Patrizio M. Martinelli. Mart Stam: dalla scala minima alla città
Collage di Ilse Bing con alcune opere di Mart Stam (1930) e copertine di “Das Neue Frankfurt” e “ABC”, riviste che pubblicarono suoi progetti e studi Gli anni compresi fra il 1926 e il 1933 sono forse uno dei periodi più importanti nella vita e nella carriera professionale di Mart Stam (1899-1986), architetto olandese che operò all’interno del dibattito architettonico nel momento cruciale della formazione e consolidamento culturale del Movimento Moderno. Figura ancora ai più poco nota, dalla storia travagliata e caratterizzata da una continua ricerca, Stam è stato personaggio schivo, che ha annullato l’aspirazione al protagonismo professionale contribuendo con umiltà al lavoro collettivo sul progetto, lasciando il segno attraverso un pensiero architettonico che ha declinato ad ogni scala, dal design dei mobili alla pianificazione urbanistica, passando attraverso fecondi esiti nei progetti di residenze e grandi infrastrutture architettoniche. Mart Stam, casa ampliabile (1924-1925). Modello (realizzato dagli studenti della Münster School of Architecture) e ridisegno del sistema strutturale a telaio (realizzato dagli studenti dell’Università Iuav di Venezia) fotografia del modello di Julian Vogt Durante questi anni, Mart Stam elabora alcuni progetti fondamentali, partecipando ad alcuni eventi culturali internazionali: fra il 1926 e il 1927 si trova a Rotterdam, dove si unisce come progettista allo studio di Brinkman e Van der Vlugt, contribuendo significativamente alla realizzazione della fabbrica di tabacco Van Nelle, mentre nel frattempo lavora ai primi studi per la sua famosa sedia a sbalzo in tubolare in ferro; nel 1927 fa parte del gruppo di architetti che intervengono al Weissenhof di Stoccarda; nel 1928 si stabilisce a Francoforte dove apre il proprio studio, ricevendo grazie a Ernst May gli incarichi per il quartiere Hellerhof e per la casa per anziani della fondazione Henry&Emma Budge a Francoforte; insegna per due trimestri al Bauhaus di Dessau, sotto la direzione di Hannes Meyer e nello stesso anno con Berlage e Rietveld forma la delegazione dei Paesi Bassi al Congresso di La Sarraz per la fondazione del CIAM; nel 1929 partecipa poi al secondo CIAM di Francoforte, esponendo i suoi progetti all’esposizione “Die Wohnung für das Existenzminimum”; infine fra il 1930 e il 1933 si trasferisce in Russia con Ernst May e la sua “brigata”, per contribuire alla progettazione e alla costruzione di nuove città nel quadro del piano quinquennale. Si tratta di un periodo dunque molto fecondo, durante il quale Stam si trova ad affrontare i temi architettonici più vari, ma fondamentalmente incentrati sul tema sociale e costruttivo della residenza collettiva: Stam è una figura di architetto che credeva nel mestiere come arte dell’impegno, arte rigorosa, sincera e vicina alle esigenze e alle aspirazioni dell’uomo, come corretta e sapiente messa in opera dei problemi tecnici e sociali del vivere dentro la città, in declinazioni sempre originali che in alcuni casi lo vedevano contrapposto alla retorica delle avanguardie e ai formalismi modernisti. Per Stam la ricerca architettonica di quegli anni non riguardava solamente una definizione di un nuovo linguaggio progettuale, ma doveva essere guidata dall’aspirazione ad un nuovo ordine sociale, in cui l’architettura si faceva carico di trasmettere valori etici e sociali. Progresso, dunque, che si esprime in istanze etiche antimonumentali e antiretoriche e si rappresenta nella costruzione. Mart Stam, ipotesi progettuale di costruzione di un tessuto urbano sulla base della cellula elaborata per il Weissenhof di Stoccarda. Modello interpretativo (realizzato dagli studenti della Münster School of Architecture) e disegno originale di Stam. La centralità della sincera messa in opera degli aspetti tettonici, che da “figure strutturali” si trasfigurano in “figure compositive”, ma sempre in funzione di una risposta al tema della standardizzazione dell’abitazione, emerge nel progetto