Arianna Panarella. Corrado Levi, tra gli spazi
Alla Triennale Milano va in scena “Tra gli spazi”, una mostra non convenzionale, che rende omaggio all’interessante figura di Corrado Levi. L’esposizione, a cura di Joseph Grima e Damiano Gullì, è dilatata tra gli spazi del Palazzo dell’Arte e racconta, attraverso alcuni dei suoi lavori più significativi realizzati tra il 1982 e il 2019, la sua intensa ricerca e produzione. Corrado Levi, nato a Torino, ma ormai adottato dalla città di Milano, abita numerosi ruoli: è artista, architetto, professore, critico d’arte, collezionista, autore di molti libri ed stato parte attiva in molti movimenti di liberazione omosessuale. Ha colto e sostenuto alcune delle esperienze più rilevanti della scena artistica milanese e non solo, infatti la sua vita è piena di luoghi e incontri speciali che hanno segnato il suo percorso. È stato testimone di molte decadi di produzioni artistiche e culturali e delle trasformazioni sociali che ne sono conseguite. Allievo di Carlo Mollino e Franco Albini, docente di composizione architettonica alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, come architetto ha svolto attività professionale a Torino, a Milano, New York e a Marrakech. Il suo lavoro di artista è stato esposto in gallerie private, musei e istituzioni in tutto il mondo spesso con installazioni site-specific, dove l’oggetto perde la propria funzione per dar vita a nuove interpretazioni. Lo scherzo, l’errore, il paradosso, la doppia-funzione, l’ambiguità sono parte del processo creativo del suo lavoro che da vita “un’arte progettata”. Opere che si guardano intorno, rispettando il contesto, le preesistenze, la natura; alludono, suggeriscono, rimandano, tra sorriso e sogno; progetti in cui, alle volte, la scelta primaria è quella di non scegliere, lasciando vincere il caso, dopo averlo compreso. Sfuggito al potere dell’arte e quindi dall’essere una “celebrità”, ha sfidato e continua a sfidare le “regole” delle singole discipline andando contro i limiti, le convenzioni, le definizioni, i linguaggi, gli stili. Corrado Levi ha fatto del suo essere inafferrabile una delle sue doti artistiche principali. La mostra, immateriale ed essenziale, vede le opere disseminate nei vari ambienti e spazi comuni dello spazio espositivo, fino quasi a confondersi con le preesistenze, per poi riemergere inattese ed in contrasto con l’architettura. Un allestimento non usuale che riflette bene la pratica e la poetica di Levi. I visitatori hanno come strumento per la visita una mappa che li accompagna – dall’Info Point al Caffè, dal Bookstore al Salone d’Onore fino ai posti più inaspettati – come in una caccia al tesoro, che porta alla scoperta delle opere e dei suoi progetti che sono in costante rapporto e confronto con gli spazi e restituiscono così nuove possibili letture. Il lavoro di Corrado Levi scorre tra le discipline e le tecniche con la volontà di sviluppare l’arte anche attraverso contaminazioni, scegliendo e rielaborando elementi del quotidiano, su cui interviene con piccoli gesti, caricandoli di nuovo senso, senza rinunciare alla leggerezza e all’ironia. Corrado Levi, Desiderando gli amici,1982, fotografia Gianluca Di Ioia Evocando ad esempio, l’assenza nell’installazione “Desiderando gli amici” del 1992 – composta da una sequenza di cinture appese appartenenti ad amici e conoscenti dell’artista che il pubblico può attraversare e sfiorare – o nell’intervento site specific “Uomini” (fotografia) del 1985, realizzato nello stabile abbandonato della Brown Boveri dove attraverso la semplice aggiunta della scritta “di Corrado Levi” sulla porta del bagno degli uomini, gioca con l’idea della firma dell’artista. L’ironia è presente nel “Motosauro” realizzato per una mostra collettiva di allievi di Levi a Valdagno e costituito da una serie di caschi imbullonati tra loro e mobili a rievocare la curva della schiena di un dinosauro. Nell’allestimento del 1991 l’opera sovrastava una vecchia Harley Davidson, da cui deriva il titolo. Carol Rama, amica e artista profondamente apprezzata da Levi, è omaggiata in Triennale attraverso un suo dono a Levi: “Chiodo di Corrado” opera esposta nella sezione dedicata a Carol Rama alla Biennale di Venezia del 1993, curata dallo stesso Levi che nell’allestimento aveva scelto di sospenderla sulle teste dei visitatori.
Il corpo può anche essere tradotto in segni veloci e aggrovigliati, in gesti rapidi e nervosi, come nel dipinto di grandi dimensioni “Figura in movimento” (1982) che ci riporta ai pittori più rappresentativi per Corrado, Levi, Osvaldo Licini e Filippo de Pisis, la cui influenza è presente in molte sue opere. Ripropone in Triennale il suo intervento ambientale “Pittura su muro e porta” (1985): pochi tratti, delicati e essenziali, disegnano lo spazio e lo trasformano evidenziando la valenza simbolica della soglia. Corrado Levi, Baci urbani (con Cliostraat), 1996, fotografia Gianluca Di Ioia Anche l’architettura è intesa da Levi come un corpo su cui intervenire e da modellare come con l’opera “Baci Urbani”, piercing in scala monumentale realizzato in collaborazione con il collettivo di artisti e architetti Cliostraat nel 1996 per un palazzo di Torino e riproposto in Triennale in una nuova versione. Forte l’impegno sociale e politico di Levi, visibile nella Panchina rosa triangolare, monumento dedicato alle vittime omosessuali delle persecuzioni nazifasciste, realizzato nel 1989 con il Collettivo R.O.S.P.O. della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Costante inoltre è il confronto con il design, dalla lampada Edipo (2003) – costituita da una testa in plastica trasparente in cui gli occhi sono coperti da bende medicali, dove Levi evoca il mito di Edipo giocando con il paradosso che dalla sottrazione della vista possa scaturire una nuova luce- all’Attaccapanni (2017), omaggio allo “Sciangai” dei DDL, cui va a sostituirsi nell’allestimento del Museo del Design Italiano di Triennale Milano. Quindi non una convenzionale mostra, ma un viaggio nel modo si respirare e vivere l’arte ed il progetto di Corrado Levi. 11.2.20 Corrado Levi. Tra gli spazi
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