Visionary Thinkers. Emanuele Piccardo. Mario Galvagni: la visione dell’ecologia formale
Mario Galvagni,Casa Zani, Torre del Mare 1956 “L’architettura nasce da un’emozione: dall’incontro tra una richiesta della società e il luogo in cui deve sorgere”. L’attenzione alla domanda sociale è interpretata da Galvagni rispetto alle esigenze del tempo che vive ed è legata al mondo della scienza, in particolare la fisica (1). Il suo approccio comprende anche il luogo, la relazionalità interattiva e l’immagine del mondo. Il luogo è considerato nella relazione con la natura antropizzata e le stratificazioni storiche che si manifesta nell’aspetto percettivo, un aspetto evidente nel posizionamento sul terreno delle sue architetture e nelle visuali che, attraverso le sue case, “inquadrano” la natura circostante. La relazionalità interattiva può essere composta in una libera metodologia a condizione che la forma sia intesa come totalità della connessione tra le componenti morfologiche del corpo sociale (lingua, dialetti, usi e costumi, comportamenti a tutti i livelli espressivi) e le componenti morfologiche del territorio locale (suolo, colture, costruzioni). L’immagine del mondo della scienza di fine novecento viene a reinterpretare la trasformazione della curvatura dello spaziotempo in energia in eventi termalizzati d’urto e postesplosivi che la generano. E’ per questo motivo che le componenti morfologiche del corpo sociale contemporaneo esplodono e si frammentano.(2) Mario Galvagni, Casa Zani, Torre del Mare, fotografia EP L’ambiente in cui viviamo fin dalla nascita è caratterizzato da una relazione tra lo spazio topologico metrico della Terra che ruota attorno al Sole, e la fisicità del nostro corpo che a sua volta si relaziona con la morfologia del territorio estetico che abitiamo, dove sono presenti le opere dell’uomo. Galvagni elabora la sua teoria che definisce ecologia della forma-ovvero- una libera invenzione del pensiero dell’uomo, è una concezione interattiva, una disciplina, sedimentata nella storia, che le comunità hanno sempre applicato a livello anche inconscio ma che è insita in ogni località territoriale ed è sempre esistita. E’ paragonabile ad una sorta di codice genetico di tutte le risorse utilizzate in modo interattivo dall’uomo per costruire il proprio ambiente di vita: da quelle materiali a quelle espressive comportamentali, da quelle tecniche e costruttive a quelle dell’arte”; L’ecologia della forma viene attuata con le matrici formali: gli elementi che le comunità locali hanno individuato nel luogo dove abitano ed utilizzano per la costruzione progettuale del territorio. Sarà compito dell’architetto individuare le matrici formali e rielaborarle in un linguaggio nuovo, attraverso lo scambio di informazioni, ponendosi in un atteggiamento di ascolto nei confronti della natura e dell’uomo. Ma le matrici formali si applicano anche alla pittura e alla fisica. (3) In questo modo assume sempre maggiore forza la conoscenza del luogo che viene sezionato attraverso tre direttrici di ricerca: la cultura del lavoro creativo locale, il territorio socio-estetico locale, le azioni propositive. Questo approccio teorico consente a Galvagni di collocarsi in una dimensione visionaria al di sopra della genericità dei professionisti della progettazione del dopoguerra italiano; non è un caso, infatti, l’ostracismo che subisce dall’establishment della cultura accademica in primis da Ernesto Nathan Rogers. La prima applicazione dell’ecologia della forma si ha nel 1954 nell’invenzione di Torre del Mare, luogo di villeggiatura dei milanesi in Liguria. Nella riviera di Ponente Galvagni realizza il suo manifesto architettonico con l’insieme delle residenze estive. Qui, con l’imprenditore Pierino Tizzoni, proprietario delle aree, fonda nel 1954 Torre del Mare, che diventa così frazione del comune di Bergeggi. Laddove non c’era nulla se non una natura selvaggia oggi c’è un complesso di architetture realizzate dal ’54 al ’60, grazie alla lungimiranza di un imprenditore, di un architetto e del Comune di Bergeggi. Per molto tempo fu considerata una speculazione, in realtà, rispetto alla vera speculazione alto borghese della Pineta di Arenzano, Torre del Mare è un esempio di integrazione architettura-natura proprio grazie alla sensibilità di Galvagni nel leggere il territorio e re-interpretarlo attraverso l’ecologia della forma. Poi gli stessi strenui difensori dell’ambiente, ieri come oggi, non vivono nelle capanne, bensì in case vernacolari che riproducono il finto borgo ligure, che hanno distrutto il rapporto tra l’opera dell’uomo e il paesaggio, essenzialmente per mancanza di coraggio nel confrontarsi con il nuovo; una piaga tipicamente italiana. Così, Galvagni, per andare contro le idee speculative di Tizzoni (che aveva indetto un concorso di progettazione diffuso attraverso il quotidiano Corriere della Sera) quando lo incontrò gli disse: “che il suo atteggiamento e il suo modello di villette erano completamente sbagliati, bisognava affrontare la situazione con un piano urbanistico che doveva coordinare le strade, la luce, l’acquedotto e i servizi. La peculiarità del terreno scosceso collinare imponeva di costruire con il principio di adagiare le costruzioni sul suolo, vale a dire costruire i corpi di fabbrica a gradoni, come le fasce dei terreni agricoli liguri, anche per preservare le vedute dalle strade verso valle, libere. In questo modo le costruzioni a gradoni a monte non dovevano superare le quote stradali”. (4) L’anno successivo Tizzoni chiamò Galvagni per andare in Liguria, e fu disponibile per accollarsi