del 1925 per una “casa ampliabile”. Esso viene pubblicato nel numero 3/4 del 1925 di “ABC”, la rivista da lui fondata insieme a El Lissitzky e Hans Schmidt, per illustrare un lungo saggio dello stesso Stam intitolato “Costruzione moderna” (1) ed incentrato su questioni tettoniche, in particolare legate all’uso del cemento armato. Le immagini pubblicate consistono solamente di una prospettiva della casa e del suo telaio strutturale; nessuna pianta, prospetto o sezione è stata pubblicata. Il progetto prevede un edificio a tre piani, con un ampio basamento. Il sistema strutturale, come detto, è a telai sovrapposti, l’ultimo dei quali, al secondo livello, arretra, portando il pilastro più esterno a caricare sulla trave sottostante. L’enfasi data a tale aspetto costruttivo si giustifica rispetto ai contenuti dell’articolo, che sostiene con convinzione, anche attraverso un saggio tecnico a cura di Emil Roth, la figura strutturale del telaio a doppio fusto come migliore soluzione tecnica dal punto di vista tettonico, funzionale ed economico nell’utilizzo del cemento armato. Il portale trilitico in cemento, del quale è sottolineata la giunzione trave-pilastro e la visibilità delle nervature delle travi, mai “in spessore”, diventa elemento ripetibile e combinabile, consentendo come in questo progetto di ampliare l’abitazione: una casa che si espande, in cui il telaio si può ripetere flessibile per realizzare un edificio residenziale collettivo. La contrapposizione con il sistema Dom-ino lecorbuseriano viene in tal senso messa in luce dallo stesso Stam: tale principio si dimostra oneroso economicamente, soprattutto a causa del solaio massiccio previsto da Le Corbusier; inoltre, lavorando per elementi finiti montabili, ovvero il solaio, i pilotis, la scala, non sfrutta appieno le possibilità del cemento armato che consente le giunzioni monolitiche delle parti. Lontane le posizioni anche dal punto figurativo fra i due: mentre il maestro svizzero ricerca l’astrazione ideale del piano-solaio puro e del parallelepipedo-pilastro puro, anche a scapito della coerenza tettonica, all’opposto Mart Stam mette in opera la rappresentazione chiara dell’elemento trilitico in tutta la sua concretezza funzionale, figurativa e costruttiva. Il 23 luglio 1927 si aprì a Stoccarda l’esposizione sulla casa organizzata dal Werkbund tedesco. L’intento di mostrare attraverso l’opera realizzata all’interno del Weissenhof le intenzioni d’avanguardia del Movimento Moderno nell’ambito tecnologico e sociale sul tema dell’abitazione fu accolta appieno da Mart Stam, la cui influenza spinse verso sinistra la mostra. Del resto proprio in uno scritto di presentazione del suo progetto Stam scrive che “la costruzione deve essere fatta per le persone con il reddito più basso. Per fare ciò, per costruire edifici piccoli e comodi, a prezzo basso, si deve progettare un tipo di casa estremamente compatto. In più, si dovranno abbandonare certe abitudini e tradizioni, a favore di uno stile di vita economico” (2). Mart Stam partecipò con un piccolo edificio a schiera, costituito da tre appartamenti di due piani con seminterrato. Il manufatto è costruito con un sistema rapido ed economico, con struttura portante in acciaio con due campate strutturali di 3,25 metri, solai in pannelli di cemento prefabbricati, murature in blocchi cementizi. Il piano terra è leggermente rialzato, tanto che vi si accede attraverso delle scale e delle esili passerelle, una per ogni unità e poste a differente distanza dal filo facciata, seguendo l’andamento della strada, dei piccoli ponti che separano l’alloggio dallo spazio pubblico della strada. Esso ospita la zona giorno costituita da soggiorno, collegato da una scala di servizio al seminterrato e con una scala principale al piano superiore, dalla cucina e da un piccolo bagno. Al primo piano trovano sede due camere da letto con armadiature a muro e pareti attrezzate, la stanza per la domestica e un bagno in diretto contatto con un ampio guardaroba-spogliatoio. La ricerca è verso forme lineari e