Arrigo Arrighetti. Ripensare l’architettura di servizio
Arrigo Arrighetti, “Scuola materna di Via Piero Capponi a Milano” (1953), foto Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana-copyright © Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati Dal 1955 al 1986 è stato attivo, in seno all’Ufficio Tecnico del Comune di Milano, un particolare distaccamento chiamato “Ufficio Studi e Progetti Edilizi” il cui scopo era dare una direzione strategica e progettuale unitaria alla realizzazione di alcune tipologie di edilizia pubblica che, sino a quel momento, erano affidate alla progettazione dei singoli tecnici comunali, senza perciò riuscire a favorire il cumulo delle esperienze e lo sviluppo organico dei servizi. Più in generale, questo ufficio può essere considerato una risposta forte dell’ente pubblico – il Comune di Milano – alla deficitaria offerta di servizi per la collettività a fronte dello sproporzionato sviluppo edilizio residenziale e terziario di iniziativa privata, che prima di allora non aveva avuto alcun precedente. Arrigo Arrighetti, “Scuola materna di Via Santa Croce a Milano” (1957), foto Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana-copyright © Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati L’Ufficio Studi e Progetti Edilizi si compone di architetti, ingegneri strutturisti, impiantisti, disegnatori, computisti e ha un laboratorio per le maquette, così da poter svolgere internamente tutte le fasi progettuali (a partire dalla ricerca bibliografica fino alla direzione dei lavori) curandone gli aspetti tecnici, formali ed economici. A capo di questo particolare Ufficio in un periodo altrettanto eccezionale, dal 1955 al 1961, è l’architetto Arrigo Arrighetti, la cui carriera lavorativa inizia prestissimo, nel 1941, come geometra assunto nell’Ufficio Tecnico del Comune di Milano. La sua attività professionale continua, sempre in ambito comunale, per quasi quarant’anni, arricchita da una laurea in architettura nel 1947 e dalla collaborazione come assistente al Politecnico di Milano, per poi concludersi con la direzione del settore per la pianificazione urbanistica in anni cruciali per lo sviluppo del capoluogo. Arrigo Arrighetti, “Piscina coperta al Parco Solari a Milano” (1963), foto Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana-copyright © Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati Tema caro ad Arrighetti è l’edilizia scolastica che, nella Milano dell’immediato dopoguerra, necessita di un consistente aggiornamento. Gli edifici destinati all’istruzione esistenti all’epoca sono, infatti, il prodotto di reiterati ampliamenti dei pochi fabbricati demaniali già presenti sul territorio, con il molteplice svantaggio di dover gestire strutture troppo grandi e di concezione obsoleta, oltre a concentrare l’offerta formativa in pochi quartieri imponendo così agli alunni lunghi spostamenti. Nell’ambito dell’Ufficio Studi e Progetti Edilizi, Arrighetti pianifica di realizzare nuove scuole da distribuire in modo capillare all’interno della città, basate su moderni criteri pedagogici e dimensionate per un numero contingentato di alunni. Un significativo risultato in questo senso sono la “Scuola materna di Via Piero Capponi” (1953) e, soprattutto, la “Scuola materna di Via S. Croce” (1957) poi riprodotta in Via Tajani. Quest’ultima ha una pianta circolare le cui radiali tracciano alternativamente le linee di colmo e di compluvio del tetto consentendo, grazie all’andamento spezzato della copertura, la formazione di numerosi lucernari che garantiscono un notevole apporto di luce naturale supplementare a quello già fornito dalle ampie vetrate dell’edificio. Internamente, le aule sono poste a coronamento del grande ambiente centrale, che costituisce lo spazio collettivo per il gioco e la socialità degli alunni. Arrigo Arrighetti, “Chiesa di S. Giovanni Bono nel quartiere S. Ambrogio a Milano” (1964), foto Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana-copyright © Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati La copertura