Emanuele Piccardo. 999 domande sull’abitare
999 domande sull’abitare, una mostra interattiva alla Triennale di Milano e sul web. Il progetto nasce da Stefano Mirti e da IdLab con l’obiettivo di mappare, attraverso le domande, l’abitare contemporaneo. Si passa da domande generiche Tu ce l’hai una casa? E tu con chi abiti? In che casa ti piacerebbe abitare? a domande che delineano il comportamento degli abitanti Hai dei libri in casa?La tua casa quanto dista dal lavoro?Quale stanza rappresenta il centro di casa tua?, fino a vere e proprie esigenze progettuali Condominio o villetta? Le finestre chiuse o aperte?Com’è la tua casa del futuro? Una modalità enciclopedica che tuttavia costringerà Mirti a una sintesi che raccolga le istanze da lui provocate nel pubblico live e da remoto. Alla Triennale si assiste a diverse esperienze, dalla residenza di sei artisti che indagando il rapporto tra la sfera dell’abitare individuale e il contesto urbano e il riverbero delle trasformazioni urbane all’interno degli spazi privati delimitati dalle proprie mura domestiche,nel caso di Base Milano (www.base.milano.it), al lavoro degli studenti della Domus Academy “Share Eat”, sul rapporto tra la casa e il cibo, esito di una call for ideas. E ancora Abitare la biodiversità con Robonica+Peia Design che presentano una piccola serra in grado di coltivare una ampia gamma di semi naturali, con un sistema di acqua, nutrimenti e condizioni climatiche controllate. Invece la fotografia che da sempre ha indagato l’abitare, ha due ruoli specifici. Nel progetto del MUFOCO (Museo di Fotografia Contemporanea) sono stati invitati sette fotografi under 35, selezionati con una call, a realizzare lavori sulla relazione tra abitare, spazi urbani e domestici. Il secondo progetto riguarda la serie di racconti fotografici delle comunità periferiche milanesi, esito dei workshop condotti dal fotografo Filippo Romano, che porteranno alla produzione di piccoli quaderni. Open Dot, Unico, progetto di design utile per disabilità infantili La mostra infonde una speranza nell’uso benefico della tecnologia, utopia già fallita negli anni sessanta con gruppi radicali come Archigram, Superstudio e 9999, ma a cui oggi non ci possiamo più sottrarre. In questa babele di esperimenti, non sempre convincenti, un particolare interesse lo suscitano progetti che operano un design utile ed etico. E’ il caso di Micro Factory di dotdotdot, uno studio di interaction design fondato a Milano nel 2004, che nel 2014 ha creato il fablab OpenDot. L’obiettivo é attivare progetti open source legati alla realizzazione di prototipi nei campi della salute e dell’educazione, come Unico, una serie di progetti appunto unici, realizzati con la Fondazione Together to go per bambini con disabilità affinché si possano risolvere le patologie attraverso un design specifico studiato caso per caso. Ma l’idea innovativa portata da Mirti non si ferma alle quasi mille domande bensi alla strutturazione di un sito web concepito come un desktop di un computer, dove l’utente può aprire le cartelle condivise, farsi una mappa mentale dell’abitare o contribuire a disegnarla ponendo delle domande, il tutto con un linguaggio grafico e una modalità che richiamano gli anni novanta del secolo scorso. Il catalogo della mostra non c’è. Sono stati pubblicati una serie di libretti con l’autopubblicazione su Amazon seguendo alcune delle linee tematiche espresse dalle domande, un modo sostenibile per stampare solo il necessario senza ulteriori sprechi. |