semplici, con pochissimi sporti ed aggetti, proprio per rendere la costruzione meno costosa; il modus vivendi tedesco viene preso in considerazione dal progettista, conscio tuttavia che proprio attraverso l’uso e le abitudini degli abitanti un prototipo residenziale va affinato e modificato, perfezionandosi nel tempo. L’edificio al Weissenhof può inoltre essere considerato un frammento di un sistema più complesso che Stam aveva elaborato, che si costruisce per aggregazione della cellula minima: esistono infatti degli schemi che riguardano la possibile costituzione di un tessuto urbano, un vero e proprio pezzo di città, attraverso schiere più ampie e numerose, disposte secondo una elegante e morbida giacitura leggermente curva, e in una condizione orografica in pendenza, che consente, così come accade a due delle tre unità di Stoccarda, un affaccio di tre piani verso sud, con il seminterrato che si apre sul giardino. Nel 1928 Stam ebbe l’incarico di progettare un quartiere residenziale a Francoforte da parte di Ernst May, direttore dell’ufficio per la pianificazione della città, nell’ambito del grande programma di sviluppo urbano e di costruzione di residenze sociali realizzato fra il 1925 e il 1930. La relazione fra i due si era consolidata mesi prima, proprio durante l’esposizione del Weissenhof del 1927 e in occasione del primo CIAM a La Sarraz del 1928, e continuò anche grazie al coinvolgimento di Stam nel gruppo di architetti che si trasferì con May nell’URSS, per contribuire al disegno delle nuove città sovietiche, fra le quali le città di Makeyevka e Magnitogorsk. Il progetto viene presentato nel 1929 al CIAM di Francoforte intitolato “Die Wohnung für das Existenzminimum” e poi pubblicato in “Das Neue Frankfurt” (3), interamente dedicato ai cinque anni di pianificazione e realizzazioni nella città tedesca. L’impianto si può riferire con chiarezza alla fase finale dell’evoluzione dell’isolato urbano della città tradizionale, così come era stata tracciata dallo stesso Ernst May nel diagramma che descrive la trasformazione del blocco compatto prima in sistema di edifici a corte chiusi, poi in un sistema di edifici in linea paralleli fra loro, a costruire una città nuova, quella di cui già nel 1923 Stam scriveva: “Le città medievali venivano chiuse entro mura di cinta (…), così la chiusura in sé stesse, la compattezza divenne la loro caratteristica principale. Le città moderne, invece si aprono verso l’esterno”(4). La nuova relazione con la strada, lo smantellamento dei fronti compatti della rue corridor, lo studio delle tipologie residenziali, la ritrovata relazione con la natura (l’orientamento rispetto all’asse eliotermico e il verde, che diviene patrimonio comune e strumento per il disegno della città), sono i capisaldi della ricerca del Movimento Moderno per un’alternativa alla città tradizionale. L’intervento prevede 800 alloggi distribuiti in una serie di edifici in linea di differente altezza che arrivano a superare i 160 metri di lunghezza: tre di due piani, con orientamento est-ovest e serviti da ballatoio, quattro di tre piani e uno di quattro con orientamento nord-sud, quest’ultimo a chiudere il fronte orientale dell’impianto, staccati l’uno dall’altro di circa 25 metri. Gli alloggi sono di differente taglio tipologico, tutti ad un solo piano e con una metratura minima di 36 metri quadrati, ma tutti caratterizzati da logge e terrazze che da una parte arricchiscono lo spazio interno della cucina e del soggiorno soprattutto, e dall’altra contribuiscono a disegnare, articolandoli con tali incisioni, i lunghi fronti. Gli spazi domestici di servizio (bagno e cucina) sono pensati su dimensioni minime, a favore dei soggiorni e delle camere, quasi tutte dotate di pareti attrezzate che si ispessiscono per contenere nicchie, elementi di arredo e armadiature, favorendo così una maggiore disponibilità di superficie utile alla vita nella casa. L’attenzione per l’appropriato dimensionamento e collocazione dei dispositivi necessari alla vita domestica è evidente, in una ricerca