Emanuele Piccardo. Un sasso nel mare di Bergeggi
L’Aurelia è una strada in origine romana che nei secoli si è trasformata e ha consentito di collegare Roma a Ventimiglia. In Liguria assume un percorso tortuoso seguendo l’orografia del terreno, fatto di falesie e insenature da levante a ponente. E’ una straordinaria macchina della visione verso mare e verso monte, un loop ossessivo che centrifuga il nostro sguardo tra speculazioni edilizie, ville borghesi, pezzi di architettura moderna e contemporanea. In questo periodo storico le persone sono sempre più ostili a qualsiasi elemento nuovo, sintomo di cambiamento, dalla politica alla cultura, compresa l’architettura. In Italia nonostante lo strabordante numero di architetti, non si riesce ad avere una legge sulla qualità dell’architettura, ferma in Parlamento dal 1998, non ci sono incentivi per i comuni che valorizzano l’architettura. Insomma le occasioni per riprogettare il paese ci sono, ma la stima sociale che gli architetti godono viene surclassata da geometri e ingegneri. Tuttavia nel disegno del territorio agli occhi della opinione pubblica vincono quei progettisti, spesso anche architetti, che propongono linguaggi e stili che richiamano il passato non solo con elementi come archi, colonne, porticati, ma anche nell’uso di intonaci dai colori “carini”, ocra, rosso pompeiano, o addirittura inventandosi false facciate dipinte. Indubbiamente vi è una necessità di non spaventare i committenti futuri fruitori delle case, spesso case per vacanze di pensionati lombardo-piemontesi. O come accadeva nel decennio Cinquanta-Sessanta rifugio rivierasco per la borghesia milanese. Ed ecco arrivare subito le keywords, quando si parla di architettura contemporanea, “mostruoso”, “orribile”, “abuso edilizio”, “speculazione” tipiche espressioni degli oppositori della contemporaneità, i sostenitori del Not In My Back Yard ma in quello altrui si.
Veduta del rudere rimasto per decenni in stato di abbandono, fotografia di Aldo Amoretti Questa lunga premessa per raccontare una esperienza di scoperta che proprio l’Aurelia, dunque la strada, consente a chi arriva da Vado, periferia di Savona, e giunge a Bergeggi. Un sasso bianco si erge tra la strada e il mare. Una architettura pura nella forma che riprende il sedime e il volume della struttura esistente fatiscente rimasta lì per decenni a “decorare” il paesaggio, ma che, tuttavia, era rassicurante per i difensori del paesaggio primordiale e delle casette in stile Biancaneve. D’altronde come insegna il sociologo Massimo Ilardi il progetto è conflitto. Se un progetto di architettura non stabilisce un conflitto non è efficace perché significa che vuole raggiungere un consenso buonista, il consenso del “carino”. Così anche il progetto di Marco Ciarlo Associati e Studio Daniele determina uno stato di conflitto con la condizione di un territorio massacrato per cinquant’anni da una pessima edilizia speculativa, che non si ferma più, anche alla luce delle nuove costruzioni che proprio a Bergeggi si stanno realizzando e che non hanno nulla di contemporaneo, in quanto ripropongono stili e tradizioni di un passato falsificato da un atteggiamento ideologico nell’uso dell’arco come archetipo ripetibile nel tempo. Quello che viene a mancare nei progettisti è la capacità di leggere le stratificazioni del territorio e di adottare scelte progettuali adeguate. Una capacità che fa parte della sensibilità di Marco Ciarlo nell’affrontare il rapporto con il territorio che, percettivamente si fa paesaggio, in tutta la sua produzione architettonica: dal restauro dei castelli alle nuove edificazioni. A Bergeggi Ciarlo riesce a dialogare (che parolona ho usato, mi pento e mi dolgo…) con l’orizzonte, non come avrebbero fatto la maggior parte degli architetti disegnando un crescent alla Bofill, con il conseguente effetto muro, ma con un elemento verticale dettato dai limiti imposti dalla normativa per evitare di uscire fuori dal perimetro e mettere il piede nel demanio marittimo. All’interno sono previsti quattro appartamenti mentre al piano terra al livello della spiaggia viene ospitata la sede del Parco Marino. Sono convinto che se le funzioni fossero state interamente pubbliche parte delle polemiche si sarebbero attenuate. Dunque la scelta obbligata di rimanere sullo stesso perimetro della precedente struttura ha consentito agli architetti di lavorare sulle facciate, aprendosi verso mare per far entrare la luce e il rumore delle onde e ripararsi dal fronte strada. E’ ancora lunga la strada che l’architettura contemporanea deve compiere per essere vissuta e compresa. 26.9.20 Le fotografie sono di Emanuele Piccardo Crediti del progetto progetto Studio Daniele direzione lavori Carlo Daniele
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