Olimpia Galatolo. Fotografia del modello fisico di architettura
Il primo dopoguerra in occidente segna il ritorno spettacolare del modello di architettura come strumento educativo e di pratica professionale (1) (2). Ma in questo ritorno in auge, il modello non è da solo: la sua resurrezione coincide con il ruolo crescente della fotografia nella costruzione e diffusione del linguaggio dell’architettura moderna: il modello di architettura si lega alla fotografia e grazie ad essa si qualifica come oggetto autonomo (3). Facendo un passo indietro, già nel ‘400 la comunicazione delle teorie architettoniche assiste ad una trasformazione: la silografia consente la diffusione di immagini di exempla architettonici e testo insieme, creando una frattura con la cultura normativa medievale prevalentemente aniconica (4). Tratto dal Primo Libro di Architettura di Andrea Palladio Diversamente da quanto accaduto nel XV secolo, nel primo dopoguerra non c’è una cultura da sovvertire ma da ricostruire e questa vede nei modelli un novello exemplum da diffondere, il quale sfrutta la fotografia come tecnica di riproduzione fedele e che conserva la plasticità delle tre dimensioni materiali ed il fascino della miniatura. La fotografia del modello ci ha permesso di conoscere oggetti ormai perduti non soltanto per puro spirito documentarista dell’architetto o del modellista. “We speak through models” ha detto Roz Barr durante la talk online organizzata da MSA Provocations, intitolata “Why do we make models”(5). Durante la discussione, Barr ha presentato immagini di modelli di alcuni suoi progetti, scelta che rappresenta una strategia comunicativa: l’immagine del modello è una vista preferenziale sul messaggio plastico veicolato dal modello fisico. Roz Barr, Immagini di modelli presentate durante il talk online “Why do we make Models” Se immaginiamo di paragonare il modello a un testo letterario, o a un’opera d’arte, la sua immagine fotografica ne è l’ecfrasi (6): una descrizione sapientemente composta, dove niente è lasciato al caso. Illuminazione, punto di vista, sfondo vengono controllati per creare una narrazione nella narrazione, una lettura critica della lettura critica del progetto. E’ possibile individuare alcune tipologie principali di immagini di modelli, nonché rintracciare i tratti salienti di un codice espressivo che viene utilizzato anche ai giorni nostri: il modello decontestualizzato, il modello contestualizzato o fotomontaggio realistico, l’immagine finalizzata allo studio della struttura. Nella tipologia di immagine che ritrae il modello decontestualizzato, il plastico è trattato al pari di un gioiello o un’opera d’arte, viene isolato da altri elementi fisici o realistici, appare fluttuante, senza peso. In genere utilizzata per modelli dal linguaggio molto sintetico, la composizione fotografica è accurata, il fondale è neutro o viene eliminato in postproduzione. L’immagine del modello inserito in un contesto verosimile o realistico è spesso utilizzata per modelli più simili a miniature, intese come riproduzioni realistiche e dettagliate, ma anche per modelli concettuali. I modelli vengono ritratti direttamente all’aperto o sono rielaborati tramite fotomontaggi eseguiti in post-produzione: in questo caso, il modello fotografato in studio riproduce la prospettiva e le condizioni di illuminazione del sito in cui verrà inserito il progetto, per poter verificare l’impatto con l’esistente. La fotografia del modello può tradurre le intuizioni e le deduzioni ottenute dallo studio della statica del modello strutturale, in combinazione con le tecniche empiriche di form-finding. È il caso di foto di modelli utilizzate da Gaudì (7) nel 1890 per il progetto della cappella della colonia operaia a Santa Coloma de Cervellò, o delle foto prodotte da Frei Otto negli anni 1960-70 per il progetto del padiglione tedesco all’Expo ‘67 di Montreal (8). Frei Otto fotografa il plastico della copertura della tribuna provvisoria dell’Olympiahalle a Monaco di Baviera © saai | Südwestdeutsches Archiv für Architektur und Ingenieurbau, Karlsruher Institut für Technologie, Werkarchiv Frei Otto In tempi più recenti, la produzione dell’immagine del modello finalizzata alla comunicazione del progetto è stata una parte essenziale nel percorso didattico ideato da Remo Buti nel suo corso di Arredamento e Architettura degli Interni presso la Facoltà di Architettura di Firenze negli anni compresi tra il 1982 e il 2002. Come racconta Bartolozzi (9), la fotografia dei modelli “rappresentava il momento di sintesi più alto”: per ogni tema progettuale egli predisponeva un set specifico di posa, un unico punto di vista uguale per tutti, una sola immagine per ritrarre il progetto. Quasi come un fosse un rito, la serialità del set fotografico evidenziava e preservava le peculiarità di ogni singolo progetto. Immagine tratta dalla selezione online del libro Bartolozzi, G. 2020, La didattica Radicale in Varie età, Quodlibet, didapress, Macerata. L’immagine del modello è stata prodotta, e ancora oggi viene costruita, con intenzione, ad arte: per comporre un messaggio, per veicolare una teoria architettonica o per elaborare il progetto stesso. Fanelli, nel suo saggio sulla storia della fotografia di architettura, testimonia i primi utilizzi della fotocomposizione o fotomontaggio di immagini di modelli di architettura da parte degli architetti del Secondo Impero in Francia. Nel 1932 la rivista “Die Form” (10) mette in copertina la foto del modello della Ringplanschool di Neutra. Nello stesso anno, alcuni architetti funzionalisti di Amsterdam e Rotterdam