Federica Filippone, Salvatore Cicero. UnB: l’università delle utopie
I 55 anni di effervescenza creativa dell’Universidade de Brasilia Il campus Darcy Riberio di Brasilia rimane oggi testimonianza tangibile di eccelsa pratica architettonica: nelle aule e nei corridoi circola ancora quel fermento, quella effervescenza creativa propria di uno dei periodi più espressivi dell’architettura brasiliana. Con la Universidade de Brasilia è stato riscritto l’intero sistema didattico del Paese: con solo due anni di età, Brasilia ha dato vita alla prima università federale, che, grazie al tratto chiaro e funzionale dei suoi spazi, ha rinnovato l’istruzione universitaria, e ha promosso uno slancio culturale e sociale per il Paese. L’obiettivo era quello di creare una esperienza formativa che unisse la sfera accademica con ciò che vi era di più innovativo nelle ricerche tecnologiche, in un luogo del tutto nuovo e versatile, finalizzato all’integrazione tra i più diversi saperi. Nella vastità tra la strada L2 nord e i margini del lago Paranoà sorge il campus UnB dove ogni giorno 50000 persone, tra studenti, tecnici e professori compongono una delle comunità accademiche più attive del Brasile. Con influenze carioca, pauliste, gaúchas e miste, fedeli all’eterogeneità propria del popolo brasiliense, il campus vanta la sinergia di menti brillanti. L’antropologo Darcy Riberio fondò l’istituzione insieme al pedagogo Anisio Teixeira, tradotta in architettura da Oscar Niemeyer e numerosi architetti, pianificatori e tecnici. L’università ha attirato scienziati, artisti e professori dalle Scuole di tutto il Brasile che circolano ogni giorno tra le opere di Oscar Niemeyer, Alcides da Rocha Miranda, João Filgueiras de Lima, José Galbinski e molti altri. A tutti gli effetti, la UnB rimane oggi esperimento encomiabile non solo per la ricerca formale della sua architettura, ma anche per la sua concezione. Elaborata nel 1961, ma idealizzata tre anni prima attraverso una ampia discussione sulla struttura fisica e sul suo progetto di insegnamento, la UnB è stata fondata il 21 aprile 1962, come parte integrante del Plano Piloto della capitale. Le regole, la struttura e la concezione dell’università sono state definite dal Plano Orientador, datato al 1962, ancora oggi in vigore. Il campus, da sempre in continua espansione, è testimonianza di quattro fasi differenti, ciascuna coerente con le tendenze dominanti dell’architettura brasiliana del momento. La matrice modernista, con generosa influenza carioca caratterizza la prima fase della UnB, focalizzata principalmente sulla sperimentazione e sull’adozione di sistemi prefabbricati. Dal 1961 fino alla fine del decennio, architetti come Niemeyer, Alcides da Rocha Miranda, Sergio Rodrigues, João Filgueiras Lima (Lelé), si alterneranno alla costruzione di buona parte del campus con un obiettivo comune: realizzare architetture vive, proteiformi, atte a mutare, ad accogliere attività variabili nel tempo e nello spazio. L’ICC, Instituto Central de Ciências, progettato da Niemeyer, è l’edificio più iconico della prima fase, inaugurato nel 1971, dopo otto anni di lavori e realizzato con strutture prefabbricate. In pieno clima di sperimentazione, pioniere nell’uso della prefabbricazione in Brasile, si inserisce il progetto di Lelé per gli edifici della Colina Velha, area adibita ai funzionari della Università. Gli edifici di tre piani su pilotis, furono conclusi nel 1963, usando tecniche europee post-belliche per economicità e velocità di costruzione. Edifici emblematici di questo periodo sono la Faculdade de Educação e l’Auditorio dos Candangos, concluso venti minuti prima dall’inaugurazione del campus e progettati da Alcides da Rocha Miranda. A partire dal 1970, l’UnB materializza l’estetica