Vittorio Prina. Paolo Sorrentino/3
“Da giovani si vede tutto vicinissimo: è il futuro. Da vecchi si vede tutto lontanissimo: quello è il passato”. Youth – La giovinezza Youth – La giovinezza, il sogno del compositore/Michael Caine a Venezia Due anziani amici – un compositore e direttore d’orchestra ormai inattivo (Michael Caine) e un regista che non riesce a concludere l’ultimo film (Harvey Keitel) – si incontrano in un raffinato hotel isolato tra le montagne riflettendo sulla vita, sull’arte e sui personaggi che incrociano in questo luogo nel quale si intrecciano le vite di attori, sceneggiatori, giovani e anziane star, Miss Universo giovanissima e nuda in piscina, una coppia silente in albergo e che amoreggia nei boschi, un Maradona obeso che palleggia, un inquietante personaggio che assomiglia a Hitler, un monaco tibetano che levita…Una umanità varia proposta con sequenze surreali, sconcertanti ed esteticamente raffinate e perfette; umanità e voracità – culinaria e sessuale – che contrasta ulteriormente con la raffinatezza algida delle architetture, ambienti e modi asettici e la purezza dei luoghi. Una regia non manierista ma sospesa come una “grande bellezza” che accoglie paure, timori, fragilità di un mondo reale proposto con tratti irreali. Dopo il suicidio del regista, il compositore torna alla vita nonostante l’età avanzata e la vicinanza alla morte. I luoghi Il film del 2015 è quasi interamente girato in Svizzera in due grandi e storici Hotel. Il primo è il Waldhaus Flims Mountain resort & Spa nel Cantone dei Grigioni. L’edificio più antico è realizzato nel 1877 completato da successive addizioni (Villa Belmont e Villa Silvana). Youth – La giovinezza, Miss Universo si bagna nuda in piscina La Grande Bellezza Concludo questa onirica carrellata di personaggi e luoghi con il film capolavoro del 2013 vincitore del Premio Oscar. Volgarità, meschinità e bassezza morale della maggior parte dei personaggi costituiscono il mezzo di contrasto che esalta le immagini meravigliose della Grande Bellezza. Mai come in questo film i luoghi e le architetture hanno una rilevanza eccezionale, sono i veri personaggi e protagonisti del film stesso. La grande bellezza è in realtà costituita dalla città di Roma, dai suoi giardini, palazzi, vie e architetture in generale. La stupenda sequenza iniziale alla fontana dell’Acqua Paola ci fornisce un primo assaggio; l’incredibile “viaggio” del protagonista e dello spettatore all’interno della serie di palazzi costituisce una “bolla” magica nel film; la passeggiata di Jep sul lungotevere e la sequenza conclusiva lungo il Tevere stesso non possono che confermare la Grande Bellezza della città. Alcune sequenze del film appaiono oniriche e possono essere considerate anche un omaggio a Fellini; Sorrentino ha inizialmente negato che il film fosse “felliniano”, salvo poi confessare il contrario. Sinceramente il film non mi è sembrato strettamente felliniano – a esclusione di qualche citazione o atmosfera – ma visionario, a tratti onirico e completamente dedicato alla ricerca della Grande Bellezza che alfine viene completamente comunicata allo spettatore. La perfezione delle inquadrature, i movimenti coerenti della macchina da presa, la luce, la fotografia hanno una qualità elevata, pari alle architetture e ai luoghi inquadrati; sono in definitiva un corollario insostituibile per comunicare la Grande Bellezza. La Grande Bellezza, la surreale performance dell’artista Talia al Parco degli Acquedotti Umanità varia Il primo piano di una donna urlante dà inizio a una delle feste con nani, ballerine e umanità varia a comporre una “fauna” tragica ed esilarante; una sfatta Serena Grandi esce da una torta a forma di Colosseo; danze e trenini (“che non portano da nessuna parte”) scatenati al ritmo della canzone Far l’amore cantata da Raffaella Carrà in versione tecno dance remixata da Bob Sinclar. La festa notturna si svolge sulla terrazza del palazzo Generali, ex Ina Assitalia, tra le vie Bissolati e Sallustiana; vediamo una vecchia insegna pubblicitaria al neon “Martini” in cima a un palazzo di via Veneto. L’edificio realizzato negli anni trenta da Piacentini per l’INA è stato completamente riqualificato nel 2014 dallo studio di architettura D2U – Design to Users. Romano/Carlo Verdone, scaricato dalla giovane donna che lo sfrutta, ferma l’automobile in piazza dell’Orologio – dalla torre con orologio del Convento dei Filippini del Borromini – di fronte a Palazzo Bennicelli iniziato dal Borromini e completamente trasformato nel 1896 dall’architetto Gaetano Koch. Seguono alcune sequenze a lato della chiesa di S. Sabina, del giardino a lato della chiesa di S. Alessio e della fontana con vasca termale romana e mascherone marmoreo nell’ingresso al Giardino degli Aranci in piazza Pietro d’Illiria. L’irridente performance di una pseudo artista – Talia, nuda con volto bendato, il pube dipinto di rosso con disegno di una falce e martello, che prende la rincorsa su una pedana disegnata come una strada e si schianta contro un acquedotto romano tra la folla plaudente – è realizzata nel Parco degli Acquedotti. Jep assiste all’evento e in seguito, sarcastico, cerca di intervistare la pseudo artista che non riesce a spiegare il significato della performance. Dopo un’ulteriore festa assistiamo a una performance artistica di una ragazzina che urlando spalma con le mani i colori su una grande tela circondata da una folla ammirata. Elisa De Sanctis, unico amore di Jep, muore: segue una visita al Cimitero del Verano, nel quartiere Tiburtino iniziato