Marcelo Corti. Mc Ondo e le città del desiderio: la sfida delle metropoli latinoamericane

São Paulo city and Congonhas airport
Sao Paulo, fotografia da commons.wikimedia.org

Qualche anno fa, un gruppo di giovani scrittori latinoamericani ha pubblicato una raccolta dei suoi testi col titolo di McOndo. Il nome era un ironico riferimento al magico villaggio di García Marquez, e alla sua contropartita urbana e globalizzata nella quale abitano oggi la maggioranza dei sudamericani. Una urbanizzazione ispirata a modelli europei e nordamericani (spesso contradittori fra loro) ma che per diversi motivi presenta caratteri propri e riconoscibili, alcuni vincolati alla stessa identitá ed altri, purtroppo, al sottosviluppo.
Le metropoli latinoamericane sono la esacerbazione di questa forma di vita, al tempo urbana e periferica. Albergano enormi percentuali della popolazione dei suoi paesi, ed esercitano forti egemonie (primacies ) sopra i suoi territori, che tendono a vuotarli con la sua irresistibile attrazione. Alcuni di queste metropoli sono fra le megacittà del mondo, quel gruppo di urbanizzazioni che supera i 10 millioni di abitanti: Città del Messico, Sao Paulo, Buenos Aires, Río de Jaineiro. Altre metropoli non sono ancora arrivate a quella dimensione, ma ospitano popolazioni di milioni di persone: Santiago, Bogotá, Lima, Caracas, ecc. Molte di queste cittá, 40 o 50 anni fa, non superavano alcune centinaia di migliaia di abitanti.
Sono gigantesche e estese agglomerazioni senza qualitá, che contengono il meglio ed il peggio del continente: la creativitá, vitalitá e frescura dei popoli che resistono alle avversitá, ma anche la miseria e la violenza delle societá piu ingiuste e disuguali del pianeta. Come un patchwork, le aree della miseria e della estrema povertá convivono appena separate dai muri divisori o dalle strade pericolose, con guardie armate e cani feroci. Si estendono su periferie infinite, che ricordano la domanda di Italo Calvino su Pentesilea: “fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all’altro e non arrivi a uscirne?”.
Come contropartita, i centri storici di queste metropoli rimangono abbandonati e si degradano, fin che opportune operazioni di gentrification ci dotano di grattacieli cosí lussuosi e asettici come quelli del mondo sviluppato.
In queste aree attrattive e pericolose si realizzano gli scambi fra la produzione dei territori nazionali e la economia globale, e dove si sviluppano alcune delle esperienze culturali, sociali e politiche piú affascinanti. Lí si ascoltano nelle strade i metissage culturali fra la cumbia, la salsa, il tango, il funk, il rap, il reggae e qualsiasi ritmo immaginabile, o si filmano pellicole come Un oso rojo, Amores perros o Estación Central (un soffio di frescura di fronte alla anodina produzione di Hollywood). Li si generano fenomeni politici come le Madri da Plaza de Mayo o i movimenti dei disoccupati e delle ditte recuperate dai suoi lavoratori a Buenos Aires, il recupero delle favelas a Río o le drammatiche manifestazioni a Caracas. Proprio dalla periferia di Sao Paulo è venuto un sindacalista metallurgico, Lula Da Silva, che ha raggiunto la presidenza di un paese di 130 milioni di abitanti, diventando una delle piú grandi speranze del continente.
Le metropoli latinoamericane affrontano diverse e fortissime sfide in questo momento della globalizzazione:
· La sfida della sostenibilitá, i problemi ambientali e il riconoscimento dei responsabili (pubblici o privati), la realizzazione delle infrastrutture e delle reti di trasporto, il combattimento della povertá, forse il principale problema ambientale dell’América Latina.
· La sfida dell’ identitá culturale, che non é immobilismo neanche folklorismo, ma una visione crítica del meticciamento, il sincretismo e l´ ibridazione che ci caratterizzano.
· La sfida della produzione, basata sulla creativitá ed il talento dei popoli americani nonchè sui bassi stipendi e lo sfruttamento abusivo dei ricorsi.
· La sfida dello spazio pubblico, non come operazione di marketing urbano, ma come concrezione degli ambiti per l´incontro, il progetto sociale e l’utopia.
· La sfida dell’equitá, che implica garantire ad ogni latinoamericano un minimo di benessere che includa i diritti fondamentali della persona.
Equitá e giustizia sono requisiti per trasformare i semplici “abitanti” in cittadini di fatto e di diritto. Questa é infine la principale sfida delle nostre metropoli: cessare d´essere agglomerati e diventare cittá,la cittá desiderata e sognata da milioni di sudamericani.
E’ una sfida difficile, ma non impossibile per il continente che ha originato Machu Pichu e Chichen Itzá, le cittá razionali della conquista spagnola, le epopee di La Plata e Brasilia, gli anonimi eroismi della autocostruzione dei poveri.
L’architettura, dimensione essenziale dell´ urbano, ha un ruolo speciale e quasi demiurgico alla formazione di una nuova cittá, giusta, bella, sostenibile e stimolante. Parecchi progetti e professionisti che mostra Archphoto in questo approfondimento partecipano attivamente a questa missione.

[Marcelo Corti]

Marcelo Corti
Architetto e urbanista, abita a Buenos Aires e integra la consultora urbanística Zirma. É l´editore di Café de las ciudades, rivista digitale di conoscenza, riflessione e sguardo sulla cittá (www.cafedelasciudades.com.ar)