tutte le spese relative alle opere di urbanizzazione. Ma le continue polemiche attuate dagli ambientalisti di Italia Nostra, insieme alla decisione del Soprintendente Armando Dillon che non concesse il permesso per costruire la piazza di Torre del Mare, nonostante fosse uno strenuo difensore del progetto residenziale fin dall’esordio, contribuirono all’abbandono di Tizzoni che vendette le aree in suo possesso e così si concluse l’esperimento (5). Ma non la caparbietà di Galvagni che ha continuato a progettare case unifamigliari e complessi residenziali in Lombardia e in Valle d’Aosta, sempre sul tema della vacanza. Dal 1960 al 1965 Galvagni esplora un nuovo filone di ricerca: i gusci; elementi prefabbricati autoportanti e componibili realizzati con reti di acciaio rivestiti di cemento e additivi isolanti, dalle forme diagonali, piramidali, curvilinee e ad uovo. Una tecnologia tipica di quegli anni che hanno usato, con esiti diversi nelle loro architetture, anche Vittorio Giorgini a Casa Saldarini e nel progetto comunitario di Liberty, Pascal Hausermann e le sue Maison Bulle de Minzier e Maison La baleine, infine Antti Lovag con Palais des bulles di proprietà di Pierre Cardin. La Liguria però rimane un episodio centrale della sua vita. Dopo Bergeggi, inizia una ricerca, tra il 1976 e il 1977, tra Calice Ligure e la Val Pora, sulle stratificazioni storiche e la cultura contadina. Galvagni con un gruppo di persone intervista i contadini che raccontano la vita quotidiana, le abitudini e le colture che fanno nei campi. Ma allo stesso tempo compie le verifiche sul terreno per individuare le matrici formali, come, ad esempio, la raccolta dei campioni di terra. “La raccolta dei campioni di terra” sarà il tema di un dipinto che Galvagni realizza per l’Oratorio dei SS Cosma e Damiano donato alla comunità di Carbuta e presentato nel 1978 con una piece teatrale (6). Una volta analizzati si stabilisce, a seconda delle zone, quale tipo di concimazione è più adatta a migliorare le colture. Il coinvolgimento della comunità locale è alla base del lavoro di Galvagni. Il lavoro svolto in Val Pora trova una sua applicazione nella casa-studio che l’architetto milanese realizza dal ’69 al ’76; una vecchia casa rurale con annesso frantoio e stalla. “Il mio incontro d’amore con lei mi ha fatto sognare un luogo raccolto di lavoro in cui avrei potuto approfondire le ricerche di ecologia della forma sul retroterra della Liguria. Ne è derivato il sistema dei “convogliatori di luce”, elementi costruiti a piè d’opera da collocare nelle vecchie aperture, ma direzionati in funzione della intensità “dell’imbatto”: la forte luce della Liguria” (7). Galvagni ci insegna che solo attraverso uno studio attento del luogo, delle comunità che lo abitano, è possibile reinterpretare e rifondare il luogo stesso con un linguaggio nuovo che trae ispirazione dalle stratificazioni storiche senza cadere nella trappola della riproposizione della storia come linguaggio, tema caro al postmodern. La lezione di questo grande architetto, ancora attuale oggi, è la consapevolezza che l’architettura è “strumento” di mediazione nell’ancestrale relazione tra l’uomo e la natura, ma in una dimensione diversa da Wright e più vicina alle sperimentazioni di Paolo Soleri nel deserto dell’Arizona, dove è l’uomo il centro del progetto sociale e architettonico contemporaneamente. Questo articolo fa parte del nuovo numero tematico di archphoto2.0/Visionary Thinkers (1) Mario Galvagni, “The Completion of Puppi Triangle”, Nuovo Cimento B (2013) [a magazine online of Italian Physical Society] (2) Mario Galvagni, Poetica della complessità. Breviario del fare architettura, (Milano: C.R.A.P.F) (3) “In pittura si ricavano dalla morfologia della luce osservata e tradotta mediante elementi di focalizzazione del vuoto tra due oggettualità (esempi: la fisicità del soggetto pittorico; le bande luminose, le espansioni e le pressioni formali; le particelle liriche il tempo di osservazione della pittura come arte silente ecc.). In fisica (che è l’immagine del mondo) si descrivono le morfologie post esplosive che sorgono nel vuoto cosmico e che formano la materia, i gas, le molecole, che sono raccolte dal movimento rotatorio (spin) di una particella che li raccoglie e in miliardi d’anni formano i soli (spenti) che al momento della loro accensione (causa la reazione nucleare che trasforma l’idrogeno in elio), in cambio dell’energia spesa formano i pianeti e le lune”. Mario Galvagni, email inviatami il 20.4. 2017 (4) Mario Galvagni, Torre del Mare, in E.Piccardo (ed.) Holiday Houses (Busalla: plug_in, 2012)33 (5) Il soprintendente Armando Dillon aveva difeso le architetture affermando che “Galvagni è una personalità artistica che si sta esprimendo”, successivamente sotto pressione dagli ambientalisti aveva ceduto rifiutando di concedere l’architetto lombardo la realizzazione della piazza di Torre del Mare imponendogli una architettura in stile ligure alta due piani e con le persiane verdi. (6)“La rappresentazione teatrale è strutturata in 5 quadri: la risonanza spirituale, il colore; la terra e chi la lavora; il gatto e l’uccello, il gatto e il fiore, le suppellettili. Il metodo di Gestaltecologia di ideare un dipinto e della sua rappresentazione teatrale, nella funzione di evocare il più alto momento spirituale aggregativo e di solidarietà della comunità, si riallaccia alla nostra tradizione spirituale religiosa e laica”- see Galvagni, Poetica della complessità. Breviario del fare architettura, 124 (7) Galvagni, Poetica della complessità. Breviario del fare architettura, 113 |