Federica Doglio, Edoardo Riva. Takis Zenetos: Electronic Urbanism
Electronic Urbanism, Takis Zenetos, 1961 – Struttura urbana e natura Una (nuova?) condizione in cui molti di noi oggi si trovano a lavorare, chiamata inizialmente e forse erroneamente smart working, si concretizza attraverso una distanza, che si pone tra noi tutti. Questo breve articolo prova a ritrovare una possibile radice di questa modalità di lavoro, di vita, e di progetto, rifacendosi al pensiero e agli scritti di Takis Zenetos. Erano i primi anni Sessanta e Takis Zenetos (1926-1977), architetto e teorico greco, inizia a produrre una serie di scritti intitolati “Electronic Urbanism” che verranno pubblicati su Architecture in Greece e Design + Art in Greece fino al 1974. “Electronic Urbanism” è un corpus di scritti che solo nominalmente può essere definito pubblicazione, comparso mai in forma unitaria, ma su supporti diversi e in momenti diversi dal 1962 al 1974 circa. L’idea centrale di questi scritti è la visione dell’architettura in quanto “campo modificabile di forze» e della forma in quanto «momento di materializzazione delle attività” (1). Questa possibilità è direttamente derivante dalla tecnologia informatica (e dalla sua, potenzialmente infinita, capacità di potenziamento): ciò che Zenetos definisce elettronica. Negli scritti emerge nettamente la differenza tra ciò che si può fare nel momento in cui si vive, e ciò che si potrebbe fare se si utilizzassero le conoscenze più avanzate in campo tecnologico, dal momento che è sempre chiaramente dichiarato quale sia il fine ultimo del suo lavoro: il miglioramento continuo della vita del cittadino e della comunità in cui vive. Zenetos identifica nella cosiddetta “urbanistica elettronica” uno strumento di gestione pratico del problema, applicabile in ogni luogo, momento e scenario politico (2). Electronic Urbanism è un mezzo per ripensare la città del futuro, dagli impianti produttivi agli elementi di arredo, indicando una possibile modalità di vita, individuale o collettiva. Già all’inizio degli anni Sessanta, Zenetos immagina che con l’introduzione dell’elettronica verrà sempre meno la necessità di recarsi personalmente sul posto di lavoro in conseguenza di mutate condizioni di produzione e di gestione del lavoro. Robotizzazione e gestione istantanea dei dati permetteranno la delocalizzazione e il lavoro a distanza. Quest’ultima possibilità viene accolta con netta presa di coscienza. Operando un grande salto di scala ora, senza menzionare tutto il pensiero su città e urbanistica, risulta qui interessante notare come Zenetos ci aiuti anche ad immaginare lo spazio dedicato al lavoro a distanza all’interno di questa cornice. La soluzione progettuale proposta per la sua postazione di lavoro tipo ha un valore universale, ed è quindi valida a prescindere dal luogo. L’uomo, e non un mero entusiasmo tecnologico, è al centro di un sistema composto da una seduta ergonomica, completa di strumentazione di lavoro, che può essere isolata rispetto all’esterno, rendendo più o meno trasparente o acusticamente protetta dalla bolla che la contiene. Electronic Urbanism, Takis Zenetos, 1962/1974 – Griglia tridimensionale/spazio abitativo Una gestione intelligente del tempo era nella sua consapevolezza, e nei suoi scritti infatti ha indagato anche lo spazio del tempo libero, inteso come un nobile otium latino, risparmiato, guadagnato, da impiegarsi in attività edificanti, da declinare in base alle diverse età. Questo sistema probabilmente funzionerebbe se fosse il frutto di un processo attentamente pianificato, dalla sfera produttiva, alla postazione di lavoro. Oggi ci troviamo in una condizione differente, in cui tutti sogniamo di poter lavorare nella bolla zenetiana perfettamente progettata, climatizzata ed insonorizzata, in una condizione di perfetto isolamento. Le