Caterina Iaquinta. Grand Domestic Revolution

cat4Domestic Workers Netherlands e Matthijs de Bruijne

Nel momento in cui Milano si sta per trasformare nell’oasi turistica EXPO 2015 pronta ad accogliere e soddisfare le esigenze dei molti pubblici che a breve vi giungeranno, in cui si continuano a mettere in gioco i rapporti tra la città e i suoi abitanti, si discute sulla logica che assiste alla moltiplicazione delle strutture di ricezione, si accentuano tensioni tra aspettative e ripercussioni sul dispiegamento di risorse e forze impiegate, giunge alla sua sesta tappa alla Fabbrica del Vapore di Milano (5 marzo-19 aprile, Careof) Grand Domestic Revolution GOES ON (Grand Domestic Revolution Goes OnMilan at Careof per la tappa milanese a cura di Martina Angelotti e Silvia Simoncelli, in collaborazione con Yolande van der Heide). Un progetto che rappresenta una possibilità di ri-orientare lo sguardo sul territorio urbano milanese per immaginare nuove forme di lavorare e abitare in comune e osservare l’importanza della sfera domestica nella costruzione delle relazioni sociali.

Avviato nel 2009 da CASCO – Office for Art, Design e Theory di Utrecht, GDR è una “living research” in divenire, come la definiscono le ideatrici del progetto Binna Choi e Maiko Tanaka, un progetto itinerante (iniziato in un appartamento privato di Utrecht, si è spostato a Londra -The Showroom; Derry – Center for Contemporary Arts Derry; Ljubljana – City of Women Festival e Stoccolma -Tensta Konsthall), costituito da una struttura complessa e attivato da soggetti diversi in grado di adattarsi alle particolarità dei luoghi in cui il progetto approda, coinvolgendo di volta in volta artisti, designer, domestic workers, architetti, giardinieri per ripensare la funzione e il ruolo della domesticità come strategia di costruzione di comunità, sfidando le tradizionali divisioni tra pubblico e privato nella collettività urbana.

cat2Grand Domestic Revolution Goes On – Milan at Careof: Ugo La Pietra

L’indagine sulla “sfera domestica” affrontata dal progetto olandese, fa diretto riferimento al testo The Grand Domestic Revolution: A History of Feminist Designs for American Homes (1982), in cui l’autrice Dolores Hayden, storica dell’architettura, analizzava attraverso l’organizzazione dello spazio abitativo le forme di coercizione presenti nella vita domestica femminile e individuava in quello che definisce come “material feminism” una possibilità di rovesciamento di tale situazione.

Gli aspetti sollevati nel testo di Hayden sulle condizioni di vita domestica condotta dalle donne americane, così come le prime campagne femministe contro l’isolamento delle donne in casa e il confinamento della vita domestica come causa di un diverso posizionamento nella società, trovavano un riscontro nel precedente testo di Betty Friedan, The Feminine Mystique (1963) in cui l’autrice riscontrava in quel problema “that had no name”, la forma di malessere diffusa tra le donne americane di classe media e cultura alta che avevano scelto la famiglia abbandonando la possibilità di realizzarsi nel mondo del lavoro. Ma a differenza di The Feminine Mystique in cui Friedan non proponeva alcuna forma di lotta collettiva auspicando invece a vie d’uscita individuali, Hayden suggeriva invece obiettivi ambiziosi per la fuoriuscita dal “malessere” proprio a partire dalla rivoluzione dell’organizzazione e dall’assetto della casa, per poi ricadere sulle forme di lavoro domestico e di cura della famiglia attraverso la creazione di servizi per la comunità in alternativa all’isolamento della vita domestica e lavorativa.

Le analisi di Hayden sollevavano dunque una duplice questione che riguardava sia i conflitti legati alle rivendicazioni portate avanti dal femminismo, ma anche le condizioni dell’abitare e della progettazione urbana americana.

Con questa premessa la prima fase del progetto GDR ha visto la fondazione di una biblioteca, Grand Domestic Revolution Library, costruita attorno alle tematiche emerse nel testo di Hayden e un successivo riscontro nella pratica espositiva come forma di indagine attiva e dialettica sulle diverse forme dello spazio domestico e sulla “forma collettiva dell’abitare”.

La scelta del primo spazio espositivo per la presentazione e attivazione del progetto è ricaduta infatti su un appartamento privato nella citta di Utrecht, costruito secondo i codici spaziali determinati dai colori e dal mobilio curato dagli architetti ifau e Jesko Fezer in cui si sono alternate diverse partecipazioni artistiche e delineate le aree d’interesse del progetto: spazio domestico nelle declinazioni di abitare in comune e vivere in comune; proprietà domestica come motivo di lotta tra proprietari e affittuari; lavoro domestico inteso come lavoro invisibile e lavoro a casa e le relazioni domestiche estese alla famiglie e ai quartieri.

