Caro zio Umberto…
Cominciavo così una mia recensione su Domus al tuo libro sul “Segno”. Il pezzo era accompagnato da una foto in cui ti si vedeva ‘fatto segno a numerosi colpi di forchetta’ da parte dei tuoi allievi, in stile assassinio di Cesare. Eravamo, noi UFO e te , in una trattoria in Brera a Milano, mi sembra in Via dei Fiori Chiari, che avevamo preso a frequentare assieme. Ci andavamo spesso con Vittorio Gregotti e il suo studio, tra una Triennale e l’altra. Correva l’anno 1968. In quell’epoca, anzi in quell’anno fatidico, vivevamo a stretto contatto, tra le tue lezioni di semiologia alla Facoltà di Architettura di Firenze, dove insegnavi, e i nostri esperimenti ‘ludici’. Ci sentivamo privilegiati della tua conoscenza, studenti forse un poco irrequieti, ma illuminati dalla condivisione della tua sapienza e della tua ironia.
Ci sentivamo degli avamposti, delle avanguardie delle tue teorie fatte di significanti e di significati, e cercavamo di applicarle nei nostri interventi, happenings, allestimenti, architetture e quant’altro. Avevamo la sensazione di agire sotto il tuo sguardo benevolo, e di scoprire il mondo attraverso di te e delle tue teorie. Condividevamo oltre alla tua amicizia, altri personaggi di grande spessore culturale, come il tuo carissimo assistente Paolo Fabbri. Ma anche veri e propri numi tutelari della cultura internazionale come Furio Colombo, che tu ci presentasti. Mi si affastellano nella memoria i ricordi di quell’epoca che sembrava non finire mai. Nel luglio 1968 partecipammo con un superhappening al premio Masaccio di S.Giovanni val D’Arno, e, dopo esserci salvati da un quasi linciaggio si fa per dire, per aver provocato la cittadinanza con un improbabile confronto tra i polli del valdarno e i polli venusiani, partecipammo insieme al convegno-dibattito per stemperare gli animi. Furio scrisse un articolo sull’ happening, su L’Espresso formato lenzuolo, e i sangiovannesi si ricordano ancora di quell’evento con evidente nostalgia.
Ma che dire: mi torna alla mente una lettera che mio padre ti scrisse nel tentativo di sapere da te che diavolo stessi facendo ad Architettura, e tu con grande gentilezza gli rispondesti con una lettera che ho conservato a lungo, ma che ora non riesco a trovare, in cui lo tranquillizzavi. Di questo ti sono sempre stato enormemente grato.
Poi mi ricordo della tua intervista con la RAI nel 1970, quando scegliesti come set televisivo il ‘Ristorante Sherwood’ a Firenze in S.Croce, arredato da noi UFO.
Mi piacerebbe tanto avere il filmato ma non sono mai riuscito a rintracciarlo. Eppoi nel 1971 Facemmo un finto questionario che tu pubblicasti nel libro intitolato ‘Dalla periferia dell’impero’ (americano naturalmente). Poi fosti così gentile di portarlo a un convegno sulla letteratura italiana a New York nel 1973, di cui sono stati pubblicati gli atti da parte della casa editrice Olscki di Firenze, come esempio di sperimentazione letteraria delle giovani generazioni.
Potrei continuare a lungo con aneddoti e citazioni da cui verrebbe comunque fuori la tua disponibilità verso i giovani e in particolare verso noi UFO in un epoca che vedeva radicali cambiamenti tra le generazioni, tra i padri e i figli, tra i professori e gli studenti.
Ci mancherai tantissimo, perché ci sentiremo per sempre privi del nostro Nume Tutelare.
Con imperituro affetto anche a nome degli altri UFO,
Lapo Binazzi (UFO)
Firenze, 23 febbraio 2016
La fotografia è stata pubblicata su “UFO Story. Dall’architettura radicale al design globale”, a cura di Stefano Pezzato, edito dal Centro Pecci per l’arte contemporanea.
|