nostre postazioni di lavoro oggi invece sono molto spesso frutto di situazioni di fortuna, mediazioni di spazi, grovigli di usi. Nasce spontanea a questo punto una riflessione sul significato di una parola molto abusata oggi: isolamento. Ma forse stiamo sbagliando nella scelta dei vocaboli ancora una volta. Quello che viviamo è un distanziamento, da tutto ciò che è al di fuori dal nucleo famigliare e dalle mura domestiche. Non siamo per nulla isolati: pensiamo alla matassa di dati trasmessi, all’iperconnessione. Quella che viviamo oggi forse è più una condizione di costrizione. Electronic Urbanism, Takis Zenetos, 1962/1974. Cellula di tele-trattamento dati Ben diverso era l’orizzonte di libertà tracciato da Zenetos, che aveva teorizzato la casa e la città come varia declinazione di una griglia tridimensionale base, sopraelevata rispetto alla natura lasciata libera. In questo senso il telelavoro ci avrebbe fatto guadagnare tempo da dedicare fruttuosamente ad attività di arricchimento dello spirito, ma con alcune attenzioni e limitazioni. Ad esempio l’istruzione per Zenetos non può prescindere, almeno in parte, da un contatto diretto e da una personale fruizione degli spazi. Infatti la scuola è l’unico spazio che necessita di essere ancorato al terreno, a dispetto da quanto espresso dal principio di ungrounding, sistema che eleva fisicamente la città al di sopra della natura. La scuola! Ecco un altro nodo di attuale discussione odierna. Cogliamo le suggestioni e meditiamo sull’importanza della scuola. Il contributo di questo autore molto conosciuto e studiato in patria, e meno presente in antologie di storie dell’architettura al di fuori del territorio greco,(3) è ascrivibile a fruttuosi tempi di visioni che ricordano le strutture leggere e sopraelevate di Yona Friedman, Plug-in City degli Archigram, ma forse ancora di più le superfici e i monumenti continui di Superstudio. È importante aprire una parentesi sulla complessità e la completezza dell’opera di Tzenetos, che non rimane unicamente come disquisizione teorica, ma si concretizza in molteplici interventi finanziati da committenza privata e talvolta pubblica, architetture oggi visitabili (Teatro del Licabetto, Atene, 1964 e Scuola di Agios Dimitrios, Atene, 1969), altre demolite in parte (Fabbrica Fix,1957, ora Museo di Arte contemporanea ad Atene) o interamente (Casa unifamiliare a Kaboùri, Atene,1959), esperienze tutte oggi da studiare, costruite tra nel ventennio tra il 1950 e il 1970. Le possibilità di un lavoro a distanza erano nelle visioni di molti teorici ed entusiasti dell’elettronica. Abbiamo però accolto questa possibilità come una costrizione oggi perché è stata adottata in un momento di emergenza planetaria, senza pianificazione precedente. Proviamo ad accoglierla con realismo come una necessità, forse anche uno strumento di libertà. [Federica Doglio, Edoardo Riva] 4.6.20 Bibliografia – Takis Zenetos, City Planning and Electronics, in “Architecture in Greece”, vol. III, 1969, pp.114-125 Note bibliografiche (1) “Il centro si materializza al momento e al posto dell’azione, 1969”. Le attività e quindi gli edifici che le contengono (o permettono) si condensano in alcuni stati mutabili ed un centro attorno ad esse è temporaneamente generato. In Kalafati Eleni, Papalexopoulos Dimitris, Takis Zenetos. Visioni digitali, architetture costruite, Edilstampa, Roma 2006 (p.9) (2) Riva Edoardo, Architetture possibili. Esplorazioni compositive con Takis Zenetos architetto, Rel. S.Gron, A. Saggio, Tesi di dottorato, Politecnico di Torino, 2014 (3) Saggio Antonino, Architettura e modernità. Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica, Carocci, Roma 2010 Le immagini sono tratte da Kalafati Eleni, Papalexopoulos Dimitris, Takis Zenetos. Visioni digitali, architetture costruite, Edilstampa, Roma 2006 |