|
Il Po dal terrazzo di Casa Mollino
Il cielo è azzurro, la temperatura mite, così mi accoglie Torino. Un villino anonimo lungo il Po cela l’appartamento di Carlo Mollino, architetto, designer, fotografo, sciatore, aviatore, donnaiolo, in una parola sola ed univoca: artista. Apre la porta un bizzarro signore dall’aspetto sabaudo. E’ Fulvio Ferrari, colui che, insieme al figlio, ha acquistato negli anni Novanta la casa che fu di Mollino e, minuziosamente, con passione e feticismo proprio dei collezionisti, ha ristrutturato questo piccolo gioiello di architettura d’interni. L’occasione della visita è la presentazione di un lavoro dell’artista Yuri Ancarani proprio su Mollino. Dunque Mollino dentro Mollino, non certo nuovo come approccio, dove spesso nell’arte si predilige stupire con superficialità. Ma non è questo il caso. Ancarani ricostruisce attraverso il cortometraggio Sèance, prodotto da Sky Arte (altro stupore), una immaginaria chiaccherata con l’architetto, condotta dalla psicologa Albania Tomassini. Con una visione poetica degli interni, in accordo con un buon assemblaggio tra montaggio e colonna sonora, Ancarani riesce a far entrare, anche i non specialisti, dentro il mondo Mollino. Il salotto buio nel quale galleggia il video, amplifica la presenza spirituale di Mollino, come se lui fosse andato un attimo di là nella sua camera e poi, poco dopo fosse ritornato. Sèance e la casa sono una delle cose più interessanti di Artissima, parte della mostra Shit and Die curata da Maurizio Cattelan con Marta Papini e Myriam Ben Salah, di cui parleremo prossimamente nella nostra rivista.
Casa Mollino, fotografia EP
Yuri Ancarani, Sèance, all’interno del salotto di Casa Mollino, fotografia EP
Artissima, la più importante ed internazionale fiera italiana, ha messo in evidenza quest’anno alcune tendenze non troppo positive. La prima è un disimpegno delle gallerie nella fotografia, sia quella storicizzata, ad eccezione dell’eterno Ghirri mai come ora adulato, tanto quanto era snobbato da vivente, sia quella contemporanea. Dopo anni in cui sembrava che la fotografia, finalmente, potesse entrare nell’albo dorato dell’arte, oggi ripiomba nell’ombra. Ma quello che è evidente e trasversale tra le arti visive è la profonda crisi di ricerche e idee. C’è troppa superficialità nell’affrontare il “mestiere” dell’artista senza porsi delle domande, sul senso delle proprie azioni e sulla scelta dei diversi linguaggi. Non basta dedicare uno spazio alle performance per ripulire l’aria dall’inquinamento della superficialità o fare le visite guidate “walkie talkie” con i supposti big della critica mondiale a raccontare, a pletore di supposti ignoranti, le qualità degli artisti presenti. Non appare casuale la presenza di artisti storicizzati come Giulio Paolini, straordinario ragionatore sul concetto di quadro e di visione, dal gallerista Tucci Russo, o Kounellis, Dadamaino, Bonalumi, La Pietra, che sono ancora attuali e forti nel panorama contemporaneo. Un altro spazio interessante è quello dedicato alle librerie antiquarie e al collezionismo di multipli. Vale la pena citare il lavoro di Giorgio Maffei e Guido Galimberti che offrono al pubblico una mini storia delle avanguardie del Novecento, dai libri originali futuristi a Fluxus, fino ai multipli di Munari, Baj, Arman e tanti altri.
Giulio Paolini, Galleria Tucci Russo, fotografia EP
Yona Friedman e Jean-Baptiste Decavèle, Galleria Anne Barrault, fotografia EP
In questo cortocircuito di umori diversi, ripetizioni inconsapevoli (?) di linguaggi dejà vu c’è una buona notizia: la scomparsa della pittura. Che sollievo. Forse gli artisti e i galleristi hanno compreso, dopo anni, che riproporre artisti col pennello non poteva portare nessun beneficio. Contemporaneamente però c’è il ritorno in arte, come in architettura, al disegno come pratica espressiva, una citazione la merita l’ottuagenario Yona Friedman con Jean-Baptiste Decavèle presentato dalla galleria Anne Barrault . L’altro grande escluso dal menu delle gallerie è il video che è stato importantissimo per il Novecento. Infatti attraverso quel mezzo, gli artisti riflettevano sul linguaggio sperimentando come fecero Man Ray, Duchamp, Fluxus, Grifi e Baruchello. E ancora il video come testimonianza per raccontare un happening di Kaprow con gli studenti, le solitarie sezioni di Gordon Matta-Clark e le vedute aeree della Spiral Jetty di Bob Smithson; o concepire il video stesso come opera, ad esempio i lavori di Bill Viola. Oggi il video per collettivi e singoli artisti assume una valenza politica, come negli Anni Sessanta, in una società priva di quella forza dirompente che aveva generato la rivoluzione politica e sessuale. Allora una fiera dell’arte dovrebbe orientare il mercato verso una maggiore progettualità ispirandosi a quella storia dell’arte novecentesca, sempre dentro al consumo mercantile, mettendo in crisi anche il sistema tradizionale delle gallerie. Il secolo scorso ci ha insegnato che dietro ad ogni grande artista o movimento c’erano due figure necessarie e imprescindibili: il gallerista e il critico. Infatti se gli artisti fanno ricerca e producono contenuti questa modalità non è sinonimo di invendibilità.
[Emanuele Piccardo]
8.10.14
Un particolare ringraziamento per la passione e la gentilezza a Fulvio Ferrari, proprietario di Casa Mollino.
|