Federica Doglio. Cornelia Hahn Oberlander: spazi per il gioco creativo
North Shore Neighborhood House Playground, Vancouver, 1968 Photo by Selwyn Pullan. Collection of the West Vancouver Art Museum Come possiamo provvedere a spazi che siano adeguati per la nostra popolazione di bambini? Questa è la domanda che pone a noi, e a se stessa, Cornelia Hahn Oberlander nel 1966 quando scrive l’articolo “Space for creative play”,(1) nato dalla consapevolezza che nelle nostre affollate città siano necessari spazi per la contemplazione, spazi verdi, ma soprattutto spazi per i bambini per imparare a giocare, creativamente. Quest’ultima attività non si può imparare solo a casa, ma necessariamente deve essere sperimentata all’aperto, fuori dal contesto domestico, con altri bambini. Ispirata dagli scritti di Charles Brightbill (autore nel 1963 del libro “The Challange of Leiusre”), Hahn Oberlander vede in questi spazi una importante possibilità per i bambini, perché imparino a sviluppare la concentrazione, la coordinazione motoria, a stare all’aria aperta, a iniziare pratiche di relazione sociale. Gli spazi gioco, i playgrounds, disegnati da Hahn Oberlander sono molti, da quelli a Philadelphia nei primi anni ’50 (18th e Bigler streets) al celebre spazio temporaneo all’ingresso del Creative Centre del padiglione canadese progettato e costruito in occasione dell’Expo di Montreal del 1967, un evento internazionale che aveva portato autori straordinari in Canada, solo per citarne alcuni, come Richard Buckminster Fuller con la cupola geodetica per il padiglione degli Stati Uniti, o Moshe Safdie con il progetto per l’Habitat 67, ancora oggi abitato. In un atteggiamento di attenzione all’utente, chiedendosi “cosa piace fare ai bambini?” (2) Cornelia Hahn Oberlander progetta un ambiente totale (total environment) ove si può arrampicare, saltare, correre, strisciare, costruire. Barche, ponti di legno, strutture per favorire l’equilibrio e il salto, pendii per rotolare, spazi volutamente incompiuti sono alcuni degli elementi che si trovavano a Montreal, in un progetto che voleva essere un prototipo per altri playgrounds. Dopo questo se ne contano infatti circa settanta progettati dalla stessa progettista in Canada nei decenni successivi. Children’s Creative Centre Playground, Canadian Federal Pavilion, Expo ’67, Montréal, Québec (1967), Cornelia Hahn Oberlander fonds, Canadian Centre for Architecture. Gift of Cornelia Hahn Oberlander, © Cornelia Hahn Oberlander I suoi sono spazi molto articolati, mai ripetitivi, ove ai bambini vengono offerte numerose possibilità di stimolare la loro immaginazione, lavorando con la mente e con il loro corpo per interpretare il mondo, per iniziare a giocare. Sono spazi molto diversi da quelle sempre uguali realtà gioco così troppo ricorrenti nelle nostre città, sempre uguali, troppo spesso assemblate nella convinzione che non sia necessario un progettista per uno spazio gioco per bambini, ma solo un catalogo colorato. Cornelia Hahn Oberlander ci lascia una lezione ben diversa. Perché dedicare così tanta attenzione alla presenza dei bambini nelle nostre città? Ce lo ricordano molti autori, tra cui Aldo van Eyck, architetto olandese, progettista di ben 700 campi da gioco (tra il 1947 e il 1973) in una Amsterdam che si risveglia dalla ceneri della Seconda Guerra Mondiale. Egli afferma che se le nostre città non sono fatte per i bambini non sono fatte neppure per i cittadini, e se quindi non sono fatte neppure per noi, non sono città (3). Prendersi cura dei cittadini del futuro, dei bambini di oggi, aprendo loro possibilità per socializzare e per crescere, vuol dire prendersi cura della città stessa. Recentemente scomparsa a causa di complicazioni relative a Covid-19, Cornelia Hahn Oberlander era una esemplare paesaggista, una grande professionista insignita di molti riconoscimenti. Solo per ricordarne alcuni: nel 2012 le viene conferita la Medaglia della American Society of Landscape Archtiects, nel 2017 la Medaglia della Landscape Architecture Foundation, oltre a diverse lauree ad honorem. Le è stato recentemente conferito il riconoscimento più alto per la città di Vancouver, il Freedom of the City Award. Inoltre, da Cornelia Hahn Oberlander prende il nome il Cornelia Hahn Oberlander International Landscape Architecture Prize, creato dalla Cultural Landscape Foundation (TCLF) con base a Washington, DC. Nata in Germania nel 1921, di origine