da Giuseppe Valadier nel 1807-12 e terminato su progetto di Virginio Vespignani. Le grottesche sequenze di Jep che osserva una fauna inquietante in attesa degli interventi costosissimi di un celebre chirurgo plastico, con modalità simili a un supermercato dell’orrore, si svolgono all’interno di Palazzo Brancaccio in via Merulana, realizzato a fine Ottocento da Luca Carimini. Dopo la morte del figlio di un’amica, Jep accompagna Ramona a provare l’abito per il funerale: siamo nel salone delle fontane – con grande scalone, Jep seduto sulla curvilinea panchina di marmo – trasformato nel film in atelier di moda, all’interno del Palazzo degli Uffici all’EUR realizzato nel 1937-39 da Gaetano Minnucci. Il funerale – dove Jep recita a perfezione la sua studiata parte – è celebrato nella chiesa dei Santi Domenico e Sisto sul Quirinale (Nicola Torriani e altri, iniziata nel 1569 e terminata nel 1663). Seguono alcune viste di via dei Fori Imperiali. Il protagonista si reca anche alle Terme di Caracalla dove, in un’atmosfera surreale, incontra un amico prestigiatore che fa scomparire una giraffa. La missionaria in Africa, detta “la santa”, donna di 104 anni dall’apparenza mummificata, è invitata a casa di Jep, ma non concede interviste e si nutre solo di radici, perché “le radici sono importanti”. La Grande Bellezza, Jep osserva Ramona nel salone delle fontane del Palazzo degli Uffici all’EUR (Gaetano Minnucci, 1937-39) La bellezza Il capolavoro di Sorrentino inizia con una lunga sequenza composta da veloci movimenti di macchina da presa: inizia con lo sparo del cannone del Gianicolo, sulla cima del colle – ogni giorno a mezzogiorno dal 1904 spara a salve secondo una tradizione iniziata nel 1847 a Castel Sant’Angelo –; prosegue con le mura adiacenti e con un uomo assorto di fronte alla scritta “o Roma o morte” collocata alla base del monumento equestre dedicato a Garibaldi; un uomo in canottiera si bagna presso la barocca Fontana dell’Acqua Paola – il “fontanone” – (mostra terminale, di Giovanni Fontana del 1608-10, dell’acquedotto Traiano ripristinato per volere di Papa Paolo V) sempre al Gianicolo in cima a via Garibaldi. La macchina da presa entra ed esce dall’apertura centrale – con campi e controcampi composti simmetricamente – sul cui parapetto un coro femminile sta cantando, indugia sulla vista di Roma, sfiora l’acqua azzurra della fontana (tema ricorrente nei film di Sorrentino; acqua che Jep vede sul soffitto della sua camera da letto), incrocia un gruppo di turisti giapponesi, uno dei quali sviene. Jep Gambardella vive all’ultimo piano con terrazza di un edificio di fronte al Colosseo, lato sud: la vista è impagabile. Consumato l’atto Jep esce di nascosto dalla casa (“La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto 65 anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”) e inizia a passeggiare sul Lungotevere tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini. Proprio in questo tratto di 550 metri William Kentridge ha recentemente realizzato la sua opera “Triumphs and Laments”. La passeggiata prosegue con una visita onirica al Tempietto di San Pietro in Montorio del Bramante: il capolavoro è inquadrato simmetricamente nella corte che lo ospita con la macchina da presa che scende dalla copertura verso il basso inquadrando il primo piano di una madre che cerca la figlia. Jep entra – spazio buio con luce radente – e osserva dall’oculo a pavimento la figlia della donna nascosta al centro dello spazio ipogeo. Jep, dopo un impietoso discorso tenuto a una frequentatrice di casa sua, cammina lungo via Veneto: incrocerà la stupenda Fanny Ardant, una sorta di improvvisa e breve apparizione omaggio al cinema di Fellini. Dopo aver conosciuto Ramona/Sabrina Ferilli, spogliarellista in un equivoco locale del padre, vecchio amico di Jep, il nostro la accompagna a cenare a La Veranda, a pochi passi da San Pietro, nel quattrocentesco palazzo con sale affrescate dal Pinturicchio. Incontra anche la madre del figlio psicotico e Antonello Venditti seduto a un tavolo. In seguito Sorrentino ci offre uno dei momenti memorabili del film. Jep e Ramona, accompagnati da un personaggio/Pasotti che ha in custodia tutte le chiavi, passano in rassegna i meravigliosi palazzi romani con una stupenda visita notturna. Iniziano sull’Aventino con lo sguardo nel buco della serratura del portone della villa del Priorato dei Cavalieri di Malta e la celeberrima vista del cupolone di San Pietro. Vediamo la grande statua di Marforio, di epoca romana, illuminata con un fascio di luce nel buio. Non siamo in un palazzo ma nel cortile dei Musei Capitolini – in piazza del Campidoglio – e proseguiamo all’interno lungo la galleria colma di sculture riprese in penombra come apparizioni. Nella sequenza di immagini compare, con un notevole salto spazio-temporale, “La Fornarina” di Raffaello Sanzio conservata nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini. Segue Palazzo Altemps in piazza Sant’Apollinare. Nella semioscurità scorgiamo le statue illuminate sul prospetto di Palazzo Spada – di Bartolomeo Baronino del 1540, in piazza Capo di Ferro – e all’interno ammiriamo la celebre finta prospettiva realizzata dal Borromini. Sorrentino ci accompagna poi a Villa Medici sulla collina del Pincio, vicino a Trinità dei Monti; nel giardino ammiriamo il gruppo scultoreo dei Niobidi; i tre personaggi all’alba camminano nello splendido giardino e si affacciano dalla terrazza con vista mozzafiato su Roma. Il film è chiuso dal meraviglioso piano sequenza lungo il Tevere. 31.10.17 |