della qualità dell’abitare che troviamo dichiarata nelle stesse parole di Stam: “Se gli oggetti che abbiamo a casa devono renderci la vita più facile, allo stesso modo gli spazi delle nostre case devono essere funzionali alle nostre esigenze. Devono aiutarci a vivere meglio, supportarci nelle nostre attività, migliorare le nostre prestazioni. La scala dei nostri spazi dovrebbe tener conto della scala dell’uomo, far riferimento alle nostre esigenze fisiche e mentali” (5). Mart Stam, quartiere Hellerhof a Francoforte. Una delle testate del complesso, modello (realizzato dagli studenti della Münster School of Architecture) e spaccato assonometrico (realizzato dagli studenti dell’Università Iuav di Venezia) Particolare cura è stata data alla declinazione delle testate, sempre elaborate plasticamente proprio in rapporto al loro affaccio sulla strada, in quanto luogo di confronto fra l’edificio collettivo e lo spazio pubblico delle relazioni con la città. Il fronte sud del complesso è infatti definito dai corpi bassi in linea a ballatoio, dell’altezza di due piani, disegnati dalla ritmica alternanza di pieni e vuoti grazie agli scavi profondi delle logge, e dal leggero arretramento del piano terra basamentale, adibito alle attività commerciali. Le testate nord presentano uno svuotamento del piano terra e la messa in luce dei pilastri che, ai piani superiori, configurano l’affaccio aereo e trasparente delle logge; alcuni corpi bassi e chiusi si innestano nella testata, perpendicolarmente alla stecca di tre piani, comunque arretrati e sganciati rispetto agli elementi di sostegno verticali. Come è stato notato, il quartiere Hellerhof “è caratterizzato dalla tipica attenzione olandese nel dare speciale considerazione all’‘organismo-quartiere’, che lo ha reso unico nel contesto della nuova espansione di Francoforte” (6). Considerando la disarmante uniformità di altri interventi sorti nello stesso periodo, esso è fortemente caratterizzato da tale differenziazione delle configurazioni, sia volumetriche, sia delle tipologie degli alloggi, oltre che nell’impaginato dei fronti urbani. Una varietà, compositiva e figurativa, che rimanda all’idea della costruzione di un frammento di città, alla costruzione di un “fatto urbano” della modernità. Dimensione urbana del progetto, che non rinuncia, come visto, alla riflessione sulla qualità dello spazio domestico e alla sua rispondenza alle necessità della vita dell’uomo, al contempo non rinunciando alla rispondenza fra atto ideativo e momento costruttivo. Questo è il portato che l’autenticità dell’opera di Mart Stam sicuramente ci trasmette, in un momento in cui il professionismo e la stessa cultura architettonica ci appaiono sovente annebbiati dalla falsificazione patinata delle immagini. Tornare su tali opere significa dunque ritrovare l’afflato etico insito nel suo pensiero, nella convinzione che l’insegnamento dei maestri del Movimento Moderno, anche quelli come Stam che in nome dell’architettura si sono tenuti fuori dalla luce dei riflettori, non è a tutt’oggi ancora esaurito. [Patrizio M. Martinelli] 17.6.16 Peer review LG (1)STAM, Mart, “Modernes Bauen 1-3”, in “ABC”, N° 3-4, 1925. (2)STAM, Mart, “Wie Bauen?”, in JOEDICKE, Jürgen, Weissenhofsiedlung Stuttgart, Karl Krämer Verlag, Stuttgart 1989 (traduzione dal tedesco a cura dell’autore). (3)“Das Neue Frankfurt”, N° 4/5, 1930. (4)STAM, Mart, “Holland un die Baukunst unserer Zeit”, in “Schweizerische Bauzeitung”, N° 15, 1923 (traduzione dal tedesco in Mart Stam 1899-1986, numero monografico di “Rassegna”, N° 47, 1991). (5)STAM, Mart, “Scala-scala corretta-scala minima”, in DAL FABBRO, Armando, MARTINELLI, Patrizio M. (a cura di), Architetture di Mart Stam 1924-1933. Disegni modelli interpretazioni, Il Poligrafo, Padova 2010. Prima pubblicazione in “Das Neue Frankfurt”, N° 3, 1929 (traduzione del tedesco a cura di Maria Giulia Montessori). (6)BOSMAN, Jos, “L’architettura di Mart Stam tra Avanguardia e Funzionalismo”, in Mart Stam 1899-1986, numero monografico di “Rassegna”, N° 47, 1991. |