diventa così un elemento inusitato nel contesto, di immediato riconoscimento e comunicativo della funzione pubblica. Una comunicazione, però, che non è veicolata da vettori espressivi quali la solennità o la monumentalità ma dalla peculiarità di una struttura che individua un ambiente riparato e permeabile grazie alle chiusure verticali trasparenti; in questo modo l’architettura invita a entrare in un luogo che non sarà mai chiuso in se stesso, ma in continuo dialogo con il resto della città: uno spazio pubblico, pensato per il pubblico e al centro della comunità. Lo stesso risultato è ottenuto con la “Piscina Solari” (1963), dove la particolare copertura, realizzata grazie ad una tensostruttura costituita da funi in acciaio e pannelli sagomati, racchiude uno spazio destinato al tempo libero in continuo dialogo, per mezzo delle vetrate isolanti “Thermopane”, con il verde del Parco Solari in cui è inserita. Questo reciproco rapporto fra interno ed esterno è cercato da Arrighetti anche nella “Chiesa di S. Giovanni Bono” (1964) e con la particolare copertura della Stazione Amendola della Metropolita Milanese (1960), dove lo spazio sotterraneo si mostra in superficie per mezzo di un elemento architettonico sfaccettato e complesso da cui ricava internamente un suggestivo gioco di luci. A questi ‘progetti pilota’ si affiancano edifici singolari, come l’“Istituto Vaccinogeno Antitubercolare” (1952), nei quali la composizione dei prospetti evoca la volontà dell’istituzione di proteggere le delicate funzioni pubbliche in essi racchiuse usando espedienti formali analoghi a quelli dei primi progetti di Arrighetti: la “Biblioteca Civica al Palazzo Sormani” (1949) e l’ “Archivio Generale di Via Deledda” (1956). Arrigo Arrighetti, “Biblioteca Civica al Palazzo Sormani a Milano” (1949), È da notare come le nuove tecnologie costruttive del tempo, basate sui principi della prefabbricazione, fossero con Arrighetti funzionali sia alla sperimentazione di una nuova espressione formale per la definizione di architetture di servizio ‘moderne’ sia all’economia delle risorse pubbliche. Non è un caso, infatti, che queste tecnologie fossero originariamente impiegate nella realizzazione di edifici industriali, i quali necessitavano di ampi spazi coperti e il più possibile liberi da elementi strutturali per ottenere una maggiore flessibilità nell’organizzazione delle linee produttive. Allo stesso modo, l’ente pubblico necessita di ampie ‘piazze coperte’ destinate ai rituali collettivi dei propri cittadini. Le sperimentazioni nel campo dell’edilizia industriale e terziaria, finalizzate al contenimento dei costi di produzione e alla ricerca di uno stile aggiornato per la promozione del progettista e dell’azienda committente, trovano una sintesi virtuosa nelle realizzazioni di Arrighetti, dove economicità, forma, funzione e componente evocativa coincidono. Ne è un’ulteriore prova l’assidua presenza degli edifici da lui progettati sulle principali riviste dell’epoca dedicate alla tecnologia delle costruzioni, come “Edilizia Moderna” e “Vitrum”. Arrigo Arrighetti, “Archivio Generale comunale di Via Grazia Deledda a Milano” (1956), foto Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana-copyright © Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati Conclusa l’esperienza con l’Ufficio Studi e Progetti Edilizi, Arrighetti passa nel 1961 alla Direzione dell’Ufficio Urbanistica negli anni della revisione del P.R.G. e della Legge Ponte, mentre Milano inizia a confrontarsi con la nuova dimensione della città-regione e con i problemi che ne derivano. Proprio per la completezza delle sue esperienze e per aver avuto sempre un ruolo di primo piano nello sviluppo della città è necessario promuovere nuove ricerche su Arrigo Arrighetti, eccezionale progettista e urbanista negli anni caratterizzati dai più frenetici cambiamenti per Milano, rappresentativo di una competenza nata nell’ambito di un ente pubblico ed emblema di una pubblica amministrazione desiderosa di confrontarsi con le sfide del tempo. 20.12.21 |