Joe Zaatar. Niemeyer dimenticato
Celebre per i monumenti storici del suo passato, come il tempio di Baalbeck, il Libano è terra d’importanti opere d’architettura tanto del passato recente, come le dimore ad Ashrafié realizzate sotto il mandato francese, quanto del presente, come i progetti di Moneo, Holl, Boffill e Nouvel. Tra esse, una particolare attenzione merita l’opera di un insigne architetto contemporaneo, Oscar Niemeyer, quasi del tutto sconosciuta alle giovani leve dell’architettura: la Fiera Internazionale e Permanente di Tripoli. Situato a Nord del Libano e vicino al mare, questo complesso di 64.000 mq di superficie, che interessa complessivamente un’area di oltre 1 milione di mq , è sicuramente di grande impatto per le sue dimensioni e di rara bellezza per la sua ubicazione. Iniziato nel ’62 per volontà del governo libanese, non è stato purtroppo mai completato, a causa della interminabile guerra civile che ha devastato il Paese. Il polo fieristico è stato concepito dal suo autore come un vero e proprio “piano regolatore monumentale” mediante il quale decentralizzare verso altri territori (il polo urbano di Tripoli appunto) il focalizzarsi su Beirut delle espansioni metropolitane, che in quegli anni iniziavano a strutturare i futuri assetti territoriali del Paese dei Cedri. Il vasto progetto di Niemeyer intende creare non tanto e non soltanto un insieme di edifici espositivi in senso stretto, ma vuole piuttosto creare un grande e complesso quartiere urbano moderno, in cui trovano posto e si alternano abitazioni, aree e spazi per il commercio, luoghi per lo sport, il divertimento e il turismo a contatto con il mare. L’architetto non si sottrae all’incarico principale, che gli è stato assegnato, ossia disegnare una nuova fiera, ma la progetta intessuta e integrata nella città, in mezzo a parchi e giardini circondata da abitazioni, scuole, asili, negozi, cinema, chiese, moschee e sinagoghe. Solo in tale contesto, secondo Niemeyer, la fiera potrà fare da volano alla nuova Tripoli assumendo il ruolo di polo d’attrazione di interessi interconnessi che ad essa si possono associare: interessi culturali, artistici e ricreativi di rilievo territoriale e nazionale. Un tratto particolare del progetto è dato inoltre dalla sua profonda unitarietà: Niemeyer mira, infatti, ad armonizzare tra loro i vari edifici previsti per le diverse attività e funzioni pianificate, applicando con grande schiettezza e fiducia i canoni architettonici, per così dire, del movimento moderno. Sorgono così spazi senza ornamento ma impregnati di tecnologia e di senso della costruzione, fatti di cemento armato nudo, così come di pietra a vista erano costruite in Libano le grandi fabbriche del passato. L’orizzonte è disegnato da edifici iconici, dove la piramide, la sfera, l’arco di cerchio ed il disco hanno quasi il valore e il sapore delle architetture primordiali; la loro dimensione e le relazioni che instaurano con i luoghi in cui si stagliano, netti e scarni, sembrano voler dare nuovo impulso e infondere nuova linfa alla storia di una città antica come Tripoli, e di un Paese nobile come il Libano. Le fotografie sono di Suzanne Naassan Zaatar |