ebraica, dopo essere fuggita con la famiglia dalla sua patria di origine durante il periodo delle persecuzioni razziali, nel 1947 è tra le prime donne a laurearsi in Architettura del Paesaggio alla Graduate School of Design (GSD) di Harvard, allora guidata da Walter Gropius. Da allora il bagaglio del Bauhaus la accompagna per molto tempo nel suo lavoro. Il Nord America diventerà la sua nuova patria. Sposa l’architetto Peter Oberlander, anch’egli esule europeo incontrato ad Harvard, ed è madre di tre figli. Fonda a Vancouver nel 1953 uno studio indipendente di architettura del paesaggio, dopo aver collaborato a Philadelphia con Louis Kahn e Oscar Stonorov negli Stati Uniti. I suoi numerosissimi progetti hanno contribuito a plasmare l’immagine del British Columbia. Tra i più significativi si ricordano, il giardino per il museo di antropologia dell’Università del British Columbia a Vancouver (1976 e 2003), lavorando in collaborazione con l’architetto canadese Arthur Erikson responsabile del museo. Sempre con Erikson realizza tra il 1978 e il 1983 la rinomata Robson Square, una piazza di tre isolati nel centro di Vancouver, un’oasi di verde, di cascate e di giardini pensili accessibili a tutti. Children’s Creative Centre Playground, Canadian Federal Pavilion, Expo ’67, Montréal, Québec. Cornelia Hahn Oberlander fonds, Canadian Centre for Architecture. Gift of Cornelia Hahn Oberlander, © Cornelia Hahn Oberlander Suo il progetto di paesaggio per la Vancouver Public Library nel 1995, questa volta in collaborazione con Moshe Safdie, con il quale aveva già collaborato nel 1988 per il progetto della National Gallery of Canada ad Ottawa. In un articolo scritto in occasione della sua scomparsa sul New York Times ci viene ricordato un suo recente progetto newyorchese: l’atrio e il giardino del grattacielo sede del celebre quotidiano progettato da Renzo Piano e seguito nel progetto di paesaggio da Cornelia insieme a Hank White tra il 2004 e il 2007. Responsabile della realizzazione di progetti che hanno reso le nostre città più vivibili, ha saputo integrare gli elementi naturali e l’architettura in maniera sapiente e mai banale, in sette lunghi decenni del suo operato ha sempre lavorato responsabilmente consapevole dell’impegno sociale dell’architetto (paesaggista). Meticoloso e lungimirante, il suo lavoro presenta attenzioni all’urgenza in materia ecologica già in tempi precoci, prima che un ampio dibattito si sviluppasse sul tema in campo internazionale. L’emergere di una coscienza ecologica nel progetto di paesaggio viene dimostrata in una mostra intitolata “Cornelia Hahn Oberlander: Ecological Landscapes” al Canadian Centre for Architecure di Montreal nel 2006, con una selezione di progetti tra il Canada e la Germania in un arco temporale di 30 anni. Inoltre, nella più recente pubblicazione sul suo lavoro (Cornelia Hahn Oberlander. Making the Modern Landscape), Susan Herrington riconosce la paesaggista canadese come la progenitrice di una recente attitudine del fare paesaggio, con la necessità di porre una coscienza ecologica al centro del progetto (4). È protagonista, insieme a Denise Scott Brown, a Phyllis Lambert e a Blanche Lemco van Ginkel, del documentario “City Dreamers”, girato dal regista Joseph Hillel, che ha voluto unire simbolicamente in questa pellicola del 2019 lo sguardo e il lavoro di queste quattro straordinarie donne nordamericane sulla città contemporanea, ricordandoci l’urgenza di questo tema ancora oggi, in una scuola e in una professione ancora troppo maschile. Phyllis Lambert ricorda: “Schiettezza, chiarezza, onestà, educazione ed umiltà stanno alla base del lavoro e della persona di Cornelia Hahn Oberlander” (5). Il suo archivio è ora conservato al Canadian Centre for Architecture di Montreal (CCA). 21.9.21 (1) Hahn Oberlander, Cornelia. “Space for Creative Play”. The Canadian Landscape Architect (1966) (2) Ibidem (3) van Eyck, Aldo. “The Child, the City and the Artist – An essay on Architecture – The Inbetween Realm”, van Eyck, Aldo “Writings”. Amsterdam: SUN, 2006 (4) Susan Herrington, ed. 2014. Cornelia Hahn Oberlander. Making the Modern Landscape, Charlottesville: University of Virginia Press (5) Phyllis Lambert, The spirit of Cornelia, 2021 https://www.cca.qc.ca/en/articles/79692/the-spirit-of-cornelia (In lingua originale: “Forthrightness, clarity, honesty, decency and humbleness underlie the work and persona of Cornelia Hahn Oberlander”) |