development of this city famous for its temperate and dry climate. Looking at the houses, villas, motels and public buildings built since the 1950s, one appreciates how modern architecture shaped the style that would eventually permeate the entire city. George and Bob Alexander’s construction company should be credited with favoring modernism over the Spanish style vernacular that was typical of most Los Angeles historical architecture. Such meditation inspired me to look for similar situations in Europe, although I knew there is nothing exactly comparable to Palm Springs, especially in terms of territorial scale. In California, the modern architecture adopted by the Alexanders generated a domino effect that led to the emergence of the Palm Springs we can see today. In addition, a group of architects started to form, including the more famous Neutra, Frey and Lautner along with the less well known, although just as good, Palmer&Krisel, Wexler&Harrison, William Cody, John Porter Clark, Robson Chambers among many others who had a chance to experiment new home-living solutions in the desert. But it is vacation without vacation, the insightful meditation Luigi Manzione proposes about the American motel, a temporary place that is the mirror of its own clients: : “people who are in a waiting mode, […] in a society that is founded on uncertainty and wandering […]”,that represents the b-side of the dream of the glass and steel Californian villa with a rock in the living room. Two experiences came to mind when I turned to Italy – Torre del Mare and the Arenzano Pinewood. All but forgotten by architecture critics, both developments are located in Liguria, where they represent two different approaches to the holiday house. In Torre del Mare, Pierino Tizzoni, a Milan-based client who was the BMW car dealer for Italy, bought a plot of land and in1954-55 launched an invited competition to architects to build a housing complex. As a result, a talented 25-year-old, Mario Galvagni, beat the competition of famous colleagues, some of whom were already involved in the Arenzano Pinewood plan, then at the developing stage, and became the designer of Torre del Mare’s amazing architecture. In terms of language and form such architecture can indeed be compared to California’s contemporary houses. In the case of the Pinewood, instead, the owners of the area, Negrotto Cambiaso and Cattaneo Adorno, who belonged to the upper middle class, established Cemadis, the company that in 1956 commissioned Marco Zanuso and Ignazio Gardella to develop a plan for the future resort, in Stefano Guidarini’s words “Italy’s first gated community”. Italy’s top designers of the time – Zanuso, Gardella, Ponti, Magistretti, Caccia Dominioni, Menghi and Castelli Ferrieri – were involved in the plan. While mixing experimentation and speculation, the operation produced some exemplary achievements such as Magistretti’s Arosio house, Zanuso’s Leto di Priolo house, and Ignazio Gardella’s own house. They appear as a collection of isolated objects rather than the expression of a clear urban design, unlike Galvagni’s designs that are flawless even in this respect. A similar argument can be made about the three villas built by Luigi Moretti in Santa Marinella, on the coast north of Rome – the Califfa, Moresca and Saracena villas, the latter designed for princess Pignatelli Cortez, where the “Mediterranean” language, white and enveloping in its forms, highlights the distance between those clients and the society of the time – characterized by Moretti as “the faceless people crowding in on us, who breathe noise, who do not know or love us”. But thinking about this issue also means reflecting on the concept of holiday’s evolution now that one doesn’t need to own a holiday house and can very well use a rental house for this purpose. And not even any house at that, but the result of a project of education to modernity like the one developed by philosopher Alain de Botton who asked celebrated and less known architects to address the issue of home-living in different locations in Great Britain. An interesting project in its attempt to establish a “modern” collective conscience although conflicting in its fluctuating between vernacular cottages and more contemporary designs. |