brutalista di matrice paulista tramite l’utilizzo di cemento armato a vista. Esempi tangibili di questa seconda fase sono la Biblioteca Central e il Restaurante Universitário, con decise espressioni formali e materiche, progetto dell’architetto José Galbinski. La Reitoria, progetto di Paulo de Melo Zimbres è caposaldo di sperimentazione materica e distributiva, e diviene uno degli edifici più simbolici dell’intero campus. A partire dagli anni ’80 fino alla fine degli anni ’90, l’UnB sarà caratterizzata da una fase di maggiore eterogeneità. In questi anni si rinnova la sperimentazione strutturale e formale, da parte di sempre nuovi architetti, alcuni dei quali professori della facoltà di architettura, i quali daranno vita a edifici ottagonali in legno, come il Centro de Excelência em Turismo, edifici in corten come il Posto Ecológico, tensostrutture di membrane in poliestere come il Centro Comunitário Athos Bulcão e nuove esperienze di prefabbricazione e industrializzazione nell’uso del metallo. A partire dagli anni ’90 poi, l’architettura diviene manifestazione del ritmo di crescita dell’università, mantenendo l’eterogeneità di proposte sperimentali e innovative, e recuperando alcune caratteristiche consolidate dell’architettura iniziale della UnB. Esempi concreti di questa fase sono l’Instituto de Ciências Biológicas e il Memorial Darcy Ribeiro. La UnB è a tutti gli effetti una istituzione che cresce, che non invecchia, ma si rinnova costantemente, in pieno paradosso con la città che la accoglie, inibita e bloccata su se stessa, per il vincolo di cidade tombada, conferitole nel 1989, con il titolo di patrimonio dell’Umanità. Infatti, nel riflettere coerentemente la città che lo ospita, il campus allo stesso tempo ne prende le distanze, in un contrasto di tensioni, che si acuisce quando si vive la capitale. Nelle sue risonanti analogie formali con la città e con i suoi edifici, la UnB è stata considerata una minaccia per la sua “vicinanza” all’Esplanada dos Ministérios: alcune autorità temevano che gli studenti interferissero nella vita politica della capitale, e quindi dello stato. Per alcuni, il disegno della città doveva rispecchiare l’immagine di un Paese corrotto, in cui la classe pensante è considerata temibile, e da cui prendere le distanze per ben celarne le indecenze politiche. In un Brasile da sempre piegato da corruzione e degenerazione della classe politica, la UnB si fa manifesto di un Paese ancora capace di reagire. Così, in una città che chiude le porte al suo rinnovamento e che cessa di evolvere, mettendo alla berlina lo spirito innovatore con cui è stata ideata e realizzata, la UnB si fa forte dello spirito e dell’ideologia con cui è stata creata, dimostrando l’audacia dell’architettura di divenire altro, di sapersi rinnovare. Tornare a parlarne oggi significa riflettere sulla forza dell’architettura di dare vita a trasformazioni sociali epocali e sulla sua essenza, catalizzatrice di innovazione e rinnovamento. [Federica Filippone, Salvatore Cicero] 6.10.17 Peer Review EP Federica Filippone, (1991) architetto, si laurea presso il Politecnico di Torino e presso la Universidade de Brasilia (FAU/UnB), con la tesi JuntARQ sui nuovi insediamenti informali rurali intorno alla città di Brasilia. Dopo collaborazioni con diverse realtà professionali, lavora come freelance e ricercatrice indipendente. Salvatore Cicero, (1991) architetto, si laurea presso il Politecnico di Torino e presso il Politecnico di Milano, con la tesi JuntARQ, sui nuovi insediamenti informali rurali intorno alla città di Brasilia. Dopo esperienze accademiche in Brasile e in India, ha collaborato con diverse realtà professionali, tra cui PlaC-Plateau Collaboratif e lavora come freelance e ricercatore indipendente. |