fondano la rivista olandese di architettura d’avanguardia “De 8 en Opbouw”. La copertina del numero di novembre è costituita dalla composizione di tre immagini del modello di Oud. La tecnica del fotomontaggio prende piede nei concorsi di idee nell’arco di tutto il 1900, come testimoniano le immagini prodotte inizialmente da Mies van der Rohe e in seguito da Saarinen e Mollino. Il sodalizio tra modello e fotocamera ha costituito una nuova alba comunicativa nel dopoguerra, ha conosciuto una fioritura e poi l’ineluttabile decadenza di fronte ai sistemi di disegno computerizzato e di rendering. Il XXI secolo sembra aver trovato un nuovo palco, sul quale nuove tecniche fotografiche e nuove tecnologie di prototipazione impiegate nella produzione di modelli fisici, riescono ad incontrarsi e ad esibirsi. Forse mai come adesso, le immagini di modelli fisici di architettura sono sotto gli occhi di un pubblico vasto e diversificato. Grazie ai social media come Instagram o Pinterest, raggruppate in bacheche, filtrate e selezionate da hashtags, esse popolano la rete e sono a disposizione di professionisti e studenti come fonte di ispirazione, di riflessione, di studio. Screenshot della pagina di ricerca su Pinterest Come per le opere d’arte, oltre allo spazio fisico del museo esiste quindi un nuovo spazio digitale in cui il modello trova una sua modalità di esibizione. Siamo quindi di fronte ad una nuova rivoluzione comunicativa, ad una nuova svolta, ad un nuovo impulso dato al modello di architettura? Questo scritto non intende dare una risposta definitiva ma certamente vuole invitare il lettore a riflettere sull’effetto che l’attuale circolazione di massa di immagini di modelli può produrre (o forse ha già prodotto): quello di confermare l’intramontabilità e l’autonomia del modello fisico di architettura rispetto ad altre forme di rappresentazione dell’architettura. Screenshot su Instagram: models_architecture è uno dei profili più interessanti da seguire, per la qualità dei progetti e delle immagini selezionate. Delle molteplici modalità bidimensionali di rappresentare un progetto architettonico, la fotografia della rappresentazione plastica dell’architettura resta quasi inosservata agli occhi della critica. Eppure, è proprio questa intermedialità (11) che ha garantito al modello la sua elevazione ad oggetto autonomo, generando ritratti divenuti ormai simbolici. La fotografia ha affiancato il modello, lo ha sostenuto come strumento progettuale architettonico e urbano, nonché come veicolo di diffusione teorica e di commercializzazione dell’architettura. Echi della struttura originaria di questa intermedialità si ritrovano in quei flussi di immagini digitali tanto facilmente accessibili, in cui si sceglie di tuffarsi per ritrovare la rêverie Bachelardiana della miniatura (12). Scatti di modelli-gioielli astratti dal contesto, o sguardi indiscreti su interni realistici riprodotti nei minimi dettagli, che da adesso ammireremo forse più consapevoli di quale storia si cela dietro ogni immagine di un modello di architettura. 18.8.21 Olimpia Galatolo è borsista di Ricerca presso Laboratorio Modelli per l’Architettura, Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. 1 Moon, K. (2005). Modeling Messages: The Architect and the Model, Monacelli Press, New York. 2 Deriu, D. (2012). The Architectural Model in the Age of its Mechanical Reproducibility. PROCEEDINGS OF THE 2ND INTERNATIONAL CONFERENCE OF THE EUROPEAN ARCHITECTURAL HISTORY NETWORK. 3 Deriu, D. (2016). Modernism in Miniature: Points of View / Modernidad en miniatura: puntos de vista. Cámara y Modelo. Fotografía De Maquetas De Arquitectura En España (Modelling for the Camera: Photography of Architectural Models in Spain), 1925–1970. 4 Carpo, M., (1998) L’Architettura dell’età della stampa. Oralità, scrittura, libro stampato e riproduzione meccanica dell’immagine nella storia delle teorie architettoniche,Ed. Jaca Book 5 A testimonianza del fatto che, seppur confinato in una nicchia, esiste un dibattito vivo sul modello di architettura, riportiamo l’attività dei profili instagram di Istituzioni come la Manchester School of Architecture e del laboratorio di modelmaking B15 ad essa affiliato. Facilmente accessibili a tutti tramite canali social, queste ed altre istituzioni generano contenuti sulle tecniche di realizzazione e sulla teoria del modello architettonico. https://mmutube.mmu.ac.uk/playlist/dedicated/1_chgu2yyl/1_j1anpveo 6 ècfraṡi (o ècfraṡis; anche èkphrasis) s. f. [adattam., o traslitt., del gr. ἔκϕρασις, der. di ἐκϕράζω «esporre, descrivere; descrivere con eleganza»]. – Nome che i retori greci davano alla descrizione di un oggetto, di una persona, o all’esposizione circonstanziata di un avvenimento, e più in partic. alla descrizione di luoghi e di opere d’arte fatta con stile virtuosisticamente elaborato in modo da gareggiare in forza espressiva con la cosa stessa descritta. Da Treccani https://www.treccani.it/vocabolario/ecfrasi/ 7 Fanelli, G., 2009, Storia della Fotografia di Architettura, Edizioni Laterza, Bari, pag. 396-397. 8 Vrachliotis, G., a cura di,(2016) Frei Otto. Thinking by modelling, Spector Books, Leipzig. 9 Bartolozzi, G. 2020 La didattica Radicale in Varie età, Quodlibet, didapress, Macerata. 11 Deriu, D. (2012). The Architectural Model in the Age of its Mechanical Reproducibility. PROCEEDINGS OF THE 2ND INTERNATIONAL CONFERENCE OF THE EUROPEAN ARCHITECTURAL HISTORY NETWORK. 12 Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, traduzione italiana a cura di Ettore Catalano, Dedalo, Bari, 1957, 4 ristampa 1993. |