L’istituto Nazionale di Urbanistica (INU) ha presentato nel febbraio del 2024 una proposta di legge sul governo del territorio, frutto del lavoro di un gruppo multidisciplinare di esperti. Il testo, inserito nel numero 313 di Urbanistica Informazioni, è rintracciabile sul sito dell’INU 1. Il percorso preparatorio – compiutamente rendicontato nel numero 311 della medesima rivista – può certamente fornire il giusto contesto, sostanziale e metodologico, al risultato raggiunto, ma è prioritaria un’analisi puntuale, nonché cruda, del testo. Infatti è su di esso, sul corpo normativo, che si deve svolgere il confronto, nella comunità scientifica e nella società civile tutta.
Occorre riconoscere, anzitutto, il valore in termini assoluti di questa iniziativa dell’INU: non si può che essergli grati per l’opportunità di ragionare sul territorio, sulla sua gestione e sugli strumenti che la rendono possibile – potendo partire da uno spunto ponderato e strutturato.
Intervenire rispetto alla proposta di legge significa presentare dei ragionamenti su possibili integrazioni ed emendamenti, non esenti da critiche verso quanto è stato scritto. Si tratta dell’unico modo per renderle davvero onore. Le considerazioni presentate di seguito, impostate su un’analisi ben lungi dall’essere esaustiva, si riferiscono, rispetto all’insieme delle questioni affrontate (tutte rilevanti a loro modo), a una serie di tematiche rilevanti, di per sé o per il modo in cui sono state affrontate.
L’attenzione non può che ricadere sull’articolo 2, “Principi fondamentali e finalità”, quantomeno per il suo valore di sintesi di tutta l’operazione, dove iniziare a riscontrare peculiarità e criticità. Tra le finalità si legge del perseguimento della neutralità climatica e carbonica e del contrasto alle cause dei cambiamenti climatici e della resilienza agli effetti conseguenti, con particolare attenzione all’autonomia energetica delle comunità locali 2 . A questo accenno non seguono poi, anche nel resto del testo, elementi utili a supportare efficacemente l’idea di fondo – genericamente condivisibile, ci mancherebbe. Andrebbe inserito, lì o altrove, un affondo su circostanze e interventi specifici relativi al nesso tra il rinnovamento di parti di città e di territorio e l’introduzione di soluzioni strutturali che affrontino gli effetti dei cambiamenti climatici, per garantire non solo l’incolumità e la sicurezza sociale dei cittadini, ma la possibilità di esistenza per i nostri insediamenti. In un futuro ormai molto prossimo, essi dovranno cambiare – non completamente, ma profondamente sì – confrontandosi coi cambiamenti del clima (aumento delle temperature, eventi meteorologici intensi, gestione delle acque, etc.), ma anche con le strategie/politiche già in essere, come la transizione energetica (che significa anche, sempre più, efficienza e addirittura contrazione dei consumi). Questi processi, non solo tecnologici ma anche spaziali e normativi, devono essere prefigurati e governati ottimamente.
Su tematiche come queste, che rischiano ormai di apparire consunte o addirittura abusate, sarebbe fondamentale evitare di ricorrere a formule generiche, mediando la necessità di sintesi con l’urgenza di esprimere finalità e principi in enunciati subito operativi.
Nel testo è poi inserita, quale ulteriore finalità, l’individuazione di iniziative di sviluppo, verificandone preventivamente la sostenibilità ambientale ed urbanistica 3 . Questa stringata ed eufemistica espressione rappresenta bene il fatto che la proposta di legge sul governo del territorio non si dedica in termini sostanziali, espliciti e specifici, a questioni come “industria” e “infrastruttura”. Non possiamo stupirci, considerata la deriva che le ha marginalizzate rispetto a visioni e strategie; sono fastidiose e troppo scomode, vista la complessità dei temi, per stare in un dibattito pubblico – anche culturale – dominato dal fast e dal short. Infatti, l’Italia non ha una politica industriale (ora così come da decenni) – qualcuno è contento, altri sono spaventati.
Si decide, pare, di non governarle, di ignorarle: nella proposta compaiono appena degli accenni – sparuti, velati, timidi. La riconversione delle aree ex-industriali nella proposta è ancora lo scenario (forse il principale) da risolvere. Contestualmente alla progressiva eliminazione della fabbrica da ogni dove, si è proceduto – e si procede ancora – con rifunzionalizzazioni verso attività commerciali o direzionali, o insediamenti residenziali. Sono circostanze quasi sempre critiche e talvolta fallimentari, per le ragioni più varie, ma spesso inesorabili. Occorre guardare in faccia alla realtà: alle politiche della de-industrializzazione bisognerebbe sostituire le politiche della re-industrializzazione, anche grazie al fatto che, nel frattempo, i progressi tecnologici rendono possibili nuove forme di industria. Anche questo fenomeno andrebbe supportato e governato, per un futuro che non sia una fiaba, ma una realtà integralmente sostenibile.