Nell’ultima tappa del progetto questi temi si articolano nello spazio del Careof (GDR Goes On Milan at Careof SET), concepito e realizzato da AUT e Christian Nyampeta, ruotando attorno a tre elementi principali: la struttura della biblioteca, la riproduzione sulle pareti e il pavimento dello spazio di una planimetria e infine gli elementi di arredo.

cat3Grand Domestic Revolution Goes On – Milan at Careof: Doris Dekanmp, Jimini Hignett e Archivio DOCVA

La biblioteca, centro della mostra della tappa milanese, è stata progettata e costruita negli spazi del Careof utilizzando gli scaffali dell’Archivio DOCVA, un luogo di grande valore per il tessuto artistico milanese e non solo, diventando così all’interno dello spazio un elemento di congiunzione tra il luogo espositivo e la città di Milano. Costituita da oltre duecento volumi, raccolti nei due anni in cui il progetto è stato sviluppato a Casco, la biblioteca è suddivisa in varie sezioni con testi che analizzano i temi come spazio urbano, spazio domestico, lavoro, vita quotidiana, comunità, sostenibiltà, economia nel caso milanese arricchita da una selezione di video dall’Archivio Video di Careof inerenti alle tematiche trattate tra cui Riccardo Benassi, Alex Villar, Zimmerfrei, Maja Bajevic e Ugo La Pietra (presente in mostra anche con le foto e i disegni di Attrezzature urbane per la collettività, 1979).

La disposizione di oggetti ed elementi d’arredo all’interno e all’esterno della biblioteca costruiti richiamandosi ai modelli di auto produzione di Enzo Mari, Ugo La Pietra (mentre le sedie sono state offerte dai diversi laboratori che fanno parte della Fabbrica del Vapore), conferiscono all’ spazio un carattere di abitabilità, dialogo e unità con lo spazio che viene confermato dalla riproduzione sul pavimento e sulle pareti del perimetro dei vani dell’appartamento in Bemuurde Weerd oz 18B a Utrecht, in cui si è svolta dal 2009 molta parte del progetto GDR di Casco.

In uno spazio definito attraverso questi dispositivi strutturali e visivi connessi alle prospettive delineate dalle tematiche legate alle strategie dell’abitare, le opere in mostra funzionano come “attivatori” rimandando implicitamente ai testi che i visitatori sono invitati a consultare per costruire un proprio percorso all’interno del progetto.

Katerina Šedá (For every dog a different master, 2007) riflette sulla mancanza di relazioni sociali tra gli abitanti del complesso abitativo di Nová Líšen alla periferia di Brno dove risiede l’artista. A seguito di una riqualificazione degli edifici, Šedá ha inviato a 1000 abitanti una camicia realizzata con le immagini dei palazzi, a nome di un residente loro vicino. Un mese dopo, ha invitato i residenti a una sua mostra in una galleria locale, a cui hanno partecipato circa 350 persone. Il mese seguente Šedá ha inviato una nuova lettera ai residenti spiegando loro il progetto e invitandoli a inviarle i loro commenti: a volte critici, a volte entusiasti, questi costituiscono per l’artista uno dei momenti più significativi del progetto. Nel video realizzato con la tecnica delle ombre cinesi Matthijs de Bruijne e Domestic Workers Netherlands (No work no pay, 2012) si concentrano invece sul tema del lavoro invisibile all’interno dello spazio domestico.

I protagonisti che sullo schermo svolgono attività quotidiane – pulire, cucinare, accudire – sono i lavoratori che fanno parte dell’associazione Domestic Workers Netherlands, un sindacato che si batte per l’accesso alla previdenza sociale e il miglioramento delle condizioni di lavoro, con cui de Bruijne ha realizzato diversi video. Helke Sander (Nr. 1—aus berichten der wach—und patrouillendienste – From the Reports of Security Guards & Petrol Services No.1 – 1985), racconta attraverso il video il dramma della reale urgenza sociale rafforzando il gesto individuale come documento di rilevanza sociale nella storia di una madre che scala una gru con i suoi due figli e minaccia di lanciarsi nel vuoto se non le sarà trovato un alloggio con un affitto ragionevole entro sera. Tra gli artisti invitati per l’occasione milanese Ludovica Carbotta nella serie di disegni e fotografie (Apart we are together, 2015) prosegue il progetto A motorway is a very strong wind, presentato a Careof lo scorso marzo 2014, per il quale l’artista aveva tradotto in disegni, sculture e installazioni le descrizioni di spazi dedicati alla vita in comune che le sono state inviate da numerosi soggetti coinvolti nella produzione artistica.

Il lavoro per GDR rappresenta un nuovo capitolo del progetto, e si focalizza su momenti di isolamento individuale, in contesti di coabitazione e lavoro. I disegni preparatori in mostra raffigurano oggetti che possono essere utilizzati in momenti di isolamento, in relazione a tre contesti specifici: il lavoro, la famiglia e il viaggio. Mentre un lavoro sul territorio e l’interland milanese è stato sviluppato da Doris Denekamp e Jimini Hignett, (Mappa sensoriale di Milano – If bees are few…, 2015), in un’installazione che è il risultato del loro periodo di residenza a Milano in occasione di GDR al Careof. Il titolo che richiama una poesia di Emily Dickinson, fa riferimento al fenomeno del progressivo decrescere della popolazione delle api. A Milano, città di Sant’Ambrogio, patrono degli apicoltori, Doris Denekamp e Jimini Hignett hanno svolto una ricerca sulla produzione del miele nell’area periurbana e nei territori agricoli contigui alla città cogliendone dei campioni e segnando le su una mappa i luoghi di produzione di quest’ultimo intorno alla città di Milano sviluppando così una mappa sensoriale del territorio in cui il miele può essere considerato come un sistema alternativo di archiviazione.

[Caterina Iaquinta]

25.4.15

CASCO, sito dedicato al progetto GDR:
http://gdr.cascoprojects.org

GDR goes on:
http://gdr.cascoprojects.org/User/GDR-GOES-ON-London

GDR goes on a Milano:
http://cascoprojects.org/grand-domestic-revolution-goes-on-to-milan