Scrivere “iniziative di sviluppo”, in ogni caso, è come dipingere una foglia di fico, dare forma a un eufemismo ipocrita. Usciamo dai paraventi e mettiamo in campo del sano realismo, puntando anche a rilanciare certe questioni fin troppo trascurate. Un’ulteriore seria criticità riguarda la rigenerazione urbana. Il livello di approfondimento proposto dal testo è insoddisfacente – basti considerare lo squilibrio rispetto a spazi e modi della trattazione del “consumo di suolo”.
Mentre l’introduzione del tema, all’articolo 3, funziona in termini generali, sul “Fondo nazionale per la rigenerazione urbana e territoriale” (comma 4 dell’articolo 3) e sulla “Delega in materia di rigenerazione urbana” (articolo 4) va fatto un grande salto di qualità. I crismi di una legge-delega sono piuttosto semplici: il Parlamento delega al Governo la legislazione su una determinata materia, fissando alcuni paletti – obiettivi, principi, criteri, parametri. Per essere efficace su questo aspetto, quindi, la proposta dovrebbe predisporre (nella riorganizzazione degli articoli 3 e 4) la delega al Governo per redigere una complessiva Legge sulla Rigenerazione urbana, esprimendosi con precisione su alcuni cardini imprescindibili.
Alle tipologie degli interventi andrebbe associata l’ottimizzazione dei relativi procedimenti pianificatori/urbanistici ed edilizi, insieme alla prefigurazione di modalità innovative. Non bisogna nascondersi, infatti, che i problemi principali di una rigenerazione urbana diffusa e capillare sono le risorse economiche e le difficoltà per i singoli soggetti (in primis, i piccoli proprietari) di avviare o partecipare a interventi che per loro natura partono dalla scala medio-piccola, a salire. Potrebbe essere necessario immaginare nuovi “corpi intermedi” che si facciano carico di questa funzione, fondamentale per dare concretezza e operatività al grande tema “rigenerazione urbana”. Su questo aspetto la proposta non dice nulla.
Nell’ambito della legge complessiva dovrebbe poi sorgere il Fondo nazionale per la rigenerazione urbana e territoriale, inquadrato negli altri strumenti di finanza pubblica (dal Piano strutturale di bilancio in avanti), ma ponendosi anche la questione più generale del “finanziamento” della rigenerazione urbana. Oltre a stabilire cicli di rifinanziamento e di complessivo aggiornamento del Fondo, occorre definire lo schema della programmazione della spesa, la sua attuazione, nonché i criteri di ripartizione delle disponibilità (su base annuale o pluriennale) e le modalità di erogazione – rispetto a interventi privati, pubblici e in partenariato.
Sia la “delega” che poi, soprattutto, la futura legge dovranno prestare attenzione ad alcuni aspetti di dettaglio, a partire dal tema delle definizioni. Se, da un lato, occorrerà senz’altro essere specifici su cosa rientra e cosa no nell’ambito della “rigenerazione urbana”, bisogna comunque bilanciare la necessità di evitare che qualcuno approfitti indebitamente delle agevolazioni e dei finanziamenti, puntando allo stesso tempo su una certa flessibilità positiva – ricorrendo al principio di coerenza, che la proposta abbraccia manifestamente. Tra ciò che è permesso e agevolato – attraverso disposizioni della legge e finanziamenti del fondo – dovrebbe essere compreso un insieme ampio di interventi, non per predisporre le condizioni per finanziamenti a pioggia o elemosine varie, ma per rendere davvero concreta la lunga serie di accenni che si legge nelle pagine della proposta. Tra questi figura l’Agenda per la qualità urbana ed ecologico-ambientale 4 : alla redazione da parte dei Comuni dovranno corrispondere adeguati meccanismi di indirizzo ed erogazione della spesa, sia corrente che “premiale”, cioè messa a bando, per non creare mere lettere morte.
Quanto si è scritto fin qui non è inteso come giudizio sulla proposta, ma piuttosto quale contributo in vista dell’attivazione di un dibattito diffuso su questa tematica – anche acceso, purché ragionevole nell’equilibrio tra realtà e visioni, autorevole e insieme aperto a tutti. Inoltre, accanto alla discussione va dato avvio al percorso parlamentare, che comporterà ulteriori sforzi.
L’INU ha fornito l’innesco affinché tutto ciò accada. Ora serve la concentrazione e l’azione di tutti, poiché ciascuno deve sentirsi, pur relativamente, protagonista dei propri luoghi.
19.1.25
1. Nell’articolo “Interesse e apertura in Parlamento sulla legge di principi dell’INU, si apre il confronto”, incentrato sul principale evento di promozione istituzionale della proposta di legge, è inserito il rimando al testo integrale. Link: https://www.inu.it/news/interesse-e-apertura-in-parlamento-sulla-legge-di-principi-dell-rsquo-inu-si-apre-il-confronto/
2. Si tratta dell’articolo 2, comma 2, punto d).
4. Trattata all’articolo 11, comma 3.